Il
5 marzo, sesto anniversario della morte di Hugo Chavez e ultimo
giorno di Carnevale, le persone in coda nell’area collinare
23 vennero per
salutare il loro presidente defunto al Cuartel
de la Montaña (1)
o a passeggiare con bambini mascherati da Carnevale non sembravano
pensare nemmeno lontanamente al golpista di ritorno, Juan Guaidò.
Guaidò?
Arrivato ma non pervenuto
Se
avessero potuto leggere quanto scriveva il Corriere della sera sul
ritorno dell’eroe dei due mondi (quello occidentale e quello dei
governi satelliti latinoamericani),
https://twitter.com/liberazioni/status/1103135945208070146
#Venezuela:
l'aspirante golpista #Guaido
torna tranquillo come una pasqua in Venezuela, incontra stampa e
fan: lo dice il Corriere della Sera. Feroce dittatura? In Italia
un golpista sarebbe in carcere!
|
questi
venezuelani avrebbero chiesto al giornalista Rocco Cotroneo,
corrispondente da Rio de Jaineiro: «Scusa
ma dov’è la feroce dittatura, visto quel che scrivi, e cioè che
questo tipo torna qui, incontra i giornalisti, fa comizi in piazza? A
proposito ci dici quale piazza che non la vediamo?»
Seduta
su un muretto con un gruppo di poeti per diletto vicino a piazza
Bolivar, la nutrizionista Chelia (in realtà ha un nome impossibile
che perfino suo marito ha faticato a imparare: Greselidas, nome
russo, «i
miei erano di sinistra»)
sorride: «L’autoproclamato?
Lasciamolo cuocere nella sua salsa»,
mentre Maria Milagros, padre del Molise, aggiunge: «Devo
fare una piccola opera teatrale su questa storia surreale».
Poi appunto chiedono: «Vedi
che guerra? Vedi come combattiamo fra noi? Vedi come ci opprimono?».
Una
guardia bolivariana loquace e informata sul mondo
Dalla
piazza vicina, musica, giochi per i bambini, danze, voci, schifezze
alimentari (caramelle, zucchero filato coloratissimo) offerte da
ambulanti, un signore scrive intento su una grossa agenda, e quasi
nessuno fotografa, né meno che mai passa l’indice sullo
smartphone.
Dei
social, del resto, parlava male Alfonzo, una guardia bolivariana la
mattina, sulla stessa piazza, discorrendo del mondo per mezz’ora -
con una passante sconosciuta -, con la competenza che molti
venezuelani dimostrano: effetto della biblioteca basica tematica
inventata da Chavez e ora in tempo di penuria di carta proseguita con
i libri usati? Effetto della radio? Di una tivù pubblica che certo
trasmette discorsi dei politici ma anche molta informazione?). Diceva
la guardia addetta ai monumenti, mentre dava informazioni a questo e
quello su come arrivare a omaggiare Chavez: «Internet
ha condannato la Libia».
Anche per lui, il ritorno di Guaidò non è centrale. Ma non gli
farete niente? «Eh,
qui abbiamo scarcerato dopo pochi giorni anche i guarimberos che
avevano appiccato il fuoco a servizi pubblici, e già si dichiaravano
perseguitati...qui si parla di dialogo, paz…»
Non condivide questa politica che molti trovano lassista? Non
risponde e passa a parlare dei poveri gringos
negli Usa che sono «i
più malati del mondo, per come mangiano, per i debiti che hanno».
Ma ne ha anche per i venezuelani «abituati
alla città, il governo dava crediti per lavorare in agricoltura e
magari si comprovano la macchina, il petrolio ha deformato
l’economia»,
e soprattutto per i giovani, che vede un po’ persi, anche loro per
via di Internet: «Fanno
figli a 17 anni, e sono ancora bambini!»
Salva invece l’assenza di xenofobia: «Qui
accogliamo tutti. Dall’Europa distrutta dalle guerre, o gli armeni
vittime degli Ottomani…. E vada a vedere il quartiere dei
tedeschi...»
Ma questi stranieri, sono pro o contro il governo? «In
genere sono per se stessi».
Giulio Santosuosso, matematico ed editore italiano, spiega le virtù
del meticciato così evidente in Venezuela e che, se non preserva dal
razzismo dei bianchi che colpì anche Chavez, relega però la loro
posizione fossile a una infima minoranza piuttosto arroccata. «Ma
quando iniziai a insegnare qui all’università, venti anni prima di
Chavez, i docenti erano tutti bianchi e gli studenti in maggioranza
anche.»
Discorrendo
di nutrizione alternativa, indipendenza alimentare e Fidel/Chavez
Passa
un cane di quartiere, razza mista standard, beige scuro pelo raso:
non ne abbiamo visti di mal messi come in Italia, come è possibile?
E Chelia spiega: «Sono
nutrizionista e per indicare lo stato alimentare di un luogo si usa
l’indice
perro:
quando i cani di strada sono malconci, è indicativo...»
