Sul
ritiro in 100 giorni di tutte le truppe Usa dalla Siria (5000, tra
Forze Speciali e bombaroli) e della metà di quelle che bombardano e
trafficano oppio in Afghanistan, poi estesi a quattro mesi, vista la
malaparata con lo Stato Profondo (Cia, Pentagono, Wall Street,
Lockheed Martin, media). Malloppone guerrafondaio furibondo,
capeggiato da “Cane Pazzo” Mattis, dimessosi da ministro della
Guerra per non aver potuto ripetere in Siria il bagno di sangue e
fosforo di Fallujah (Iraq 2004) e per essere stato privato del suo
massimo godimento, così da lui espresso:”Cosa
c’è di più divertente che sparare a qualcuno”.
Per inciso, il noto quotidiano pacifista, il manifesto, ne ha
deplorato la dipartita e lo ha qualificato “elemento razionale e di
equilibrio” nella compagine trumpiana.
Israele
e curdi uniti nella lotta
Da
noi, affetti dalla solita ipocrisia clericomafiosa, si piagnucola
sull’abbandono dei curdi, “avanguardia democratica, laica,
ecologista, femminista, LGBTI”, con tanto di majorettes in armi. Si
sorvola su queste milizie curde YPG arrivate in massima parte dalla
Turchia che, mascherate da Federazione Democratica Siriana (solo la
Cruciati del manifesto li vuol far passare per coalizione
multinazionale di arabi, assiri, turcomanni, puffi e curdi), grazie
all’aiuto degli Usa dall’alto, si sono sostituiti all’Isis come
fanteria Nato contro la Siria. Si ignora che, se sono passati da meno
di un milione a parecchi di più è perché la Siria di Assad li ha
accolti, insieme al leader Ocalan, profughi dalla Turchia. In
compenso si sono fatti mercenari dell’aggressore in sostituzione
dell’Isis e, assumendo il progetto dello squartamento della Siria,
si sono presi un terzo del paese, imponendo, sfrattando, incarcerando
e uccidendo gli autoctoni.
Ora,
abbandonati dai loro danti causa, forse, pressati dai turchi che,
alla faccia loro, ma anche di quella del popolo siriano, vorrebbero
prendersi almeno una gran striscia di confine, con dentro i più
ricchi giacimenti petroliferi, le più fertili terre e ricche acque
della Siria, buttano la mimetica a stelle e strisce e con stella di
David e, giurando di rispettare l’integrità territoriale del
paese, invocano aiuto da Damasco. Che fa bene a darglielo e ad
accorrere con la Guardia Nazionale e la Divisione Tigre a Manbij. Che
tornino nel loro angolo di Siria e vadano a prendersela oltre confine
con chi li ha maltrattati davvero.
Chi
taglia il nodo gordiano?
Qui
la situazione è intorcinata. Ci stanno i turchi, che già avevano
scacciato i curdi dal cantone di Afrin, in piena e tollerante vista
degli americani, ci stanno i curdi, ci stanno i militari Usa da
ritirare, nel tempo, e sono arrivati i siriani. Cosa faranno gli uni
e gli altri? Qui non soccorrono le ambiguità e le indecenti
equivalenze tra Assad ed Erdogan di Alberto Negri. Qui vanno visti
gli attori e i loro interessi. Per primo Trump che ha accelerato
alcune mosse per riprendere i temi della sua campagna elettorale:
riduzione dell’impegno e della spesa militari globali,
accomodamento con i russi, dialogo con i nordcoreani, sordina agli
attacchi all’Iran e alla Cina dei dazi. Non stona con tutto questo
la sorprendente e sacrosanta affermazione dell’avvocato di Trump,
Rudi Giuliani, che ad Assange di Wikileaks, recluso nell’ambasciata
dell’Ecuador a Londra, non c’è proprio nessun reato da
contestare. In compenso, dall’altra parte, i Democratici hanno
eletto alla presidenza della Camera la collaudata Nancy Pelosi,
espressione arcigna e inflessibile dell’apparato guerresco
statunitense. E di Julian Assange, eroe della libera informazione, i
Democratici vorrebbero fare polpette da servire a Mattis.
