Nel
1820 il ricercatore danese Hans
Christian
Oersted
(1777-1851) realizzò una delle esperienze più importanti di tutta
la storia dell’elettromagnetismo. Egli dimostrò che la corrente
elettrica, passando in un conduttore, crea un campo magnetico capace
di orientare un magnete, come un ago di bussola magnetizzato. Questa
esperienza è stata il punto di partenza per i successivi sviluppi di
questa branca della fisica importantissima per le successive
applicazioni tecnologiche, come le dinamo, i generatori ed i motori
elettrici, che sono alla base della società industriale moderna.
Gli
studi sui rapporti tra fenomeni elettrici e magnetici furono
incrementati dall’opera dell’intelligente scienziato francese
Andrè-Marie
Ampere (1775-1836
) erede della grande tradizione di fisica di Laplace. Ampere, nato a
Lione e trasferitosi come professore a Parigi dopo una gioventù
travagliata caratterizzata dall’esecuzione del padre considerato un
oppositore del governo Giacobino, sviluppò le ricerche nel campo
elettromagnetico impostando su una base rigorosamente matematica la
legge che regola i rapporti di una corrente con il relativo campo
magnetico. Un paio di generazioni dopo le sue equazioni saranno
riprese ed ampliate dal geniale fisico scozzese Maxwell.
Ampere fu anche in grado di sviluppare un’adeguata teoria che lo
portò ad affermare che i fenomeni elettrici e magnetici sono due
facce della stessa realtà e che il magnetismo sarebbe legato al
fatto che intorno ad ogni molecola di materia esistono delle
mini-correnti che creano piccoli campi magnetici. Con questo Ampere,
non solo si dichiarava sostenitore della teoria atomica, ma
anticipava anche elementi di quelli che saranno un secolo dopo i
famosi modelli atomici sviluppati da Rutheford
e
Bohr.
Il giusto riconoscimento dell’importanza del lavoro di Ampere è
testimoniato dal fatto che all’unità di misura dell’intensità
di corrente è stato dato il suo nome. Ampere elaborò
indipendentemente dall’italiano Avogadro la nota legge di chimica
fisica, secondo cui uguali volumi di gas diversi contengono ugual
numero di molecole (Legge
di Avogadro).
Gli
studi sui fenomeni elettromagnetici furono straordinariamente
ampliati dall’inglese Michael
Faraday,
uno dei più importanti chimici e fisici dell’800, famoso
soprattutto per le sue straordinarie scoperte nel campo
dell’induzione
elettromagnetica
e dell’elettrochimica. Egli era nato da una famiglia poverissima
nel piccolo centro di Newington Butts, in Inghilterra, nel 1791. Il
padre era un fabbro con continui problemi di salute. Da giovanissimo
fu avviato a lavorare come fattorino e poi come rilegatore in una
libreria e non effettuò alcun tipo di studio regolare. Tuttavia la
sua grande passione per la ricerca scientifica lo portò a
frequentare da completo autodidatta le lezioni del noto chimico
Humphry
Davy
(vedi N. 68). Fu notato da Davy e riuscì a diventare suo assistente,
ma con compiti spesso assai umili, tra cui quello di cameriere. Ebbe
notevoli difficoltà ad affermarsi nel seno della classista società
inglese: tra le persone che lo osteggiarono e lo umiliarono vi fu la
stessa moglie di Davy ed, in un secondo tempo, lo stesso suo maestro,
geloso dei progressi dell’allievo.
In
campo chimico Faraday ottenne notevoli risultati nello studio dei
composti del cloro e degli idrocarburi aromatici (a lui si deve la
scoperta
del benzene),
ed inoltre nel settore della liquefazione e diffusione dei gas, e
delle leghe dell’acciaio. Si deve anche a lui l’invenzione del
famoso “becco
Bunsen”, apparecchio
fondamentale nella ricerca chimica, poi perfezionato da Bunsen.
Ma
soprattutto nel settore elettrico rifulse il genio di Faraday,
sperimentatore sempre attento ed instancabile. A lui si devono le
ben note leggi fondamentali dell’elettrochimica dette leggi
di Faraday,
che sottolineano la proporzionalità tra la carica elettrica e la
massa di elettrolita (formata da ioni positivi e negativi) che si
raccoglie agli elettrodi di una soluzione elettrolitica, ed inoltre
la proporzionalità tra carica elettrica che affluisce agli elettrodi
e carica ionica dell’elettrolita.
Nel
campo elettromagnetico il grande fisico inglese dette un fondamentale
contributo allo studio del fenomeno dell’induzione
elettromagnetica, sulle
orme di Oersted ed Ampere.
Egli
dimostrò
che correnti elettriche o campi magnetici variabili generano corrente
elettrica indotta. Questa fondamentale scoperta è alla base di tutte
le tecnologie di produzione dei moderni motori elettrici. Egli stesso
mise a punto un tipo di dinamo
capace di erogare corrente ed elaborò l’equazione
detta di Faraday
che esprime il fenomeno dell’induzione. Faraday inoltre intuì la
presenza di linee
di forza
di origine elettromagnetica, dimostrandone l’esistenza reale con
l’uso di limature di ferro magnetizzate, e di campi
elettromagnetici
nel vuoto. Non avendo una grande preparazione matematica non ne diede
un’interpretazione matematica, compito che poi sarà svolto dal
grande Maxwell, ma la sua equazione coincide comunque con una delle
equazioni fondamentali di Maxwell.
Faraday
dimostrò inoltre che anche le radiazioni luminose sono
elettromagnetiche, riuscendo a far ruotare mediante un campo
magnetico il piano di polarizzazione di un fascio di raggi luminosi
in un vetro polarizzante da lui ideato. Si deve a lui anche
l’invenzione della cosiddetta “gabbia
di Faraday”,
basata sul principio che le cariche elettriche si concentrano sulla
superficie dei conduttori, che è alla base di tutti i sistemi di
protezione di un ambiente dalle scariche elettriche, come ad esempio
nelle gabbie parafulmini degli edifici moderni.
Divenuto
membro della famosa Royal Society, di cui era stato presidente
Newton, Faraday con molta modestia rifiutò due volte di divenirne
presidente. Declinò anche l’onore di essere sepolto alla sua morte
accanto alla tomba dello stesso Newton. Scoppiata la guerra di
Crimea, il grande scienziato si rifiutò fermamente di utilizzare le
sue conoscenze per mettere a punto armi chimiche.
Morì,
ormai famoso ed universalmente stimato, ad Hampton Court nel 1867.
Raramente un autodidatta di così umili origini ha dato tanto per lo
sviluppo della scienza e della tecnologia moderna.
Vincenzo Brandi
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