Un caro amico - Vincenzo M. – chiedeva il mio parere su un argomento interessante: le ultime diatribe tra post-fascisti e partiti ufficialmente “antifascisti” che a lui parevano più di forma che di vera sostanza.
Gli ho risposto di ritenere che la diatriba tra fascismo ed “antifascismo”, così come impostata superficialmente sia dai cosiddetti partiti "antifascisti" nel recente passato, sia oggi da La Russa, Meloni e camerati vari, rimanga un fatto in gran parte ideologico, retorico e propagandistico.
Per andare alla sostanza delle cose bisogna ricordare che il movimento di Resistenza antifascista – oltre ad aver contribuito in maniera determinante alla sconfitta dei Nazi-Fascisti - aveva poi ottenuto, pur con tutti i suoi limiti e contraddizioni, un buon risultato nell'impostare un Costituzione abbastanza avanzata in cui erano introdotti una serie di principi condivisibili. Ne cito due che ci riguardano da vicino:
-valorizzazione del lavoro e dei diritti dei lavoratori, ed esplicito invito ad attuare tutti quei provvedimenti economico-sociali atti ad assicurare un livello di eguaglianza effettivo tra i cittadini;
-Rifiuto della guerra per risolvere le questioni internazionali (Art. 11).
Non si è riusciti ad andare avanti per molto su questa strada essenzialmente per due motivi:
1) Dopo circa tre decenni di un pur moderato progresso economico e sociale (con le leggi sul lavoro indotte anche dalle lotte dei lavoratori, e l'instaurazione di un'economia mista pubblico-privato) si è arrivati al prevalere di un capitalismo sempre più sfrenato e ispirato a criteri neo-liberisti estremisti. Ne sono testimonianza l'ondata incredibile di privatizzazioni e svendita del patrimonio nazionale sotto i governi di Prodi e seguenti, l'aumento impressionante della precarietà del lavoro, l’abbassamento dei salari reali, l'aumento drammatico delle diseguaglianze, ecc.
2) Si è poi verificato il totale asservimento dell'Italia (come paese sconfitto) ai voleri dell'Imperialismo USA esercitato attraverso l'occupazione militare e la NATO. La nostra situazione non è sostanzialmente diversa da quella dell’Iraq o della parte orientale della Siria, o della Corea del Sud disseminate di basi militari USA. Alcune di queste basi sono piene di bombe atomiche di ultima generazione, mentre fingiamo di scandalizzarci per le bombe russe che dovrebbero andare in Bielorussia. Questa sudditanza politico-militare ci ha portato a partecipare ad innumerevoli guerre di aggressione anche contro paesi di cui eravamo i principali partner commerciali, e quindi contro gli stessi “interessi nazionali” (Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Siria per interposta persona, ecc.). Oggi siamo coinvolti nella nuova Guerra Fredda autolesionista fatta di embarghi e sanzioni e nel drammatico scontro rovente dagli esiti incerti tra NATO e Russia con gli Ucraini a fare solo da carne da macello.
Quello che vedo è che, al di là delle diatribe retoriche a sfondo ideologico, c'è in realtà una profonda continuità tra i presunti governi “antifascisti” ed il governo Meloni, sia sulle politiche del lavoro e dell'economia, sia sulla gestione di una politica estera di guerra. Fanno eccezione solo piccoli gruppi di sinistra e, parzialmente, il Movimento 5 Stelle. Il vecchio Fascismo – certamente responsabile degli orrori delle leggi razziali, delle guerre di sterminio coloniale e dell’oppressione politica - aveva però qualche velleità di una certa indipendenza nei confronti del grande capitalismo a trazione essenzialmente anglo-sassone, così come gli attuali movimenti di destra (come quello della Le Pen o Orban). La Meloni, per assicurarsi la benevolenza dell'Impero e del grande capitale, è diventata la più fedele serva degli USA , della UE, e della grande finanza internazionale, e sostenitrice, insieme alla finta “opposizione”, del governo nazista di Kiev. Il resto è pura schermaglia ideologica tra la presunta "sinistra" che cerca di accreditarsi come "antifascista" e la nuova destra che nutre qualche mezza idea nostalgica.
Vincenzo Brandi
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