giovedì 3 gennaio 2019

LE LEGGI DELL’ELETTROCHIMICA. LINEE DI FORZA E CAMPI ELETTROMAGNETICI



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Nel 1820 il ricercatore danese Hans Christian Oersted (1777-1851) realizzò una delle esperienze più importanti di tutta la storia dell’elettromagnetismo. Egli dimostrò che la corrente elettrica, passando in un conduttore, crea un campo magnetico capace di orientare un magnete, come un ago di bussola magnetizzato. Questa esperienza è stata il punto di partenza per i successivi sviluppi di questa branca della fisica importantissima per le successive applicazioni tecnologiche, come le dinamo, i generatori ed i motori elettrici, che sono alla base della società industriale moderna.

Gli studi sui rapporti tra fenomeni elettrici e magnetici furono incrementati dall’opera dell’intelligente scienziato francese Andrè-Marie Ampere (1775-1836 ) erede della grande tradizione di fisica di Laplace. Ampere, nato a Lione e trasferitosi come professore a Parigi dopo una gioventù travagliata caratterizzata dall’esecuzione del padre considerato un oppositore del governo Giacobino, sviluppò le ricerche nel campo elettromagnetico impostando su una base rigorosamente matematica la legge che regola i rapporti di una corrente con il relativo campo magnetico. Un paio di generazioni dopo le sue equazioni saranno riprese ed ampliate dal geniale fisico scozzese Maxwell. Ampere fu anche in grado di sviluppare un’adeguata teoria che lo portò ad affermare che i fenomeni elettrici e magnetici sono due facce della stessa realtà e che il magnetismo sarebbe legato al fatto che intorno ad ogni molecola di materia esistono delle mini-correnti che creano piccoli campi magnetici. Con questo Ampere, non solo si dichiarava sostenitore della teoria atomica, ma anticipava anche elementi di quelli che saranno un secolo dopo i famosi modelli atomici sviluppati da Rutheford e Bohr. Il giusto riconoscimento dell’importanza del lavoro di Ampere è testimoniato dal fatto che all’unità di misura dell’intensità di corrente è stato dato il suo nome. Ampere elaborò indipendentemente dall’italiano Avogadro la nota legge di chimica fisica, secondo cui uguali volumi di gas diversi contengono ugual numero di molecole (Legge di Avogadro).

Gli studi sui fenomeni elettromagnetici furono straordinariamente ampliati dall’inglese Michael Faraday, uno dei più importanti chimici e fisici dell’800, famoso soprattutto per le sue straordinarie scoperte nel campo dell’induzione elettromagnetica e dell’elettrochimica. Egli era nato da una famiglia poverissima nel piccolo centro di Newington Butts, in Inghilterra, nel 1791. Il padre era un fabbro con continui problemi di salute. Da giovanissimo fu avviato a lavorare come fattorino e poi come rilegatore in una libreria e non effettuò alcun tipo di studio regolare. Tuttavia la sua grande passione per la ricerca scientifica lo portò a frequentare da completo autodidatta le lezioni del noto chimico Humphry Davy (vedi N. 68). Fu notato da Davy e riuscì a diventare suo assistente, ma con compiti spesso assai umili, tra cui quello di cameriere. Ebbe notevoli difficoltà ad affermarsi nel seno della classista società inglese: tra le persone che lo osteggiarono e lo umiliarono vi fu la stessa moglie di Davy ed, in un secondo tempo, lo stesso suo maestro, geloso dei progressi dell’allievo.

In campo chimico Faraday ottenne notevoli risultati nello studio dei composti del cloro e degli idrocarburi aromatici (a lui si deve la scoperta del benzene), ed inoltre nel settore della liquefazione e diffusione dei gas, e delle leghe dell’acciaio. Si deve anche a lui l’invenzione del famoso “becco Bunsen”, apparecchio fondamentale nella ricerca chimica, poi perfezionato da Bunsen.
Ma soprattutto nel settore elettrico rifulse il genio di Faraday, sperimentatore sempre attento ed instancabile. A lui si devono le ben note leggi fondamentali dell’elettrochimica dette leggi di Faraday, che sottolineano la proporzionalità tra la carica elettrica e la massa di elettrolita (formata da ioni positivi e negativi) che si raccoglie agli elettrodi di una soluzione elettrolitica, ed inoltre la proporzionalità tra carica elettrica che affluisce agli elettrodi e carica ionica dell’elettrolita.

Nel campo elettromagnetico il grande fisico inglese dette un fondamentale contributo allo studio del fenomeno dell’induzione elettromagnetica, sulle orme di Oersted ed Ampere. Egli dimostrò che correnti elettriche o campi magnetici variabili generano corrente elettrica indotta. Questa fondamentale scoperta è alla base di tutte le tecnologie di produzione dei moderni motori elettrici. Egli stesso mise a punto un tipo di dinamo capace di erogare corrente ed elaborò l’equazione detta di Faraday che esprime il fenomeno dell’induzione. Faraday inoltre intuì la presenza di linee di forza di origine elettromagnetica, dimostrandone l’esistenza reale con l’uso di limature di ferro magnetizzate, e di campi elettromagnetici nel vuoto. Non avendo una grande preparazione matematica non ne diede un’interpretazione matematica, compito che poi sarà svolto dal grande Maxwell, ma la sua equazione coincide comunque con una delle equazioni fondamentali di Maxwell.
Faraday dimostrò inoltre che anche le radiazioni luminose sono elettromagnetiche, riuscendo a far ruotare mediante un campo magnetico il piano di polarizzazione di un fascio di raggi luminosi in un vetro polarizzante da lui ideato. Si deve a lui anche l’invenzione della cosiddetta “gabbia di Faraday”, basata sul principio che le cariche elettriche si concentrano sulla superficie dei conduttori, che è alla base di tutti i sistemi di protezione di un ambiente dalle scariche elettriche, come ad esempio nelle gabbie parafulmini degli edifici moderni.

Divenuto membro della famosa Royal Society, di cui era stato presidente Newton, Faraday con molta modestia rifiutò due volte di divenirne presidente. Declinò anche l’onore di essere sepolto alla sua morte accanto alla tomba dello stesso Newton. Scoppiata la guerra di Crimea, il grande scienziato si rifiutò fermamente di utilizzare le sue conoscenze per mettere a punto armi chimiche.
Morì, ormai famoso ed universalmente stimato, ad Hampton Court nel 1867. Raramente un autodidatta di così umili origini ha dato tanto per lo sviluppo della scienza e della tecnologia moderna.

Vincenzo Brandi

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