sabato 20 febbraio 2016

La Libia non può attendere... Il suo petrolio fa gola a tanti!



La Francia di Hollande e l'Inghilterra di Cameron vogliono dunque
assicurarsi una buona fetta del petrolio libico, ai danni
dell'industria petrolifera italiana. Ma, per far questo, debbono avere
non soltanto il consenso del governo libico, ma il pieno controllo del
territorio, una parte del quale è ormai occupata dall'Isis intorno
alla roccaforte di Sirte.

Nella prima metà di gennaio l'obbiettivo che la Francia imperialista
di Hollande si era data (dopo aver ottenuto l'applicazione dell'art.
42.7 del Trattato dell'Unione Europea sulla cosiddetta "solidarietà"
in caso di aggressione) era molto chiaro: bombardare subito. E tutto
era pronto: aerei da ricognizione, aerei da bombardamento, aerei da
rifornimento in volo, elicotteri, droni, forze speciali in territorio
libico per guidare i missili e le bombe a guida laser sugli obbiettivi
prescelti. Il governo imperialista di Cameron, che ha anch'esso deciso
di partecipare ai bombardamenti, aveva già offerto alla Francia la
base della Raf di Akrotiri a Cipro.

Ma il governo imperialista italiano è intervenuto ai massimi livelli
per sventare l'azione immediata, col pretesto che il «governo di unità
nazionale» libico patrocinato dal mediatore ONU Kobler, non era ancora
pronto; tuttavia, Renzi e i suoi ministri degli Esteri e della Difesa
hanno affermato che anche l'Italia era pronta all'azione militare
contro l'Isis, se fosse stata richiesta dal governo fantoccio libico.

Dopo il colpo ricevuto nel 2011, l'imperialismo italiano non può
rinunciare al petrolio della Libia e ai profitti dell'ENI e, per
ragioni geo-strategiche di influenza nel Mediterraneo, non può
permettere che l'azione contro l'Isis sia compiuta a guida
anglo-francese. Perciò spinge per un intervento più ampio, con la NATO
e la UE.

Ma l'area del conflitto non sarebbe certo limitata all'altra riva del
Mediterraneo.
I bombardamenti dovrebbero avere per obbiettivo anche i territori
occupati dallo Stato islamico in Siria: Raqqa in primo luogo (che
avrebbe  anche un significato simbolico, perché lì sono stati
progettati gli attentati di Parigi e di Beirut e quello contro l'aereo
russo nel Sinai) e poi di nuovo l’Iraq, che dovrebbe essere la
battaglia decisiva per le forze di terra, comprese quelle USA.

Non a caso l’armata brancaleone di Renzi, Pinotti e Gentiloni ha preso
la sciagurata decisione di inviare i soldati a Mosul, una volta che
avrà messo le mani sulle commesse milionarie della diga. Guerra e
affari, si sa, vanno a braccetto.
La nuova aggressione imperialista in Libia  si farà? Le premesse ci
sono tutte. La formazione del nuovo governo libico diretto da Fayez Al
Sarraj è stata accolta dai vari governi imperialisti (compreso quello
di Renzi) come il segnale da tempo atteso.

Ma la situazione si è momentaneamente complicata perché il Parlamento
di Tobruk ha negato la fiducia al nuovo governo di “riconciliazione”.

Intanto il fanatismo jihadista ha lanciato nuove gravissime minacce,
annunciando di voler colpire Roma e Napoli. Ecco l’altra faccia degli
interventi imperialisti.
La guerra avanza, ma a differenza degli anni del Vietnam non esiste
più nel nostro paese un ampio movimento di lotta alla guerra
imperialista.

Questo movimento è da ricostruire al più presto attraverso l’unità
delle forze coerentemente antimperialiste e antifasciste, per il
ritiro di tutte le truppe inviate all’estero, per dire basta alle
spese militari, per l’uscita dalla NATO e dall’UE guerrafondaie e
antipopolari, la cacciata delle basi USA.

Le manifestazioni dello scorso 16 gennaio, sia pure con i loro limiti,
hanno infranto il clima di passività e creato una premessa che va
sviluppata senza indugi per dare vita una forte opposizione popolare
alla guerra imperialista.

Teoria e Prassi


Organo di Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del
Proletariato d’Italia - http://piattaformacomunista.com/

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