Vista la situazione, i Ted e i Luigi sono crescenti. Si aggirano solitari tra la folla pensando che, invece di essere preda, valga la pena di essere fautore di una nuova perla. La collana è tracciata. Dopo la maglietta con il Che e quella con la maschera di V per Vittoria, vedremo quella con il cappuccio della felpa di Luigi.
“Le società complesse sono impossibili da gestire e dirigere secondo le aspirazioni dei governanti e neppure di una volontà di maggioranza: l’andamento di una società complessa è soggetto a moltissime variabili, su molte delle quali gli esseri umani non hanno alcun potere. Tra le società più complesse (e in continuo aumento di complessità), vi sono le società tecnologiche”. (8)
Così, d’emblée, qualcuno a New York ha ucciso Brian Thompson, amministratore delegato della compagnia assicurativa United Health Care. Lo dicono i divanisti, detti anche sistemisti cioè, primi ripetitori meccanici del sistema, di fatto neo qualunquisti, perlopiù progressisti. Sì, perché seguire l’attualità della stampaccia e credere d’essere informati trova corrispondenza nella visione di chi non vuole vedere, e che, perciò, parla di atto terroristico.
Pare che a sparare sia stato l'italoamericano Luigi Mangione. Un fatto che va connotato entro un quadro dai tratti semplici: è la sola azione concessa al popolo vessato ma non sottomesso, non per combattere, ma per reagire all’ingiustizia sistemica, la cui sola via d’uscita apparente è la sottomissione, la sopportazione, l’autocensura, l’adeguamento, la mortificazione di sé, la morte in forma varia che lo aspetta in nome del profitto altrui.
L’associazione di idee fa sovvenire alla mente Unabomb (6), un altro nordamericano. Il nome è stato coniato dagli investigatori Fbi, e corrisponde all’acronimo di University Airline Bomber. Di battesimo era Theodore Kaczynski, 1942-2023, un professore universitario (9) che, dopo aver abbandonato l’insegnamento, tra il 1978 e il 1995, spediva pacchi esplosivi, ferendo e uccidendo chi li apriva. Nei suoi tre principali scritti (5), Rivoluzione antitecnologica, La società industriale e il suo futuro e Schiavitù tecnologica, l’ex professore ha argomentato l’abisso in cui stiamo precipitando. Non era un veggente, gli bastava non essere un divanista.
Quello di Luigi oggi e quelli di Theodore alla fine del secolo scorso sono gesti solitari, entrambi sostenuti dalla consapevolezza del male sociale e individuale implicito nell’industrializzazione capitalistica. Due simbolici estremi temporali di una collana che, qualunque ricercatore potrà facilmente infoltire di perle.
L’azione del giovane americano ha, constatando la reazione/condivisione di molti (2), provocato il plauso della maggioranza populista – il nome dato dai progressisti al suo popolo perduto, patrimonio dilapidato prima e lapidato poi – e di quella astensionista o disincantata dal piffero della democrazia. Un corpus di persone non più relativo alla classe media, proletaria, sottoproletaria, disoccupata, ma trasversalmente composto da quella moltitudine la cui voce, per quanto udibile da tutti, è ancora totalmente ignorata o ingannata dalla politica e da chi sa di essere un bersaglio nel mirino del prossimo Luigi. Sì, non serve un mago per sapere che si tratta solo di tempo, prima che altre azioni radicali si mostrino come sintomi inequivocabili di una sociopatologia che non è più tenuta a bada dai palliativi medicamentosi, cioè bugie distribuite a piene mani, per conto terzi, dai velinisti di regime H24. Parrebbe, infatti, sia agli sgoccioli la bottiglia di sciroppo bromurico che il capitalismo della sorveglianza, delle pandemie, del controllo sanitario e di quello digitale, venduti come puri servizi e vantaggi senza ombre, non ha mancato di dolcificare in tutti i modi possibili, per tenere a bada le persone, per separarle, per lasciare che qualche Luigi compia il suo gesto supremo che, effettivamente, nell’immediato non cambia nulla, se non in peggio, se non dando ulteriore legittimità alla violenza delle corporazione nascosta dietro quella legalizzata di stato (7).
Il possesso della comunicazione, centro del crocicchio dove indirizzare le proprie verità e menzogne d’interesse, è necessario affinché i fili della narrazione scelta arrivino ai divanisti e da questi, galoppando su luoghi comuni, a cavallo de l’ha detto lo scienziato, si propaghino fino a divenire il tessuto della realtà vera.
Un fatto, quello di Luigi, che i progressisti – sinistri o destri, non v’è distinzione se non teatrale – è stato compiuto dal “solito antisistema”, come definiscono chiunque appartenga ad altra casata etica, e di cui sarcasticamente commentano: “ce n’era proprio bisogno”. Quelli per cui il capitalismo è la migliore realtà possibile. Quelli che hanno dimezzato il potere di acquisto degli italiani a mezzo dell’euro al posto della lira, propagandandolo come una fortuna che, a loro solo dire, lo avrebbe raddoppiato.
