Nell'immagine: "La danza degli spiriti" - Dipinto di Franco Farina
Grazie Paolo per la tua splendida accoglienza verso tutti e tutto! Mi sembrava
bello informare un po' di gente (che ce l'ha a morte con gli immigrati) della
mia esperienza personale di vita con questi meravigliosi ragazzi indiani che ho
avuto la fortuna di conoscere e che mi considerano come la loro mamma (e
infatti così mi chiamano!). Quindi non idee intellettuali, ma realtà
quotidiana, VITA! Ognuno di loro ha una storia incredibile che apre una
finestra anche sulla loro condizione in India che i media e i giornali non
conoscono o fingono di ignorare! Mi sembrava bello raccontarle queste storie.
Tutto ciò che leggerai è realmente accaduto, purtroppo ho dovuto abbreviare perchè altrimenti sarebbe diventato un libro. Un abbraccio Lidia
Cari Amici e lettori, vi racconto una storia accaduta qualche anno fa che mi
ha permesso di avere un contatto ravvicinato con la cultura di quel grande
Paese che è l’India, senza peraltro esservi ancora mai stata!
Dopo esser fuggita da Roma, mi trovai in giro per la Sabina in cerca di una
casa in affitto. Me ne capitò una in un piccolo paesino immerso nell’immenso
verde degli ulivi e ci restai per circa due anni. Sotto di me, abitavano un
gruppo di ragazzi indiani, provenienti soprattutto dal nord dell’India, molti
dal Punjab, venuti chissà come per cercare fortuna o anche un qualsiasi lavoro
che consentisse la sopravvivenza delle loro famiglie rimaste a casa. Avevano
delle enormi difficoltà ad esprimersi in italiano, e quasi tutti per vivere
raccoglievano olive o aiutavano nei lavori agricoli che qualcuno offriva loro,
il tutto naturalmente a prezzi super stracciati!
Non mi ero mai interessata del problema dell’immigrazione, e tramite questa
esperienza ebbi modo di ascoltare molte delle loro storie, racconti che ancora
oggi mi sono rimasti impressi nel cuore e che mi hanno aperto veramente gli
occhi su questo fenomeno che prima vedevo e valutavo esclusivamente attraverso
il filtro dei media (molto diverso dalla realtà!!!)
Tra i ragazzi c’era Bali, un indiano residente in Italia da circa 15 anni,
invalido ad una gamba e ad una mano a causa di un gravissimo incidente in cui
rimase in coma per circa un anno, avvenuto presso un’Azienda italiana dove all’
epoca lavorava. Gli assegnarono la pensione di invalidità permanente. Una
pensione di 240 euro al mese con la quale è molto difficile vivere nel nostro
Paese se non si hanno altri introiti! Ma i ragazzi indiani sono abituati alla
povertà e pertanto riescono a farsela bastare. Purtroppo, per una serie di
disguidi, dovuti soprattutto al fatto che il ragazzo non leggeva l’italiano e
pertanto non era stato in grado di capire qualche lettera proveniente dall’
INPS, il nostro Stato gli tolse la pensione di invalidità e con questa il
permesso di soggiorno. Me lo ricorderò sempre, quando in una gelida sera d’
inverno, bussò alla mia porta per mostrarmi questa lettera dell’INPS, tutta
sgualcita e sporca per quante volte l’aveva mostrata in giro cercando invano un
aiuto! Aveva le lacrime agli occhi mentre mi spiegava, con il poco italiano che
conosceva, che non riusciva a capire il motivo di questa revoca! Il motivo ce
lo disse un avvocato di mia conoscenza, si era trattato di un disguido delle
poste che non avevano permesso al povero Bali di ricevere una convocazione per
una visita medica, un errore del nostro Stato che costò a Bali 2 anni senza
ricevere un minimo aiuto economico, due anni in cui per vivere fu costretto ad
accettare la carità dei suoi compaesani già poverissimi, subendo l’umiliazione
di non sapere perfino dove andare a dormire, perché nessuno era in grado di
ospitarlo! Bali è una persona dotata di una grandissima dignità, seppi soltanto
molto tempo dopo da altri quanto aveva sofferto e così presi ad aiutarlo.
Conoscendo Bali conobbi una caratteristica fondamentale di questo popolo: la
dignità. L’indiano, anche se muore di fame, non tende la mano, non si umilia!
