giovedì 24 marzo 2011
Alitosi, puzze e sudorazioni? La soluzione sta nell'alimentazione bioregionale... che non ti fa star male!
Alimentazione e odori corporali - Come il bioregionalismo alimentare può aiutarci a non puzzare...
Ante scriptum
"Sto arrivando, non lavarti", scriveva Napoleone alla moglie prima di raggiungerla tra una battaglia e un'altra. Questione di gusti. Ma è vero che la storia dell'Uomo è sempre stata anche storia dei suoi odori, e dei profumi per nasconderli. Saggi e perfino romanzi non mancano, come "Storia sociale degli odori", di Alain Corbin, "Miasmi e umori" di Carlo Cipolla, o "Il profumo", romanzo del tedesco Patrick Süskind.
Si ha un bell’amare gli Antichi, ma a meno che non fossero appena usciti da una piscina (il che era frequente solo a Roma, vale a dire nella Repubblica o nell'Impero di Roma), puzzavano. E puzzavano molto. A proposito, non meraviglierà sapere che un famoso profumo del primo 900, ai tempi del Piacere di D’Annunzio e della cosiddetta Belle Epoque, tuttora in vendita, aveva grazie allo scuro patchouli e ad altre essenze, qualcosa del caratteristico, imbarazzante odore scuro di cadavere o feci. Probabilmente conteneva scatolo. Per confondere odore del corpo e profumi. Non meraviglia, perciò, che per coprire il puzzo del corpo umano, allora comune non solo tra i poveri, venissero usati odori pesanti, grevi, scuri, al limite del puzzo. Come tuttora accade in Oriente, appunto, dove le condizioni igieniche sono sempre incerte. Mentre oggi in un Occidente più pulito è naturale che si preferiscano profumi leggeri e acuti, "di testa", come agrumi, erbe e fiori leggeri.
Ma torniamo al periodo classico. Il sapone non esisteva: tutt’al più – e per molti era un evento – ci si massaggiava con olio e con cenere (ricca di potassa). I futuri componenti del sapone, insomma, erano messi insieme all’istante, sulla pelle. La poltiglia nera veniva raschiata via accuratamente con un curioso coltello a falce, lo strigile. Poi ci si asciugava con un panno. Ma pochi e di rado potevano permettersi questo drastico sgrassaggio naturale. Al popolo non restava che immergersi nelle acque fredde d’un torrente: e dopo poche ore la puzza tornava.
Eppure, anche le persone più sozze erano in grado di percepire chi puzzava, a loro dire, ancora più di loro: i forti mangiatori di aglio. "Puzzare come un rematore", si diceva a Roma. L’aglio era largamente consumato da operai, militari, sportivi, marinai vogatori e contadini. Perché, si sa e si sapeva, "dà vigore". Ad ogni modo, finita la grande e pulita civiltà romana, quando la Chiesa nei secoli bui proibì agli uomini e alle donne di frequentare le terme, e quindi rese loro difficile lavarsi, l’essere umano – anche se era un re – dovette convivere coi propri cattivi odori. I medici ignoranti sostenevano che lavarsi fa male? Ed ecco che la gente cominciò a cambiarsi – di rado – la camicia senza lavarsi. I profumi erano un lusso in più, che pochissimi potevano permettersi, per coprire i cattivi odori. Questo malcostume durò secoli, si può dire fino alla fine del 700. Il tardo ‘800 igienista e naturista, e ancor più il Novecento, vollero finalmente tornare alla pulizia degli antichi Romani, superandola con le nuove nozioni scientifiche: acqua, luce, sole, aria, corpo nudo, massaggi. Nacquero le stanze da bagno familiari, con vasche, docce, lavandini. Sui profumi e gli odori del corpo, ecco un articolo dell’amico Paolo D’Arpini.
Nico Valerio
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Olezzi, profumi e puzze
"Fece un certo scalpore, qualche anno fa, soprattutto nel mondo dell’archeologia e della ricerca antropologica, la scoperta effettuata nell’isola di Creta di un vero e proprio laboratorio di profumeria, risalente al XXV secolo a.C. Questo rinvenimento dimostrò inequivocabilmente che una delle prime attività avviate dall’uomo fosse la produzione di aromi, deodoranti e profumi.
L’olfatto, si sa, è il primo senso che si è sviluppato negli esseri viventi. Attraverso l’olfatto, più che per mezzo degli altri sensi, gli animali sono in grado di riconoscere il mondo che li circonda, la loro vita è tutta una mappa di odori. Ovviamente è stato così anche per l’uomo, soprattutto fino all’avvento della società industriale che con i suoi forti olezzi ha tarpato ed ottenebrato la capacità olfattive dell’uomo.
L’olfatto si è insomma "addormentato" nella nostra specie, allo stesso modo in cui quando siamo sottoposti ad un rumore assordante e continuo tendiamo a cancellarlo dall’attenzione consapevole corrente.
Evidentemente la situazione olfattiva cominciava ad essere già alquanto drammatica se consideriamo la scoperta fatta a Creta, dove furono trovati residui attestanti la lavorazione in serie di varie erbe e fiori, cocci di calderoni, pollini, tracce di olio e di essenze già pronte. Ma perché proprio a Creta in mezzo al mare Egeo fu installato questo laboratorio? Probabilmente i commerci delle essenze profumate erano diretti a tutte le aree costiere del Mediterraneo, un po’ come avvenne per le famose ceramiche di Samo rinvenute in tutto il mondo allora conosciuto. La risposta del perché fosse così importante la fornitura di profumi in un’area marinara può venire oggi dalla moderna ricerca sull’interazione fra cibo ed olezzi corporali.
