mercoledì 23 agosto 2023

La situazione in Niger al 23 agosto 2023



Purtroppo l'Unione africana non è così contro l'Intervento armato come sembrava dai resoconti dei media mainstream e anche alternativi, sulla base di voci trapelate.  Adesso dopo otto giorni ha pubblicato la sua posizione.

Prosegue la pericolosa saga della crisi nigerina apertasi il 26 luglio con la destituzione del presidente Mohamed Bazoum e la presa del potere a Niamey da parte della giunta denominatasi Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp).

Il Consiglio pace e sicurezza (Cps) dell'Unione Africana (Ua) ha pubblicato la propria posizione, piuttosto salomonica e frutto di compromesso fra gli Stati membri. Per otto giorni, era rimbalzato su tutti i media anche mainstream il mancato avallo da parte Ua delle minacce di intervento armato come quello minacciato dalla Cedeao/Ecowas (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, 15 membri, di cui 5 contrari a ogni intervento  armato). 

Nel testo di tre pagine, il Consiglio «prende nota» della decisione della Cedeao di organizzare una forza di intervento militare in Niger. Al tempo stesso, si riafferma la volontà di privilegiare l'opzione diplomatica e si chiede la nomina di un alto rappresentante per incoraggiare gli sforzi di mediazione.

Inoltre il Consiglio dell'Ua sospende il Niger da tutte le attività fino al ristabilirsi dell'ordine costituzionale e chiede a tutti i paesi di «astenersi da qualunque azione suscettibile di conferire legittimità al regime illegale del Niger».

E fa proprie le sanzioni decise dalla Cedeao, ma chiede di «vegliare alla loro applicazione con criteri di progressività e minimizzare i loro effetti sulla popolazione nigerina». 

Delusione da parte, ad esempio, dei partiti di sinistra del Benin, soprattutto sul capitolo sanzioni: «Abbiamo a che fare con irresponsabili, o venduti. Perché non vengono a vedere alla frontiera i chilometri di camion bloccati e pieni di derrate che si rovinano? Perché non vedono le sofferenze delle popolazioni?». 

Del resto le agenzie umanitarie dell'Onu chiedono che le sanzioni non minino gli interventi umanitari e sottolineano le grandi difficoltà determinate ad esempio dall'interruzione degli approvvigionamenti in energia elettrica da parte della Nigeria. 

Le sanzioni al Niger sono molto più dure di quelle imposte in occasione dei colpi di Stato in Mali, Burkina e Guinea Conakry, rispetto ai quali inoltre non è stato minacciato l'uso delle armi.

Intanto prosegue il braccio di ferro fra la giunta di Niamey e la Cedeao-Ecowas dopo l'incontro dello scorso week end (forse favorito dal Togo). Ieri il mediatore Absulsalami Abubakar, ex capo militare della Nigeria, ha detto che la visita a Niamey era stata «molto fruttuosa: abbiamo iniziato a parlare. Hanno esposto la loro posizione». Aggiungendo che nessuno vuole la guerra. 

Dal canto suo la giunta aveva esposto in tivù il proprio percorso: transizione alla democrazia in tre anni con tappe che saranno decise nelle prox settimane (precisando che anche in Niger nessuno vuole la guerra ma qualora la Cedeao attaccasse non sarebbe una passeggiata).

Ma i tre anni sono davvero troppo per il commissario della Cedeao Abdel-Fatau Musah che alla Reuters ha detto che il ripristino dell'ordine costituzionale e la liberazione del presidente Bazoum devono avvenire prima possibile. E ha precisato che sulla base del risultato delle «discussioni informali in corso» la Cedeao deciderà se mandare un'altra delegazione negoziale a Niamey.

Il Burkina Faso ha ribadito che in caso di attacco aiuterà il Niger e sta inviando camion di derrate nel paese sotto sanzioni.

Intanto in un suo comunicato l'Algeria ha nuovamente ricordato gli esiti nefasti degli interventi militari nella regione. 

Non sono da trascurare le pressioni popolari.  In Niger nel week end si sono susseguite le proteste (anche della diaspora senegalese) contro le minacce Cedeao di intervento armato e contro le sanzioni.

Marinella Correggia



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