sabato 9 marzo 2019

Iran in turmoil - Grande turbolenza interna nel paese dei pistacchi...


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Iran. Grande turbolenza interna, per quanto poco notata, vista la grancassa con cui la propaganda occidentale ci assorda sulle nefandezze dell’Iran integralista, misogino e terrorista. Noi, con il documentario “Target Iran”, abbiamo provato a intaccare quel cumulo di falsità. Ma falso non è il rinnovato scontro tra quelli che la nostra dotta stampa distingue tra moderati, o innovatori, o riformisti, e conservatori, o radicali, o estremisti”. Si legga la prima categoria come la classe benestante, favorevole all’apertura economica e politica all’Occidente; la seconda, come la popolazione lavoratrice nella produzione industriale e agricola. Con i commercianti del Bazar ondeggianti in mezzo. I primi hanno vinto le ultime elezioni presidenziali con Rouhani, un prete, i secondi si sono affermati grazie alla voce politica e un rilevante progresso sociale, guadagnati nei due mandati dell’amico di Chavez, Ahmadinejad, un laico.

Il botto l’ha fatto il ministro degli esteri Javad Zarif, dimettendosi dopo “l’offesa” di un incontro tra Khamenei, Guida Suprema, il generale Qassem Soleimani, mitico capo dei Pasdaran e Bashar Assad, per la prima volta a Tehran, senza che ne fosse stata data notizia e tanto meno invito a Zarif, ministro degli esteri. Uno sgarbo. Uno schiaffone. Preoccupazione per la sicurezza di Assad, secondo i sostenitori dell’intervento iraniano in Siria, non garantita dal personale di un ambiguo Zarif, e consapevolezza che a questo ministro la Siria e Assad stanno pesantemente sulle gonadi. Poi lo scontro è rientrato, apparentemente e per il momento, con il ritiro delle dimissioni su richiesta dell’amico Rouhani.

Rouhani e più ancora Zarif (educato negli Usa e con due figli tuttora lì), oltre a non aver mai visto di buon occhio l’impegno di Soleimani in Iran e Iraq, sono stati gli artefici della più grande debacle nazionale dall’epoca della rivoluzione khomeinista: l’accordo che ha smantellato un’avanzatissima industria nucleare che, per energia e medicina, arricchendo l’uranio al 20% (per la bomba ci vuole il 90%), avrebbe liberato il paese dalla dipendenza dal petrolio. Un ricatto in cambio della cancellazione delle sanzioni. L’Iran ha mantenuto il suo impegno e, contrariamente alla Corea del Nord, nucleare, può essere minacciato e aggredito quanto pare a Israele e agli Usa. Gli Usa, manco per niente: le sanzioni rimangono, si aggravano e il paese, minacciato di armageddon un giorno sì e l’altro pure, deve essere ridotto alla fame. In attesa che a Netaniahu parta il dito sul pulsante. Fallimento totale della linea Rouhani-Zarif. Arretramento sociale e civile.

Da qui il ritorno possente sulla scena dei sostenitori di Ahmadinejad e della dignità nazionale. Quando l’Iran si faceva rispettare. L’umanità ne ha bisogno, quanto del Venezuela, della Siria, della Libia, della Russia e della Via della Seta, piuttosto che di supereroi tipo bar di Guerre Stellari. 


Se son pistacchi…

Fulvio Grimaldi

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