Come il Che, Robin Hood e altri, Luigi, senza chiederlo, né volerlo, diviene all’istante mito (4), che raduna un sentimento comune (3) di una moltitudine crescente (1). Da assassino – secondo l’ordine costituito – trasmuta la sua azione criminale in simbolico esorcismo dall’ingiustizia legalizzata. Cioè quella di coloro che non esitano a creare profitto permanente sulla carne di tutti gli uomini, inclusi quelli bisognosi di cure. Persone che hanno firmato contratti commercialmente legalizzabili solo in un sistema socio-economico sfacciato, prostrato alla macina capitalista, quale quella in cui ci siamo infilati da lungo tempo, che non ritiene di avere a che fare con essere umani ma prede di una caccia non regolamentata se non da loro stessi.
Se un assassinio di ribellione è fatto da un popolo è diverso? No, è uguale preciso identico, tranne che nella quantità e forma, ma simbolicamente emerge dalla medesima matrice, nei confronti dello stesso mostro vessatorio. Ognuno di noi, inclusi i moralisti che lo vogliono negare, sente nel cuore un urlo che risuona con quello di Luigi e delle vittime delle assicurazioni. Una sofferenza per la quale, i divanisti, prima di alzarsi e buttare la tv, vorrebbero le prove scientifiche dell’esperto. Sono loro i veri Ceo della politica che nessun Luigi potrà mai uccidere.
Da lungo tempo, cioè da quando l’evidenza della recisione tra noi e chi ci comanda si è fatta palese, dalla smorta epidermide sociale, quale inevitabile conseguenza, è venuto fuori il comedone individuale. “Palese” per tutti tranne per coloro che preferiscono andare a votare perché sennò, fai comandare chi stai detestando, per eleggere parlamenti scaldabanco defraudati da decreti leggi a menu. E “inevitabile conseguenza” per diverse forze in campo che hanno demolito il plinto della biografia dal quale siamo scaturiti: lo svuotamento del potere urnale che, da sostegno dell’incastellatura dell’idea democratica è divenuto farsa; la politica, che ha preferito vendersi e abdicare a se stessa e alla sua sovranità popolare, offrendo obbedienza in cambio di poltrone e denari; lo scioglimento delle comunità, delle tradizioni e delle culture nell’acido della globalizzazione, dei diritti ad personam, voluto e ottenuto dal cosiddetto progresso, non lasciano altra scelta che l’azione solitaria, più simbolica ed energetica che progettuale.
“Lo scontro si avvicina”. Se le organizzazioni politiche armate hanno a suo tempo rappresentato l’ultimo tentativo rivoluzionariamente canonico per raccogliere le istanze degli ultimi e porre fine al sangue popolare, ora, in tempo di internet e relativa frammentazione della realtà e dei pensieri, con i tazebao e le assemblee in archivio, non v’è alternativa ai Luigi. Gli assassini di oggi, che divengono martiri il giorno seguente, rappresentano il nuovo stadio di una rivolta che, anche se d’improbabile sollevazione popolare, rimane emblematica per la realtà della moltitudine, ma assolutamente brutale terrorismo per l’uno per cento che spadroneggia ovunque.
Nonostante l’orizzonte di abisso verso il quale il sistema, alla sua massima velocità, ci sta portando, saranno ancora i benpensanti – ulteriore drammatica beffa – a trovare di che unirsi e compattarsi allineati e coperti, in adorazione delle favole dei tg. Difendere dagli antisistema il divano, il giardinetto, la poltrona, l’encomio, la bmw, così faticosamente guadagnati sulla schiena del prossimo, sarà la loro candida missione, superbamente orchestrata da una regia che neppure sospettano. Le rivoluzioni colorate infatti, secondo loro, sono davvero spontanee e autentiche. Loro, quelli che oltre ad aver voluto il sistema, lo hanno mantenuto al grido del thatcheriano TINA, There Is No Alternative.
Se un cataclisma ci appare all’improvviso, è solo perché i nostri strumenti non sono in grado di indagare opportunamente il tempo che lo precede. Accade così anche in campo umano, a chi si dedica ancora alle pinzillacchere e quisquilie quotidiane, al gossip politico, ad ascoltare e leggere i velinisti, alle schermaglie tra politici, tra false parti avverse in quanto, terminata la scena, scendono dal palco e vanno a braccetto a genuflettersi allo stesso altare. Agli altri, quelli che, come selvaggina in fuga dai rumori, sta a distanza dall’informazione corporativa e dalle beghe governative, lo stato esiziale – per essere speranzosi – delle cose, non sfugge, sebbene sovrastato da montagne di menzogne. Uno tsunami non prende di sorpresa le comunità che vivono e pensano in relazione con la terra, e che quindi fuggono per tempo sulle alture. Prende i turisti in camicia hawaiana e i mercanti di braccialetti, entrambi dominati da pensieri legati al piacere.
