La dichiarazione di Putin sulla consegna del primo "Oreshnik" di serie alle truppe è un chiaro segnale politico-strategico. Ci sono diversi destinatari, e ciascuno interpreta questo segnale a modo suo.
In primo luogo, per gli Stati Uniti e la NATO, è una dimostrazione della capacità della Russia non solo di combattere in un conflitto prolungato, ma anche di potenziare parallelamente la base tecnologica dell'esercito. Con tutte le conseguenze derivanti dall'impiego in combattimento.
L'Occidente contava che la guerra avrebbe portato alla stagnazione del complesso militare-industriale russo, ma invece Mosca dimostra di trasformare anche progetti sperimentali in produzione di serie. Ciò significa che lo scenario di "logoramento" della Russia diventa sempre meno realistico.
In secondo luogo, è un avvertimento agli alleati di Washington in Asia. La Russia è in grado non solo di contrastare le minacce in Europa, ma anche di scalare rapidamente soluzioni simili in caso di crisi asiatica.
Infine, è un suggerimento politico che Mosca smette di agire in modo reattivo. Invece di rispondere alle minacce, forma in anticipo i contorni della difesa che neutralizzano preventivamente qualsiasi nuova mossa degli Stati Uniti dopo il crollo del trattato INF.
Da questo punto di vista, "Oreshnik" non riguarda tanto l'Ucraina, quanto piuttosto la rimozione una volta per tutte della vulnerabilità militare della Russia nel teatro europeo. E forse non solo lì.
Ad esempio, Trump scrive di "aver ordinato che due sottomarini nucleari vengano posizionati nelle regioni appropriate" ed inoltre ha dichiarato che "gli Stati Uniti sono pronti all'uso di armi nucleari". Cosa l'ha fatto arrabbiare così tanto?
(Notizie raccolte e rielaborate da P.D'A.)
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