La corruzione di quasi ogni processo elettorale nei paesi autoproclamatisi democrazie è minato in partenza. Al punto da deformarne inevitabilmente i risultati. Data la concentrazione che la globalizzazione ha generato come assist decisivo nella sua partita contro il genere umano pre-transumanesimo e pre-dittatura mafiofinanziaria, anche le società delle ricerche di mercato hanno subito un demensionamento. Entrate nell’orbita del superpotere mediatico, hanno subito un re-indirizzo in direzione di interessi che nulla hanno a che fare con gli effettivi rapporti di forza elettorali. Anzi, provano a piegarli ai risultati dal potere programmati.
Si verifica nelle sedicenti democrazie occidentali, che poi si dilettano a fare le bucce a qualsiasi elezione che non vada nel senso desiderato, a partire, esempio emblematico, dal recente referendum nelle zone liberate dell’Ucraina, dove una popolazione di etnia e lingua russa ha votato per la riunificazione con la madre patria, dopo otto anni di aggressione armata e di ogni genere di atrocità subite dall’occupante Nato-nazista.-
Ora ne abbiamo avuto una dimostrazione eclatante in Brasile, dove i sondaggi hanno voluto ad ogni costo prefigurare un trionfo alla prima tornata del candidato “sicuro”, quello che avrebbe esteso anche al Brasile la ola di presidenti “rosa”, o fucsia. Candidati presentatisi come riformisti, o radicali di sinistra, e rivelatisi poi in perfetta continuità con le destre dure che li hanno preceduti.
Così in Cile con Gabriele Moric, in Perù con Pedr4o Castillo e in Colombia con Gustavo Petro. Evidentemente coloro che, dal Nord, ambiscono a riassicurarsi il famigerato “cortile di casa” in Latinoamerica, hanno ritenuto superato il modello della dittatura filo-yankee esplicito, alla Pinochet o Videla, con le reazioni che ha inescatro, dai Tupamaros a Chavez.
In Brasile la mistificazione fucsia ha ricuperato il nome del vecchio Luiz Inàzio da Silva, Lula, già presidente dal 2003 al 2010. Governi che hanno visto, soprattutto nel primo mandato, una deforestazone senza pari dell’Amazzonia e, nel secondo, un notevole recupero alla sopravvivenza dei poveri assoluti, grazie all’alto prezzo delle materie prime agricole di cui il paese dispone.
Difficile fare pronostici sull’esito del ballottaggio, il 30 ottobre 2022, tra chi ha avuto quasi il 48% e chi quasi il 44%, tanto più che il Congresso è finito nelle mani del Partito Liberale di Bolsonaro e il partito detto centrista, MDB, solidamente di destra alla PD, mantiene il riserbo sulla propria scelta. Probabilmente attende disposizioni.
Fulvio Grimaldi
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