Se invece di seguire la maretta quotidiana, artatamente tenuta in moto dal solito regista, si guardasse ai movimenti lunghi, andamenti per lo più inosservati, si può assistere all’aumento della temperatura della brace. La stessa che in passato aveva poi generato sommosse e rivoluzioni. Gesta comunitarie ora rese impossibili dal diluente versato ad arte a barili sui gangli di coesione che facevano di noi un popolo e la sua dignità, della sua spontanea capacità di mobilitarsi. Celebrazione di valori individuali come diversivi, valori relativi, opulenza, comunicazione pilotata. L’elenco delle ragioni che hanno fatto di noi esseri mortificati, deboli, ad alto rischio di divano, è ben più lungo dei pochi tratti qui accennati. Esso include, tra l’altro, le guerre giuste e quelle per procura, il disastro dell’Europa mai stata unita se non per i commercianti, l’asservimento, sostanzialmente incondizionato, alla Nato e agli Usa e tanto altro. La realtà che ci viene presentata imbellettata, degna di una parata di stelle, ha un comune denominatore per tutti, è troppo grande per poterla modificare, per abbatterla, per cambiarla, per sfuggirle e, anche, per ricostituire quelle sinapsi che avevano permesso di aggregarci. Siamo al punto che la mobilitazione non fa più parte di noi, non è più una nostra anatomica appendice, una nostra ordinaria emozione.
Siccome le cose cambiano, anche in modalità impercettibile, la scelta di Mangione oltre che criminale e lucida, come sempre viene detto nei commenti a latere, ha in sé anche il potere di girare il timone della cultura politica verso una rotta diversa da quella degli schiavi sulla quale siamo da molto. Non è una proposta di replica del gesto del giovane americano, è una considerazione: se mai un giorno saremo fuori dal gorgo che Mangione ha portato in prima pagina uccidendo Thompson, può darsi che accada anche a mezzo di reazioni individuali. Naturalmente non in modo indolore per il popolo negro, tutti noi, ma, con il tempo, potrebbe accadere. Si sa, il battito d’ali di una monarca in Texas può scatenare un uragano in Amazzonia. C’era questo sentimento e visone nell’animo di Luigi. Per forza, sennò in cosa trovare la motivazione per un’azione assolutamente altruistica, a esporsi al rischio di morte? La stessa presente nei rivoluzionari di tutto il mondo. Persone alle quali non interessa la gloria, quale epilogo delle loro azioni antisistema che, invece, li ha condannati in vario modo.
Gli antesignani anarchici, Ted Kaczynski e Luigi Mangione – se confermato – e altri, hanno agito da soli, pregni di essenziali consapevolezze: il valore tempestoso della loro azione nei confronti della bonaccia divanista; il senso di ingiustizia sociale; l’impotenza della virilità urnale; la dimensione della messa in scena, insuperabile nel generare divanisti e tenerli al loro posto a ciucciare l’oppiacea tetta del buon senso e del quieto vivere.
“Il trucco preferito dell’impero è quello di iniziare la documentazione storica nel momento in cui i suoi nemici reagiscono ai suoi abusi”. Caitlin Johnstone
Lorenzo Merlo
Note
https://luogocomune.net/news-internazionali/la-vendetta-di-mr-smith
https://www.iltempo.it/esteri/2024/12/12/news/luigi-mangione-che-giacca-indossava-vendite-dove-si-trova-assicurazioni-sanitarie-41123402/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/29448-algamica-in-vita-di-luigi-mangione.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/12/16/negli-usa-crowdfunding-per-il-presunto-killer-luigi-mangione-raccolti-120mila-dollari-in-meno-di-24-ore/7806612/
http://www.orticaeditrice.it/autori.php?id=74
Da non confondere con Unabomber, identificativo dell’autore o degli autori mai individuati, di atti simili, deliberatamente senza connotati politici dichiarati, tutti compiuti nel nord-est italiano tra il 1990 e il 2000.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-natura-della-violenza
Guido dalla Casa in Andrea Larsen (a cura di), 8 autori su Theodore Kaczynski. Primo saggio critico sull’uomo passato alla storia come Unabomber”, 2023, s.l., s.e., p 17, riferendo uno dei punti essenziali sempre presenti negli scritti di Kaczynski.
Prima di ritirarsi in un rifugio essenziale nascosto tra le foreste del Montana e vivendo in autosufficienza, a 25 era divenuto professore presso l’università di Berkley, a 16 vi era entrato come studente. Era considerato un matematico di primo livello. Kaczynski preferiva utilizzare i termini civiltà industriale o tecnologica o il sistema invece di capitalismo.
https://www.controinformazione.info/caitlin-johnstone-dove-inizia-davvero-laggressivita/