venerdì 28 marzo 2014

Il debito pubblico, gli interessi, le bugie, Matteo Renzi... e la soluzione!


Diciamo subito le cose come stanno. Il problema del debito pubblico italiano non deriva da un eccesso di spesa, sprechi e ruberie assortite, bensì unicamente dagli interessi che lo Stato italiano paga per finanziarsi. Va da sé che spese, sprechi e ruberie assortite concorrono a peggiorare la situazione, ma non sono il problema di fondo. Perché allora si parla di tutto fuorché del problema di fondo? Perché del problema di fondo non si vuol parlare, onde lasciare le cose come stanno.
Come riporto in “E io non pago”, l’Italia, nel trentennio che va dal 1980 al 2011 ha avuto un avanzo primario pari a 484 miliardi di euro. Nello stesso periodo ha pagato 2141 miliardi di euro di interessi. La differenza (pari a 1897 miliardi) rappresentava il debito pubblico italiano nel 2012, debito che oggi ha superato i 2100 miliardi. Questo debito genera interessi annuali per circa 70-80 miliardi di euro. Gli interessi che l’Italia paga, tecnicamente, sarebbero (sono) definibili come interessi da anatocismo, cioè noi paghiamo gli interessi sugli interessi. E’ un circolo senza fine dal quale il paese non può uscire (del resto i debiti sono concepiti all’uopo) e se mai fosse si ritroverebbe comunque spolpato all’osso e dunque senza alcuna possibilità di ripresa. Dico spolpato perché non avremo più nessuna base, cioè nessuna risorsa reale, su cui ripartire. Non credo comunque che questo succederà dal momento che i debiti sono sempre concepiti per non essere estinguibili onde tenere un paese alla mercé delle oligarchie finanziarie che tirano i fili del gioco del denaro.
L’immagine venduta dicevamo, è però che l’Italia si trova nella situazione in cui si trova perché “spende troppo” e quindi ha un deficit di bilancio. Questa immagine non è solo errata ma volutamente fuorviante. Nonostante la nostra situazione sia drammatica, paradossalmente l’Italia è il paese al mondo con il surplus di bilancio più alto. Questo, chiariamolo subito, non è che sia un bene in sé, perché il nostro surplus è dovuto principalmente ad una tassazione altissima che concorso all’affossamento del paese. Resta il fatto che l’Italia in virtù di questa tassazione altissima ed al conseguente surplus di bilancio che conosce da oltre vent’anni, dovrebbe perlomeno non avere il problema del debito. Che invece c’è, eccome! In breve, gli interessi si rincorrono e le politiche di austerità non servono a nulla se non, appunto, a spolpare il paese. I debiti, del resto, servono a questo: drenare ricchezza reale dalle popolazioni e quindi impoverirle e controllarle.
Il Pil dell’Italia è quasi quintuplicato in dieci anni passando da 35 a 156 miliardi e la ragione di questo è il famoso “divorzio” tra la Banca d’Italia e il Tesoro. Il fatto fondamentale del “divorzio” fu il sollevamento per la Banca d’Italia dell’obbligo di comprare il debito pubblico (cioè i titoli di Stato). Da allora l’Italia si è finanziata sul mercato, cioè abbiamo preso denaro a prestito a tassi di interesse dettati dal mercato finanziario, mercato finanziario che ovviamente fa i suoi interessi. Il mercato finanziario, oltretutto, è principalmente estero (in “E io non pago” riporto la lista dei 20 “specialisti”, di cui 18 esteri appunto, autorizzati dal Tesoro italiano a compare i nostri titoli di Stato). Prima l’Italia si finanziava a costo zero attraverso la Banca d’Italia. Spiego il tutto nei dettagli nel nuovo libro “Euroballe”.
Questo antefatto, che è la vera causa della situazione in cui ci troviamo, non è mai stato menzionato da nessun media di regime, e men che meno dalla Troika e dai governi (Monti, Letta e anche Renzi) che si sono succeduti dall’esplosione della crisi del debito. Affermare dunque che i media, la Troika e i governi sono tutti corresponsabili e parte del piano di spolpamento, non è fare affermazioni generiche e complottiste, cosa di cui qualche lettore mi accusa, bensì semplicemente affermare la realtà dei fatti. Oppure queste cose non le sanno?
La Bce, a differenza della Fed, della Banca centrale del Giappone e altre, non può acquistare i titoli di Stato (l’Unione europea glielo vieta, e già questo ci dice molto chiaramente a cosa serve, tra le altre cose, la UE). Però la Bce questi soldi li può prestare alle banche. La Bce, dall’inizio della crisi ha infatti prestato alle banche circa 3000 miliardi di euro a tassi di interesse vicini allo zero, banche che però non hanno riversato questi soldini nell’economia reale (e anche comprensibilmente dal loro punto di vista). Cosa ci hanno fatto allora le banche con questi soldi? Ci hanno acquistato, indovinate cosa, titoli di Stato che rendevano il 4% e anche oltre. Che beneficio ne hanno tratto i paesi da queste emissioni di denaro della Ue? Nessuna, è ovvio. I beneficiari sono stati unicamente le banche. Lo schema è chiarissimo.
Tutto ciò premesso, è evidente che se non si esce quanto prima dall’Europa e dall’euro, e contestualmente non si eliminano i circa 80 miliardi di interessi annui che stiamo pagando oggi, l’Italia, oltre a non avere un presente, non avrà neppure un futuro. L’uscita dall’euro, in aggiunta alle positive conseguenze concrete e immediate (se non altro in termini di eliminazione-riduzione degli interessi che paghiamo), avrebbe anche un plus, un bonus aggiuntivo per così dire, che sarebbe quello del recupero della fiducia del mercato finanziario nel sistema Italia (il mercato finanziario recupererebbe fiducia per il semplice motivo che lo Stato italiano avrebbe di nuovo accesso diretto alla liquidità).
Proprio per evitare tutto ciò, io credo, è stato fatto fuori Letta (che si sapeva non poteva durare visto che era stato imposto così come il suo predecessore Monti, e quindi si sarebbe arrivati presto alle elezioni) ed è stato messo al suo posto, l’alter-ego povero di Obama, Matteo Renzi, tristemente venduto come il nuovo che avanza. Quindi lo spolpamento dell’Italia continua.

