lunedì 18 febbraio 2019

Da Varsavia a Sochi... e le guerre americane



Risultati immagini per Da Varsavia a Sochi

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Se forse qualcuno a Washington si pone il problema che oltre ai conflitti minori, suscettibili alla peggio di causare diverticoli, due bocconi insieme. come Venezuela e Iran, possano anche strozzarti, non è questione che pare turbare Netaniahu. E’ l’unico da quelle parti che tiene l’indice sul bottone di 200-400 bombe atomiche. E ora che, intorno a questo arsenale ha fatto inginocchiare anche Arabia Saudita, Emirati, Kuweit, Bahrein, Oman, con i palestinesi accalappiati dal piano di pace Trump-Kushner che li riempierà di dollari in cambio della resa, tiene anche le spalle coperte.

Delle riluttanze europee, di cui a Varsavia non si sono visti né quelle del Sacro Romano Impero, e nemmeno delle loro periferiche marche, né Usa, né Israele terranno alcun conto. L’esercito comune franco-tedesco e la relativa industria delle armi sono di là da venire. Come parrebbe di là da venire la fiera risposta alle sanzioni Usa contro l’Iran, che l’UE aveva detto di voler dribblare

La stampa nostrana parla di flop a Varsavia.Ne dubito, forse è un esorcismo di fronte alla prospettiva di una conflagrazione generale. Intanto sta in piedi, ed è nucleare, la Nato-arabo-israeliana. Di nulla di fatto si parla anche dell’altro vertice, a Sochi, con Putin, Rouhani ed Erdogan. tenuto quasi in contemporanea, che vedeva riuniti per la quarta volta i tre brutti e cattivi, compreso quello preso di mira a Varsavia. Sotto le apparenze di concordia e serenità tra i tre protagonisti-concorrenti del conflitto siriano, si sono confermate le differenze tra Iran e Russia, in particolare sull’atteggiamento da tenere verso la sempre più impunita aggressività israeliana. E non si è fatto neanche un passo avanti sulla questione di Idlib, vasta provincia siriana di cui i turchi hanno fatta una ridotta jihadista, affidata ad Al Nusra, Isis e altre milizie, spesso in lotta tra loro, ma che insistono, contro ogni accordo russo-turco di demilitarizzazione, ad attaccare la provincia di Aleppo. Ne si è venuto a capo di cosa fare della regione di confine, ora in mano ai curdi , ma di cui Erdogan, d’accordo con Washington, vorrebbe fare in profondità la sua “zona di sicurezza”. Ovviamente senza curdi. E senza Damasco.

Intanto i curdi, sotto forma di Forze Democratiche Siriane, assediano Baghuz, l’ultima città in mano all’Isis, sul confine con l’Iraq, con copertura aerea Usa. Si tratta di territorio arabo siriano come quello di tutto il Nord Est, un terzo della Siria, occupato e pulito etnicamente dai curdi. Ai civili intrappolati a Baghuz e nei villaggi vicini, il governo siriano aveva fatto arrivare una colonna di soccorsi, da utilizzare anche per l’evacuazione. Ma i curdi l’hanno bloccata e rispedita indietro.


Fulvio Grimaldi -  www.fulviogrimaldicontroblog.info

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