Si comporta sempre come se i suoi problemi economici non esistessero affatto!
Sono persone che camminano sempre guardando avanti e mai in basso! Poi conobbi
Bobby.
Bobby è un ragazzo indiano magrissimo, occhi nerissimi e profondi, capelli
corvini e lucidi. Un ragazzo che purtroppo aveva la sfortuna di pensare un po’
troppo con il suo cervello e che vedeva la realtà circostante con troppa
nitidezza! Purtroppo beveva! Era caduto nella rete dell’alcool non certo per
sua scelta, ma diciamo per un caso! Forse non tutti sanno che il lavoro degli
agricoltori in molte zone del nostro Bel Paese qualche volta è pagato con un
litro di vino e mezza pagnotta. E questo nel migliore dei casi!... perché in
altre circostanze vengono pagati con cibo scaduto o con olio vecchio! Bobby si
trovava in Italia già da molti anni, ma non era ancora riuscito a sistemarsi
come sperava. Come tutti i suoi amici, era partito dall’India pagando un
viaggio che gli era costato un enorme debito da estinguere in lunghi anni di
durissimo lavoro agricolo!
Il “padrone” di Bobby (così chiamava il suo “datore di lavoro”), molto spesso
lo pagava con il vino che produceva, così Bobby, che prima di venire in Italia
non aveva mai bevuto neppure una goccia, prese a bere fino a diventare un
alcolizzato!
Non dimenticherò mai ciò che accadde in una freddissima notte di
Natale. Venne su un ragazzo a dirmi che Bobby stava male, molto male! Scesi
subito a vedere, entrai in una specie di garage dove vivevano circa 12 ragazzi,
in un freddo impossibile, senza coperte e senza neppure giacconi con cui
coprirsi. Vicino al muro c’era una brandina con un materassino tutto rotto, di
quelli sottilissimi di gomma piuma, e sopra c’era Bobby che giaceva sdraiato
con gli occhi chiusi, capelli sporchissimi, magro da far paura, con una
bottiglia vuota sotto il letto. Avvicinandomi a Bobby dovetti subito
indietreggiare!... una zaffata fortissima di alcool mi colpì provocandomi
disgusto. Chiesi ai suoi amici come stava.
Mi risposero che da circa un mese non mangiava quasi più nulla e che stava per morire. Ma nessuno lo diceva con tono triste. Anzi, erano tutti molto tranquilli. L’unica persona che aveva il cuore gonfio di lacrime ero io che volevo fare qualcosa per aiutarlo a non morire! Proposi a tutti di portarlo in ospedale, ma nessuno fu d’accordo.
Dicevano che Bobby era destinato a morire e che pertanto nessuno poteva fare
più nulla per lui, perché tutto questo era un fatto normale, un ciclo naturale
della vita! Compresi allora l’enorme differenza che c’è tra la nostra visione
della morte e quella di questo popolo. Loro non si preoccupano se qualcuno
viene a mancare. Semplicemente la morte fa parte del gioco della vita!
Naturalmente portai Bobby in ospedale! Lì trovai un bravissimo dottore che mi
aiutò a farlo entrare in una comunità per il recupero di alcolisti e
tossicodipendenti. In seguito andai a trovarlo molte volte. Bobby stava bene,
si era inserito in questa struttura molto accogliente, non beveva più. Era
ingrassato, aveva imparato quasi bene l’italiano ed anche a fare delle
meravigliose statuette con le radici degli ulivi. Poi un giorno mi dissero che
Bobby se n’era andato. Non lo vidi più e non ne seppi più nulla… ma spero
veramente che abbia trovato quello che cercava…..
Con Bobby ho compreso il senso della vita e della morte per questo popolo, che
al contrario di noi ritiene che il passaggio in questo mondo sia veramente
molto breve, e che pertanto in qualsiasi momento può accadere di andar via!
Loro ritengono che sia assolutamente inutile prendersela o disperarsi!.... Per
me è stata una grande lezione di vita!.....
Anche la storia di Kuki è bellissima, poiché è l’unico tra tutti i ragazzi
indiani che oggi può dire di essersi inserito veramente alla grande nel nostro
Paese…. Ma siccome mi sono prolungata un po’ troppo la sua storia, e forse quella di qualche altro ragazzo, ve la racconterò un’altra volta…..
Lidia
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