L’accordo
del governo M5S-Lega con la Repubblica Popolare Cinese sulla “Via
della Seta” è un “giro di valzer”. Le masse popolari italiane
non hanno bisogno né delle grandi opere speculative, inutili e
dannose già in corso nell’ambito dell’UE né di quelle indicate
nella “Via della Seta”, ma di mille opere per mettere in sesto il
territorio, in sicurezza gli edifici, le scuole, gli ospedali e le
strade e di posti di lavoro utili e dignitosi!
Il 22-23 marzo il governo M5S-Lega ha sottoscritto il memorandum sulla “Via della Seta” con il governo della Repubblica Popolare Cinese (RPC) diretto dal presidente Xi Jinping e ha siglato 29 “intese commerciali e istituzionali”. Di Maio e il governo Conte hanno imbastito una grande messa in scena sull’avvenimento, per far risalire il consenso per il M5S nell’opinione pubblica. In realtà il memorandum e le 29 “intese commerciali e istituzionali” sono solo delle generiche dichiarazioni di intenti, non vincolanti: delle dieci intese commerciali, solo due sono dei contratti.
Le prese di posizione dei gruppi imperialisti USA e franco-tedeschi contro la sottoscrizione del memorandum non poggiano sul timore che il governo M5S-Lega diventi un alleato strategico della RPC: la prova di sé data dal governo con l’Unione Europea e la BCE in occasione della Legge di Bilancio 2019, ha mostrato chiaramente che esso non ha la volontà, e d’altronde non si sta dando i mezzi, di rompere con la Comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti. Gli imperialisti USA hanno cercato di impedire la sottoscrizione del memorandum perché è una delle mosse fatte dal rivale cinese per estendere la propria influenza finanziaria e politica in Europa. Di certo gli imperialisti USA si legheranno al dito questo atto di “lesa maestà” da parte del governo M5S-Lega, che segue il non riconoscimento del golpista Guaidò (loro fantoccio) come presidente del Venezuela e che mina ulteriormente la loro egemonia. L’ostilità dell’Unione Europea e della BCE alla firma del memorandum da parte dell’Italia poggia su motivazioni analoghe: i gruppi imperialisti franco-tedeschi vogliono difendere il loro “spazio vitale” dal rivale cinese e, allo stesso tempo, tenere per sé la “parte del leone” degli affari con la RPC: Germania, Francia e Gran Bretagna sono infatti i paesi europei che hanno maggiori rapporti commerciali e finanziari con la RPC!
Gli attacchi delle Larghe Intese (PD e il Partito di Berlusconi) nei confronti del governo M5S-Lega per la sottoscrizione dell’inconsistente memorandum, l’insistenza di Mattarella sulla “reciprocità” e sulle “problematicità da superare” nel rapporto commerciale con la RPC e, infine, le plateali “prese di distanza” di Matteo Salvini, sono a loro volta solo sceneggiate da “teatrino della politica borghese”.
Le relazioni politiche, finanziarie e commerciali tra l’Italia e la RPC esistono infatti da tempo e sono state sviluppate proprio dai governi delle Larghe Intese sotto la direzione del Vaticano. In particolare furono Berlusconi e Prodi a svolgere un’intensa opera di “tessitura”, proseguita dai governi Letta, Renzi e Gentiloni. Lo stesso Mattarella si recò in Cina nel 2017. A loro volta altri due presidenti cinesi vennero in Italia: Jiang Zemin (1999) e Hu Jintao (2012). Inoltre, è sempre sotto i governi delle Larghe Intese che un numero consistente di aziende e di banche italiane hanno iniziato ad investire in Cina ( Leonardo, Fincantieri , Ansaldo Energia , ENEL, ENI, Iveco, Piaggio, gruppo Zambon, Magneti Marelli, Unicredit, Intesa Sanpaolo, ecc.) e che gli investimenti cinesi in Italia sono diventati significativi (Pirelli, Ansaldo elettrica, Telecom Italia, Enel, FCA, Generali, Terna, Cdp Reti, Inter, Milan, Ferretti, Esaote Biomedica, Berio, Krizia, Candy, ecc.). I dodici Istituto Confucio presenti nel nostro paese sono sorti sempre in questo lasso di tempo: non sono spuntati fuori ora come funghi dopo la pioggia!