Nutrizionista? Benissimo! Risponde alla domanda su dove si trovano
orti urbani e su perché certi non funzionano, storie di piccoli
poteri e negligenze. Inizia uno scambio di buone pratiche collettive
e individuali di indipendenza alimentare (essiccazione e orto sul
lavello – i germogli – compresi): una condicio sine
qua non
di resilienza e resistenza che qui a causa della monocoltura
petrolifera è stata abbandonata. In pochi – malgrado perfino la
tivù ne parli (il Canal 8 dicono), per ora usano prodotti naturali
ed economici come la moringa, che Fidel usava e Chavez no («non
si curava, non riposava, era stressato, mangiava solo dolci»,
noto comfort
food).
Maximo dice: «Ho
riassunto un testo interessante di Dipak Chopra, Cuerpo
sin edad y mente sin tiempo, ve
lo posso mandare»
(non ha internet a casa, il suo sito utopiahora.gimdo.com non è
aggiornato da mesi…).
La
moringa cresce bene qui, «è
molto nutriente, utile per varie patologie, solo che non la
trasformiamo, manca questo passaggio».
Ma l’ipeinflazione ha indotto cambiamenti? «Un
po’ sì, c’è chi si ingegna a far da sé in casa a partire
dalle materie prime.»
Il punto debole è che l’ortofrutta, alimento importante, costa…
«Dovremmo
produrne di più, con il petrolio hanno abbandonato le campagne
malgrado gli incentivi degli ultimi due decenni»
dice Maximo. Maria Milagro dice: «C’era
l’abitudine di comprare nei porti»
(un’espressione per dire che si importava tutto), «mangiavamo
mele...con tutti gli alimenti che qui crescono benissimo, mio papà
quando mangiò avocado, il burro verde, per la prima volta non
riusciva a smettere!»
Viene in mente Thomas Sankara in Burkina Faso, e il suo motto sul
produrre quel che si consuma e viceversa: «Non
abbiamo bisogno delle vostre mele, mangeremo i nostri manghi!»
Chelia dice anche che l’obesità è un po’ diminuita. Virtù
della penuria, nella quale un lecca lecca venduto da un ambulante
costa quanto un’intera cassa di prodotti sovvenzionati distribuita
mensilmente a sei milioni di famiglie!
Ligia
dice che però il razionamento dell’acqua le pesa, Maria Milagro
osserva: «in
Italia siete abituati a risparmiare risorse»
(beh, non ci conosce!), «qui
si consuma così tanta acqua che non si fa in tempo a depurarla, non
devi bere quella del rubinetto senza farla bollire!».
Troppo comodo però aprire il
grifo
e riempire la borraccia! La nutrizionista poi consiglia: «Se
vai a Barquisimeto, chiedi della pietra tinajero,
gli indigeni la usavano per depurare l’acqua! E’ una pietra
porosa tipo la pomice con la quale è fatto il mio filtro di casa».
E
la spazzatura prodotta, è diminuita? Avevo sentito del 40%… Però
tutti questi sacchetti sottili sottili di plastica... Con tante
soluzioni durevoli... «Hai
ragione, cerchiamo di diffondere anche queste. Vieni il 9 marzo,
abbiamo il Bazar poetico con oggetti di riciclaggio e per non far
rifiuti all’Eje del Buen vivir».
Un parco bellissimo, dove a caro prezzo (per gli stipendi venezuelani
decurtati dall’inflazione) c’è chi beve succhi di frutta e chi
una birra.
In
un paese desertico ben diverso da questo rigoglioso, la rivoluzione
troppo breve degli anni 1980 in Burkina Faso assumeva questa regola:
«Il miglio deve servire prima all’alimentazione che alla
birra, perché tutti devono mangiare tutti i giorni. Se proprio
avanza, si farà la birra, con il miglio locale però».
Il sorriso di Sankara è rimasto, da uno dei poster che campeggiano
nel parco, a ricordare la recente Assemblea dei popoli tenutasi a
Caracas alla fine di febbraio.
Marinella Correggia
(1)
E’ stato impossibile
entrare al Cuartel, malgrado la coda, con la signora Amelia la quale
diceva: «Per quella morte ho pianto giorni. Il giorno
prima lui si congedò da mia sorella...».
Ah, lo conosceva? «Non direttamente: lo sognò».
Sono riusciti a entrare perché registratisi per tempo un gruppo di
militanti della comune de Sucre, come Noris Herrera, che si occupa di
produzione tessile. Da visitare.
...................
Integrazione:
MORALES OMAGGIA HUGO CHAVEZ PER I SUOI SFORZI PER L' INTEGRAZIONE E L' INDIPENDENZA DELL' AMERICA LATINA
P.S. - "Ciao Paolo, ecco qua la mia odierna lettera da Caracas. Purtroppo non ho molto accesso a internet, quindi sono informazioni lente, inoltre non riesco a mandare video. Ho ormai dieci interviste registrate ma non ho tempo per sbobinarle... Domani spero di andare finalmente in una realtà agricola importante, e poi in un palazzo occupato dove si fa anche l'orto, una bella realtà. Sono a casa di Marie-Lizette a Barquisimeto, 6 ore di corrierona da Caracas..."
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