Andrea Bizzocchi - www.andreabizocchi.it


La soluzione è scritta nell’articolo 123 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Il governo può creare una banca di proprietà statale che lo finanzi.
Lo abbiamo chiesto all’Unione Europea e il 14 gennaio 2014 abbiamo ricevuto la risposta. Si può fare.
Ecco i dettagli tecnici e la corrispondenza con la BCE.
 
 



 
 
 
La soluzione
Lo Stato italiano può però invertire questo meccanismo e da subito. In apparenza non sembra possibile farlo senza uscire dall’Euro e rompere i trattati europei perché l’Unione Europea ha vietato alla Banca Centrale Europea di finanziare l’acquisto diretto di titoli di stato[1] e l’unica azione che la BCE può fare è quella di creare denaro per prestarlo alle Banche.
 
 
In realtà il comma 2 dello stesso articolo 123 offre una scappatoia agli Stati dell’Eurozona[2], perché prevede che gli enti creditizi di proprietà pubblica possano anche loro ricevere finanziamenti dalla BCE. E poi niente impedisce che girino questi soldi allo stato.
 
Uno stato della UE che controlli enti creditizi potrebbe farsi finanziare da loro i deficit, pagando un interesse vicino a quello che la BCE offre, cioè vicino allo zero e comunque non superiore all’inflazione.  L’ideale sarebbe non continuare ad emettere BTP; ma utilizzare prestiti diretti, ad esempio a tre anni, che rispetto all’acquisto di BTP offrono il vantaggio che il loro valore a bilancio non oscilla di anno in anno a causa di andamenti di mercato e quindi elimina il problema degli attacchi speculativi sul BTP.
 
