“HUMAN LOCOMOTION”
Coreografia Jan Kodet
Scenografia Jakub Kopecký
Musica Petr Kaláb
Regia M. Kukučka – L. Trpišovský
Laterna Magika - Nová Scéna
Národní Divadlo - Praha
5.12.2015 – 30/31.1.2016 h20
“Le moderne forme di comunicazione con camere digitali non sarebbero state possibili se non ci fossero stati Muybridge e le sue ricerche”. Così Martin Kukučka e Lukaš Trpišovský, ideatori e registi di “Human Locomotion”, spiegano come la figura e gli studi del fotografo e inventore Eadweard Muybridge (1830-1904) abbiano ispirato loro nel 2014 - a 110 anni dalla morte - l’originalissimo progetto coreografico e multimediale per il Teatro Nazionale di Praga.
Gli studi di Muybridge sul moto umano e animale nascevano su incarico del magnate delle ferrovie, allevatore ed ex governatore della California, Leland Stanford. Per scommessa (25.000 dollari) questi intendeva verificare quanto asseriva Étienne Marey inventore della cronofotografia: che nella corsa dei cavalli vi è un momento in cui le quattro zampe sono contemporaneamente sollevate da terra (come in molte stampe e dipinti: famoso fra tutti “Le Derby d'Epsom” di Th. Géricault esposto al Louvre).
Il fotografo giungeva da New York (dove era famoso per le sue foto di paesaggi e parchi americani pubblicate con l’etichetta Helios) nella California della corsa all’oro, della fede nella scienza e nella tecnologia, della nascita di intere nuove città, quando la grande espansione delle ferrovie e la crescente velocità dei trasporti inducevano significativi mutamenti nella umana percezione della distanza e del tempo. Nella sequenza fotografica “The horse in motion” pubblicata a conclusione delle ricerche commissionate da Stanford, Muybridge dimostrerà come, durante il trotto, gli zoccoli del cavallo davvero si sollevino da terra contemporaneamente, ma senza assumere la posizione di completa estensione spesso rappresentata nei dipinti. I suoi successivi studi sul movimento, gli esiti delle sue geniali intuizioni applicate alla cronofotografia, saranno “precursori della biomeccanica e della meccanica degli atleti” e forniranno stimoli alle ricerche in campo anatomico e medico: la fotografia non sarà mai per lui unicamente espressione artistica ma anche e soprattutto metodo - benchè non scientifico - di ricerca.
La scomposizione del movimento umano e animale attraverso una successione di piccoli frammenti di movimento, è la grande intuizione di Muybridge. Essa non soltanto anticipa le tecniche cinematografiche catturando e ponendo in sequenza singoli istanti del movimento, ma rivoluziona finanche la possibilità di analizzare lo sviluppo delle emozioni e - accertandogli errori di pittori e scultori nel rappresentare il moto – sarà ben presente alle avanguardie artistiche del Novecento. Sempre più artisti, da lì in poi, si affideranno alla fotografia per riprodurre con esattezza una realtà che spesso l’occhio umano confonde. Il fondamentale “Nu descendant l'escalier n.2 ” di Marcel Duchamp del 1912 (fulcro della ricerca cinetica dell’artista) è certamente influenzato dalla sequenza “Donna che scende le scale” pubblicata da Muybridge in Animal Locomotion del 1887.
Il lavoro coreografico e multimediale “Human Locomotion” del Teatro Nazionale (Laterna Magika) di Praga muove dalla geniale visionarietà delle intuizioni di Muybridge e trasferendole nel linguaggio lirico e stilizzato della danza, le intreccia ai passaggi salienti di una biografia drammatica e fortemente chiaroscurata: l’invenzione di macchine rivoluzionarie come lo zoopraxiscopio (precursore del cinema dei Lumière); i successi e la notorietà (nel giugno 1890 il primo photofinish è utilizzato in una corsa di cavalli in New Jersey); il matrimonio con Flora Shallcross Stone che ha la metà dei suoi anni; la relazione di questa col maggiore Harry Larkyns; la scoperta del tradimento legata ad alcune lettere; l’assassinio del rivale (“Good evening, Major, my name is Muybridge and here’s the answer to the letter you sent my wife”), omicidio dal quale verrà sorprendentemente assolto in quanto “atto giustificato”; il divorzio da Flora che morirà soltanto tre mesi dopo.
Il cavallo nell’aria, sospeso per un istante dal terreno, è metafora della stessa vicenda esistenziale di Muybridge, del suo disancorarsi dai luoghi – la natia Inghilterra per gli Stati Uniti, poi N.Y. per la California – inseguendo i grandi sogni della sua personalità avventurosa. Come nella vita di Muybridge, così sulla scena di Human Locomotion dominano il bianco e il nero: neri i costumi, nere le linee geometriche che scandiscono e frammentano lo spazio bianco; bianca dalla parrucca agli abiti è la bella Flora, che canticchia con svagata ripetitività “You are my sunshine, my only sunshine” mentre seduce il maturo Eadweard; bianche le danzatrici dalla grande testa equina nella ipnotica coreografia evocatrice dell’ossessiva osservazione del moto animale. Sola macchia di colore, il viola dell’antagonista – Larkyns – che irrompe nel fragile equilibrio della coppia portandovi la frattura insanabile.
Intorno ai protagonisti si muove il “coro”: il corpo di ballo è ora al centro della scena in aggregazioni e frammentazioni che nella danza sottolineano e commentano - come la voce corale nella tragedia antica - le dinamiche psicologiche e relazionali dei protagonisti, ora è sullo sfondo come materializzazione degli esperimenti fotografici sul movimento umano (magistrale il quadro al rallentatore della lotta fra due corpi maschili). Quanto più intenso è il pathos dell’azione, tanto più stilizzate e geometriche – come quadri astratti – si fanno i movimenti coreografici, austero e presago contrappunto al precipitare dei protagonisti verso l’epilogo tragico. Nell’algido bianco/nero della scena, anche l’abito di Flora si trasforma nell’ imponente nerissima veste che come un lugubre uccello notturno plana su di lei e la avvolge.
“Il nostro progetto, unione di danza contemporanea, teatro fisico e arte visiva – dichiarano i due registi - è un omaggio all'uomo il cui lavoro ha avuto un decisivo impatto sulla forma dei mezzi di comunicazione visiva fino ad oggi. “Laterna magika” ha molto in comune con il lavoro di Eadweard Muybridge: movimento, fotografia, cinema, sono questi i punti di contatto che ci collegano al versatile fotografo che ha precorso l’era della cinematografia”.
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