Lo sviluppo delle relazioni con la RPC risponde ai bisogni dei gruppi imperialisti italiani di fare affari per uscire dalla morsa della crisi (i gruppi imperialisti USA ed europei non fanno che erodere spazio) ed è promosso dal Vaticano. Questi cerca di ristabilire la propria ingerenza in Cina, alla quale aveva posto fine la Repubblica Popolare Cinese, nata nel 1949 sotto la direzione del PCC guidato da Mao Tse-tung. Il Vaticano ha già raggiunto un accordo con il governo della RPC sulla nomina dei vescovi (in RPC esisteva una Chiesa fedele al Vaticano ma non riconosciuta dal governo e una Chiesa Patriottica i cui vescovi non erano nominati dal Vaticano ma dalla Chiesa cinese stessa con l’accordo del governo della RPC del quale riconoscono l’autorità). Con Bergoglio le missioni diplomatiche e l’invio di emissari papali a Pechino sono aumentate (l'ultima missione di emissari papali risale al dicembre 2018 e a monsignor Claudio Maria Celli il governo della RPC ha consentito, cosa inedita, di visitare ufficialmente una diocesi; inusuale è anche l'invito del governo di Pechino a un capo dicastero vaticano, il cardinale Gianfranco Ravasi, per inaugurare a maggio 2019 il padiglione della Santa Sede (all'Expo sull'orticoltura!)).
In sintesi: quella che da Di Maio e dai vertici del M5S viene presentata come una grande operazione politica ed economica frutto del governo e in particolare del M5S, in realtà è un’operazione che si inserisce nel solco tracciato dalle Larghe Intese, è benedetta dal Vaticano ed è sostenuta dalla grande borghesia italiana. È un’operazione di continuità e non di rottura con il corso delle cose promosso dalle Larghe Intese e dai vertici della Repubblica Pontificia. Non bisogna farsi confondere dalle scaramucce con gli imperialisti USA e con l’UE e BCE, simili alle punture di spillo in occasione della Legge di Bilancio 2019!
Ma qual è il grande progresso economico e finanziario che i promotori della “Via della Seta” promettono? Non è altro che la moltiplicazione di grandi opere speculative, inutili e dannose stile TAV, TAP, Terzo Valico, ecc. Con la “Via dalla Seta” l’Italia diventerebbe il porto dove arriverebbero le merci cinesi destinate ai mercati del Nord Europa: i porti di Trieste, Genova e Palermo diventerebbero, alla stregua di come è già oggi il porto del Pireo (Grecia) acquistato in buona parte dai cinesi, i punti di arrivo di un enorme quantitativo di merci, con un aumento vertiginoso delle infrastrutture necessarie per il carico e scarico delle navi, per il deposito delle merci in arrivo, per il loro smistamento e la loro distribuzione (autostrade, TAV, aeroporti, ecc.). In breve, un grande traffico di merci, opere e turisti, a tutto danno dell’ambiente e della popolazione cacciata dalle città per dare spazio alle opere speculative e al turismo!
La “Via della Seta” favorirà dunque l’accumulazione di denaro da parte di speculatori e capitalisti e accrescerà la devastazione del territorio e dell’ambiente. Non è di questo che il nostro paese necessita. Non sono decine e centinaia di TAV che servono alle masse popolari. Il territorio non deve essere usato come area in cui costruire strade per trasportare merci e materie prime nel maggiore quantitativo possibile e nel modo più rapido possibile, come aree di supporto logistico per il trasporto di merci. Il territorio deve essere usato in funzione del benessere di chi ci vive! Servono scuole, ospedali, abitazioni ed edifici pubblici sicuri, mezzi e risorse per la manutenzione di ponti, strade e ferrovie, per trasformare in treni i “carri bestiame” su cui viaggiano oggi i pendolari, per rinnovare bus e tram e potenziare il trasporto pubblico urbano in modo da ridurre il traffico automobilistico, ecc.
La via da seguire è quindi quella indicata dai comitati contro le grandi opere inutili che hanno manifestato il 23 marzo a Roma, non la “Via della Seta”! L’esultanza di Di Maio e dei vertici del M5S per la “Via della Seta” è l’esultanza di chi concepisce lo sviluppo economico del nostro paese a colpi di opere speculative, grandi opere e devastazione dell’ambiente e del territorio! La “Via della Seta” comporterebbe inoltre la dipendenza economica e finanziaria del nostro paese anche dalla RPC. Per la sovranità nazionale la difesa dell’apparato produttivo del nostro paese è invece fondamentale. Contro la “morte lenta” delle aziende, la delocalizzazione, ecc. lottare contro capitalisti italiani offre maggiori possibilità di manovra, pressione, ricatto, ecc. che lottare contro una multinazionale: ad un capitalista italiano il governo può sequestrare beni e proprietà che ha nel nostro paese, bloccare il denaro che ha in banca, interrompere le commesse da parte dello Stato o non pagargli i lavori svolti per lo Stato, arrestarlo, ecc.!