 
Le cifre che indichiamo sono esemplificative e l’analisi può essere fatta in modo più dettagliato, ma la sostanza è che se il debito pubblico venisse man mano rifinanziato tramite prestiti diretti di banche pubbliche (che hanno accesso al finanziamento della BCE), il suo costo non verrebbe più determinato dal mercato finanziario. Si tornerebbe cioè alla situazione pre-1981, quando il costo del debito pubblico non era un problema perché era costantemente pari o inferiore all’inflazione.
 
Va sottolineato che non ci sarebbe alcun rischio per le banche pubbliche, perché lo Stato italiano, al netto degli interessi, è un ottimo “pagatore”, come si evince dai dati della tabella precedente. Infatti lo Stato italiano sarebbe in attivo negli ultimi 20 anni di 500 miliardi di euro (sempre al netto degli interessi). E’ chiaro che è un ottimo cliente per qualsiasi banca e un banca pubblica può prestare senza fini di lucro, ad un costo che copra le sue spese amministrative. Senza contare che prestare allo Stato non è considerato nei regolamenti bancari europei un rischio che richiede di accantonare capitale e di conseguenza è possibile per le banche prestare 500 o 1.000 miliardi senza dover aumentare di un euro il loro capitale (cosa dimostrata dal programma di Draghi chiamato “LTRO” lanciato a fine 2012, in cui appunto le banche hanno comprato centinaia di miliardi di BTP senza accantonare alcun capitale addizionale).
 
Uno scambio di email con la Banca Centrale Europea
Esiste quindi la strada per lo Stato italiano per arrivare a risparmiare anche 70  miliardi di euro di interessi all’anno. Abbiamo voluto verificare questa possibilità, (applicata in Germania e Francia tramite due enti pubblici, rispettivamente KfW e Bpi), contattando gli uffici dell’Unione europea circa la fattibilità dell’utilizzo di banche pubbliche per finanziare lo stato.
 
La risposta ricevuta per email (a nome della BCE) è stata affermativa: “il divieto di scoperto bancario e di altre forme di facilitazione creditizia in favore dei governi non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Inoltre, in riferimento a banche pubbliche: “gli istituti di credito possono liberamente prestare i soldi ai governi o comprare i loro titoli di stato, nonché prestare soldi a qualsiasi cliente”
 
E’ quindi possibile per lo Stato italiano nazionalizzare una Banca, la quale acceda alla liquidità della BCE e finanzi il suo debito ad un tasso di interesse appena superiore a quello applicato dalla BCE stessa e in ogni caso sempre molto inferiore a quello di mercato, che va ricordato è attualmente superiore del 3% all’inflazione.
 
Stiamo parlando qui di come “trovare” non due o tre miliardi con l’IMU o qualche privatizzazione o risparmiando sulla sanità, le scuole, le infrastrutture, ma risparmiando sugli interessi, sulla rendita che da decenni lo Stato italiano paga a investitori esteri, banche e anche a investitori italiani.
 
Si tratta alla fine di scegliere tra rendita finanziaria favorendo il lavoro e le imprese. La rendita finanziaria ha incassato in trenta anni dallo Stato, lo ricordiamo ancora, più di 3mila miliardi di euro di interessi, mentre le imprese e i lavoratori italiani venivano schiacciati da una tassazione soffocante, giustificata con il peso del debito pubblico di 2mila miliardi, creato dall’accumularsi di questi interessi.
 
Gli italiani devono rendersi conto che non è vero che “non si può fare niente” contro il peso del debito pubblico e delle tasse a causa dei trattati firmati e delle posizioni degli altri governi all’interno delle istituzioni europee. In realtà, un governo italiano competente e che abbia a cuore gli interessi degli italiani invece che del “mercato finanziario” può muoversi anche all’interno dei trattati europei.
 
Il nostro, oltre che un articolo, è anche un appello ai cittadini italiani che trovino convincenti i fatti che abbiamo esposto e diffondano, ovunque possano, questa soluzione pratica al problema del debito, allo scopo di mettere la parola fine alle politiche di austerità che stanno soffocando l’economia italiana.
Giovanni Zibordi e Claudio Bertoni
 
Giovanni Zibordi, si occupa di mercati finanziari e gestisce uno dei siti finanziari più noti in Italia, www.cobraf.com economia a Modena, ha anche tre anni di dottorato in economia a Roma, un MBA a UCLA e ha lavorato precedentemente in consulenza manageriale e ha vissuto a Los Angeles e New York per sette anni.
 