Liberal
per liberare i cani di guerra
Poi
i nemici dell’outsider strambo, scatenati contro ognuno di questi
obiettivi, tanto da rovesciare sul presidente accuse di alto
tradimento per aver incontrato Xi, Putin e Kim Jong Un e inventarsi
la bufala galattica del russiagate,
ovviamente ripresa dai loro sodali e sguatteri in Europa. Nemici
riuniti nello Stato Profondo Usa rappresentato politicamente da uno
schieramento bipartisan Democratici-Repubblicani, ma con forte
prevalenza dei primi, dalla banda guerrafondaia Obamian-Clintoniana,
dai neocon, insomma da tutti coloro che hanno inventato, creato e
nutrito Al Qaida e l’Isis, dalla Siria all’lraq alla Libia
all’Egitto all’Africa e all’Afghanistan. In sostanza l’élite
statunitense plutocratica e perennemente in guerra, sostenuta da
media e think
tank
di puntellamento, che vede sfidata la sua dottrina di base: una
strategia di dominio militare e neoliberista mondiale, fondata su
quasi mille basi militari, un’egemonia (sub)culturale onnipervasiva
e l’assalto, con sanzioni, guerre, terrorismi, a chiunque vi si
sottragga, o opponga modelli incompatibili. Vanificata da loro stessi
l’equivoca alternativa del PCI e di forze simili, tutto ciò che si
pretendeva di sinistra si è inserito in questo Zeitgeist,
visione
del mondo. La riprova è la solidarietà di chi ha lo stomaco di
condividere con questa èlite la furia contro il ritiro delle truppe
Usa da un teatro di massacri.
Ritiro
che tale belluina reazione ha già costretto il malleabile
cerchiobottista della Casa bianca a estendere da un mese a cento
giorni e più. Ed è aperto a ogni ipotesi ciò che l’una e
l’altra fazione in campo, sullo sfondo dei probabili contenziosi
russo-turchi sul che fare dei curdi e di quel pezzo di Siria,faranno
e otterranno in questi quattro mesi. Sempre che i plutocrati in armi
degli Usa non si rassegneranno e si accontenteranno del loro nuovo
pivot: Africa e America Latina, dove sono in corso le altre loro
grandi manovre imperialiste a contrasto di Russia e Cina. Difficile,
però, che Israele non li tiri per la collottola. Quel che è certo è
che sul Donald vanno a esercitarsi pressioni mai viste, con dentro
anche gli sceicchi del Golfo e tutta la potenza lobbistica e
ricattatoria di Israele. E’ probabile che, come altre volte,
soccomberà.
Geopolitica,
ma anche petrolio
Perché
Trump ha osato tanto? Può darsi che, più di un suo spirito
conciliatorio, sia stata la prospettiva di uno scontro tra Usa-curdi
nel cosiddetto Rojava, sottratto alla Siria e ambito da tutti e tre
gli usurpatori in campo, e il bastione turco della Nato, alle porte
di Iran e Russia, a sollecitare il ritiro di Trump. Se questo ritiro,
con conseguente occupazione turca di larghe fasce siriane, ha
comportato la messa in crisi della triplice Russia-Turchia-Iran, oggi
a capo della strategia mediorientale, la cancellazione dell’acquisto
del sistema anti-aereo S400 russo e, chissà, la sospensione del
gas-oleodotto Turkish Stream, allora lo scenario delle alleanze
rischia ancora una volta di essere sovvertito. E quello che, secondo
le colleriche geremiadi dei globalisti occidentali e di Israele,
sarebbe stato un regalo a Russia e Iran, potrebbe ben rivelarsi una
trappola mortale proprio per Mosca e Tehran. E Siria. Presto, dunque,
per cantare vittoria.
Fulvio Grimaldi - www.fulviogrimaldicontroblog. info
Integrazione da Sputnik: “Il comandante delle Forze Nazionali di Autodifesa Curde, Sepan Hamo, ha discusso a Damasco un piano per consegnare il controllo della frontiera con la Turchia all'esercito siriano. Lo riporta il 5 gennaio 2019 il giornale Al-Shark al-Ausat. I negoziati hanno considerato un piano per "riempire il vuoto", dopo il ritiro delle truppe USA dalla Siria settentrionale, e prevede lo schieramento delle unità dell'esercito siriano nelle aree di confine con la Turchia al fine di prevenire l'eventuale invasione di truppe turche. L'accordo prevede anche il riconoscimento dell'amministrazione regionale creata dai curdi nel nord-est della Siria da parte di Damasco...”
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