Chi spera nella Repubblica Popolare Cinese per “uscire dalla crisi” o addirittura dal capitalismo è fuori strada. La RPC dal 1976, con il colpo di mano di Teng Hsiao-ping è entrata nella fase della restaurazione graduale e pacifica del capitalismo. La RPC non svolge (come hanno invece fatto l’URSS di Lenin e Stalin e la RPC di Mao Tse-tung) il ruolo di “base rossa” della rivoluzione proletaria mondiale: non sostiene il movimento comunista dei paesi imperialisti e dei paesi oppressi, la loro lotta contro il capitalismo e la colonizzazione, per l’instaurazione del socialismo.
I dirigenti della RPC, nipotini di Teng Hsiao-ping, hanno abbandonato la costruzione del socialismo e perseguono l’obiettivo, come prima di loro Kruscev e Breznev hanno fatto alla testa dell’URSS, della “competizione pacifica con il capitalismo” e della selezione dei dirigenti non sulla base dei risultati nella costruzione del socialismo ma solo dei risultati economici, in una situazione però in cui il capitalismo non è più nella fase di ripresa dell’accumulazione di capitale (come lo era nel periodo 1945-1975) ma è immerso nella sua seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Nella competizione con i gruppi imperialisti USA, i dirigenti della RPC sfruttano a loro vantaggio questa situazione di crisi generale del capitalismo giovandosi delle numerose istituzioni che hanno ereditato dalla fase di costruzione del socialismo nella RPC durata dal 1949 al 1976 (in particolare: 1. vasta economia pubblica, 2. direzione centralizzata dell’economia secondo un piano nazionale, 3. ricerca scientifica e tecnologica libera da brevetti e proprietà privata delle scoperte, 4. buon livello di istruzione dei lavoratori).
La RPC è a livello mondiale il maggiore sostegno economico e finanziario per tutti gli Stati e i gruppi che resistono alle scorrerie e alle aggressioni dei gruppi e degli Stati della comunità internazionale capeggiata dai gruppi imperialisti USA. Ma il grande sviluppo economico della RPC e la sua espansione economica, finanziaria e in una certa misura anche culturale nel mondo, non la rende un’efficace alternativa all’imperialismo americano: è semplicemente un suo concorrente per il dominio del mondo.
Solo le masse organizzate possono ricostruire il nostro paese e il primo paese imperialista che romperà le catene della comunità internazionale dei gruppi imperialisti mostrerà la via e aprirà la strada anche alle masse popolari del resto del mondo.
L’unica via d’uscita dal marasma in cui la borghesia ci ha trascinato è mobilitare e organizzare in ogni azienda capitalista gli operai più avanzati e in ogni azienda pubblica i lavoratoripiù avanzati affinché si occupino della loro azienda, della sua difesa contro “morte lenta”, smantellamento, delocalizzazione, per il suo miglioramento (maggiore sicurezza, migliore qualità del lavoro, assunzione di nuovi lavoratori) e per rendere l’azienda, passo dopo passo, centro politico e sociale del territorio in cui è inserita, un punto di riferimento per le masse popolari della zona, un punto da cui promuovere mobilitazione, organizzazione, coordinamento e per la ricostruzione dei servizi pubblici: istruzione, assistenza sanitaria, previdenza sociale, trasporti, manutenzione del territorio urbano e rurale, delle infrastrutture e delle costruzioni pubbliche e private, risanamento ambientale e climatico, ecc.
Questa è la forza decisiva per ricostruire il nostro paese, per costituire un Governo di Blocco Popolare, per conquistare la sovranità nazionale e difenderla dagli attacchi della comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti e per avanzare verso l’instaurazione del socialismo!
Solo un paese che sa stare sulle proprie gambe, il cui governo gode di un forte sostegno da parte degli operai e dei lavoratori organizzati, può sfruttare anche in modo spregiudicato a proprio vantaggio, senza mettere a rischio la propria sovranità nazionale e indipendenza, tutte le contraddizioni presenti tra gruppi imperialisti e tra gruppi imperialisti e paesi le cui Autorità non sono asservite ai loro voleri (Venezuela, Iran, Cuba, Corea del Nord, Nicaragua, Siria, Libano, Mozambico, Eritrea e altri) o sono loro concorrenti (Russia, RPC).
Questa è la via a cui i comunisti devono lavorare. A questo il (nuovo) Partito comunista italiano chiama tutti i comunisti e tutti i progressisti.
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