Claudio Bertoni si occupa di impresa ed è stato per più di vent’anni imprenditore nell’ambito del commercio equo e solidale. Dottore in Scienze Agrarie sa che i beni reali valgono di più del denaro e ricerca come cittadino le soluzioni possibili ai problemi monetari di macroeconomia.
 
 
Post fazione
Alcune obiezioni
Per quanto riguarda l’obiezione sul mancato rendimento che questi ultimi avrebbero sui loro investimenti in titoli di stato, va notato che gli investitori italiani hanno oggi solo un terzo dei titoli di stato e si concentrano in prevalenza sui BOT e CCT che rendono meno dell’1% mentre gli investitori esteri e le banche si concentrano sui BTP che pagano intorno al 4%. Si può stimare quindi che su circa 80 miliardi di interessi annui ne ricevano non più di 20-25 miliardi. In secondo luogo i detentori di titoli di stato in larga maggioranza appartengono alla fascia più benestante della popolazione, che è quella che ha in realtà beneficiato della crisi, perché ha goduto di rendimenti (al netto dell’inflazione) maggiori degli anni precedenti e anche di guadagni in conto capitale. In terzo luogo, quando, a causa del finanziamento diretto di banche pubbliche allo stato suggerito, i rendimenti dei BTP scendessero intorno o sotto l’1% le famiglie italiane possono comunque investire in fondi e titoli di reddito fisso in tante altre parti del mondo. Infine, se i titoli di stato diventeranno meno attraenti, possono essere spinte a investire allora di più in obbligazioni italiane aziendali, aiutando così il finanziamento delle imprese italiane.
 
Il carteggio originale con L’Unione Europea e la Banca Centrale Europea
Date: Tuesday, 10/12/2013 17:23:50From: “Claudio Bertoni”
Subject: [Case_ID: 830870 / 1548784] art. 123- Delucidazioni
————————————————–
[...]
E’ chiaro che la BCE non può acquistare direttamente Titoli di Stato e quindi quello che è mia intenzione approfondire ora, e in ultimo, sono le seguenti domande:
 1) comma 2 art. 123  TFUE: è possibile per un Ente creditizio di proprietà pubblica accedere all’offerta di liquidità, oggi al tasso dello 0,25%, della BCE?
 
2) Se sì come penso, questo Ente creditizio di proprietà pubblica può prestare denaro al Governo affinchè lo stesso possa pagare i suoi debiti ai mercati finanziari? Ovviamente attraverso la cessione a garanzia dei Titolo di Stato acquistati dall’Ente creditizio pubblico stesso?
 
3) E l’Ente creditizio pubblico può decidere liberamente il tasso di interesse?
Grazie ancora per la vostra cortese risposta
 
 
———- Messaggio inoltrato ———-
Da: Europe Direct <
citizen_reply@edcc.ec.europa.eu>
Date: 13 gennaio 2014 10:50
Oggetto: [Case_ID: 0830870 / 1548784] art. 123- Delucidazioni
A: 
claudio.bertoni1910@gmail.com
 
Gentile Signor Bertoni,
La ringraziamo per il suo messaggio. Desideriamo scusarci per il ritardo.
Le inoltriamo le risposte alle sue domande, fornite dalla Banca centrale europea:
 
1) comma 2 art. 123  TFUE: è possibile per un Ente creditizio di proprietà pubblica accedere all’offerta di liquidità, oggi al tasso dello 0,25%, della BCE?
 

1. Gli enti pubblici creditizi dell’area dell’euro sono un elemento importante del sistema bancario e pertanto hanno un ruolo essenziale nel fornire prestiti all’economia reale. Pertanto è importante per l’Eurosistema che essi siano trattati alla pari degli istituti creditizi privati nel contesto delle operazioni di rifinanziamento per assicurare un efficiente trasmissione delle decisioni riguardanti la politica monetaria all’economia. Pertanto 

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