L’ebbrezza che si prova annusando una folata d’aria impregnata di resina o di sandalo, l’odore forte del muschio, della mirra o dell’incenso che brucia è un’emozione antica che ha eccitato la fantasia di milioni di persone. Anche deodorare il corpo dalle esalazioni indesiderate è un’usanza antichissima, che veniva praticata non solo per i cadaveri, imbalsamati e resi più "gradevoli" all’olfatto con oli essenziali prima di essere inumati o cremati, ma anche per i "viventi" di questo mondo e soprattutto per coloro che svolgevano attività di carattere sociale: i sacerdoti, i governanti, le cortigiane, etc.
Recentemente alcuni esteti e psicologi stanno cercando di rivalutare l’odore naturale dell’uomo ("naturale" intendi bene..), definendolo un termometro della psiche in grado di rivelare parecchi messaggi interiori. Difatti l’effusione è il primo messaggio, come abbiamo già detto, che ci comunica sia lo stato di salute fisica sia la condizione mentale in cui ci si trova. Ciò è vero anche per i cosiddetti "richiami sessuali" che vengono coscientemente od inconsciamente percepiti e che condizionano le nostre scelte amorose…. E questo anche nella produzione del testosterone e del mestruo, odori che purtroppo oggi vengono considerati "puzza" e si tenta di debellarli in ogni modo.
Nell’antichità uno dei "deodoranti" naturali (utilizzato ancora oggi dagli aborigeni e dai naturisti) è l’argilla, di cui tutto il corpo viene cosparso per l’assorbimento delle esalazioni fisiologiche, l’argilla ha anche un’alta funzione detergente, difatti cospargendo il corpo di terra argillosa, ed aspettando qualche tempo prima di risciacquarsi, aiuta il corpo a liberarsi dalle scorie accumulate responsabili della cattiva traspirazione epidermica. Ma usare la creta od altri impiastri di erbe e fiori per cancellare l’inaccettabile "fetore" serve a poco quando ci si mette di mezzo la genetica…..
Ma - dico io - l’uomo è soprattutto ciò di cui si nutre, ecco la verità! E le sue feci, le sue urine, il suo sudore testimoniano ciò. Questa è stata anche la mia esperienza personale, ad esempio le feci di animali erbivori non sono mai fetide, la cacca di cavallo, mucca, capra, pecora, etc. sia fresca che disseccata non emana mai cattivo odore mentre le deiezioni di cani, gatti ed altri carnivori è risaputo che puzzano tremendamente. Ciò vale anche per l’homo sapiens, a seconda del suo metodo alimentare le "emanazioni" assumono il corrispondente odore. La chiave alimentare, secondo me, è l’unica a poter risolvere anche l’accumulo di "malformazioni genetiche che - affermano i genetisti inglesi - sono la causa del malfunzionamento traspirativi, dovuto alla non espulsione di certe tossine per vie ordinarie che poi il corpo in qualche modo elimina come può attraverso la traspirazione".
I risultati li conosciamo bene!
"Il deodorante non basta più – affermano i genetisti - quando ci si mettono di mezzo i geni…." - Lo rivela un gruppo di scienziati inglesi del St. Mary Hospital - "La sostanza incriminata è la trimetilamina un sottoprodotto della digestione che odora di pesce marcio o di carne putrida….".
È quindi la trimetilamina la responsabile dei tremendi complessi d’inferiorità che affliggono parecchi esseri umani? C’è però da considerare che, nelle analisi di laboratorio effettuate nel centro d’igiene inglese, il prof. Robert Smith che guida le ricerche sul gene della "puzza" ha riscontrato che la maggior parte degli esaminati, 176 persone, odoravano per semplice mancanza d’igiene mentre solo 11 erano affetti dalla sindrome da trimetilamina.
"A questo punto – ha concluso lo stesso Smith – in attesa di poter compiere un intervento genetico risolutore, al momento troppo aldilà della nostra scienza, basterà eliminare quei cibi che nella digestione produco più trimetilamina, cioè: pesci, carni molli, frattaglie, interiora, etc."
Ecco quindi che anche la genetica viene in aiuto alla dietetica vegetariana e ci spiega (forse) come mai a Creta, un’isola impegnata in commerci marittimi, fosse sorto quel primo laboratorio di profumeria…. Con tutto il pesce che si mangiavano i nostri padri mediterranei (basta ricordare il garum, la famosa salsa tuttofare di Greci e Romani, ottenuta dalla macerazione sotto sale del pesce) figuriamoci come sentissero la necessità di depurarsi dalla puzza….
Indirettamente il consiglio del prof. Smith va incontro alla mia tesi. Perciò i mangiatori di carne son avvisati. A loro servirà poco gonfiare le saccocce dei vari profumieri, mentre sarebbe sufficiente cambiar dieta alimentare, consumando esclusivamente alimenti consoni all'ecologia umana, ovvero tutto ciò che cresce nella propria bioregione di appartenenza e che giunge a maturazione nella dovuta stagione. Infatti allorchè si rispetta la propria natura (noi umani siamo frugivori) ogni problema di salute è risolto...
Paolo D'Arpini
www.circolovegetarianocalcata.it/
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