venerdì 19 dicembre 2014

La schiavitù in America... tutto comincia con Cristoforo Colombo ed i suoi "marrani"




La storia degli schiavi d’America inizia con Cristoforo Colombo.
Il suo viaggio verso le Americhe non fu finanziato dalla Regina
Isabella, ma da Luis de Santangelo, che gli anticipò la somma di
17.000 Ducati (circa 5.000 sterline dell’epoca e circa 50.000 sterline
di oggi) per finanziare il viaggio, che iniziò il 3 Agosto 1492.

Colombo era accompagnato da cinque «marrani» (ebrei che avevano
ripudiato la loro religione per diventare apparentemente cattolici),
Luis de Torres (interprete), Marco (il chirurgo), Bemal (il medico),
Alonzo de la Calle e Gabriel Sanchez (da: The International Jew
(l’ebreo internazionale) di Henry Ford).

Gabriel Sanchez, spalleggiato dagli altri quattro ebrei, paventò a
Colombo l’idea di catturare 500 indigeni e venderli come schiavi a
Siviglia (Spagna), cosa che avvenne.

Colombo non ricevette niente del denaro derivante dalla vendita degli
schiavi ma divenne vittima di un complotto orchestrato da Bemal, il
medico della nave. Il premio di Colombo fu patire ingiustizia e
galera, tradito dai cinque marrani (ebrei) ai quali aveva dato fiducia
e aiuto. Questo fu ironicamente l’inizio della schiavitù nelle
Americhe (da: Adventures of an African Slaver (avventure di un
negriero africano) di Malcolm Cowley, 1928, pag.11)

Gli ebrei furono espulsi dalla Spagna il 2 Agosto 1492 e dal
Portogallo nel 1497. Molti di questi ebrei emigrarono in Olanda dove
fondarono la Compagnia Olandese delle Indie Occidentali per sfruttare
il nuovo mondo.

Nel 1654, Jacob Barsimson fu il primo ebreo ad emigrare dall’Olanda
verso New Amsterdam (New York) e nel decennio successivo molti altri
lo seguirono, installandosi luna la costa orientale, principalmente a
New Amsterdam e Newport nel Rhode Island.

Ordinanze del Governatore Peter Stuyvesant proibivano loro di eseguire
attività nell’economia locale, così scoprirono presto che il
territorio abitato dagli indiani sarebbe stata una terra fertile. Non
vi erano leggi che proibivano agli ebrei di commerciare con gli
indiani.

Il primo ebreo che iniziò a commerciare con gli indiani fu Hayman Levy
che importava perline di vetro di basso valore, tessili, orecchini,
bracciali e altri ornamenti di basso costo dall’Olanda e che venivano
scambiati per pellicce di valore. Hayman Levy venne presto raggiunto
dagli ebrei Nicholas Lowe e Joseph Simon.

Lowe concepì l’idea di vendere rum e whiskey agli indiani e creò una
distilleria a Newport dove venivano prodotti entrambi i liquori. Nel
giro di poco tempo vi erano 22 distillerie a Newport, tutte di
proprietà di ebrei, che producevano e vendevano «acqua di fuoco». La
vicenda della corruzione degli indiani ed i relativi massacri da parte
dei primi coloni, è una drammatica storia nella storia.

E’ essenziale capire il porto marittimo di Newport. E’ importante per
individuare il coinvolgimento ebraico nel commercio degli schiavi. Ci
fu un periodo dove esso era comunemente denominato come « La Newport
ebraica – centro mondiale del commercio di schiavi». In tutto, a
quell’epoca, vi erano in Nord America sei comunità ebraiche: Newport,
Charleston, New York, Philadelphia, Richmond e Savannah.

C’erano anche molti altri ebrei sparsi sull’intera costa orientale,
sebbene New York era al primo posto come coloni ebrei e Newport il
secondo.

New York era anche il luogo di principale provenienza di carne Kasher
che riforniva gli insediamenti americani, le Indie Occidentali ed
anche il Sud America.Newport divenne poi il principale e divenne anche
il grande porto commerciale della costa orientale del Nord America. Vi
si incontravano navi provenienti da altri porti per lo scambio delle
merci. Come già detto prima, Newport rappresentava il luogo più
importante per il commercio di rum, whiskey e liquori. E per
concludere, divenne il principale centro di traffico di schiavi. Era
da questo porto che le navi salpavano e attraversavano l’oceano per
andare a raccogliere il loro carico umano nero e guadagnarne parecchio
denaro dalla loro vendita.

Un autentico ed autorevole rapporto contemporaneo afferma che di 128
navi negriere, che ad esempio scaricarono a Charleston nel giro di un
anno, il loro carico su 120 di queste era firmato da ebrei di Newport
e Charleston col loro proprio nome.
Per quanto riguarda le restanti navi, sebbene entrarono nei porti di
Boston, Norfolk e Baltimora, si può presumere che i veri proprietari
fossero gli stessi trafficanti ebrei di schiavi di Newport e
Charleston.
Si può essere in grado di determinare l’entità dell’intero traffico
ebraico di Newport se si considera il coinvolgimento di un ebreo, il
portoghese Aaron Lopez che riveste un ruolo importante in tutta la
storia degli ebrei e della schiavitù.

Per quanto riguarda l’intero commercio nelle Colonie e nel successivo
stato del Rhode Island (che includeva Newport), polizze di carico,
concessioni, ricevute e sdoganamenti portuali portavano la firma
dell’ebreo Aaron Lopez. Tutto ciò avvenne fra il 1726 ed il 1774. Egli
aveva pertanto sotto il suo personale controllo più del 50% di tutti i
commerci per oltre 50 anni. A parte questo, egli era proprietario
anche di altre navi ma che salpavano sotto altri nomi.

Aaron Lopez e la sua famiglia arrivarono a Newport da New York e
proveniente da Lisbona (Portogallo). Lopez arrivò nel nuovo mondo come
membro di una famiglia di «Marrani» col nome cattolico di «Don Duarte
Lopez». Lopez cambiò immediatamente il nome cattolico con quello
ebraico di Aaron e si sottopose alla circoncisione rituale. Nel giro
di 20 anni Lopez possedeva o aveva interessi in oltre 80 bastimenti
navali. Lopez fu anche uno dei primi fondatori e contribuenti della
Sinagoga di Touro e alla fine della sua vita fu riconosciuto come uno
dei «Principi del Commercio» dell’America degli albori. I suoi
interessi commerciali includevano rum, melassa, merci secche e schiavi
africani.

Nel 1749 fu fondata la prima Loggia Massonica. 90% dei membri di
questa prima loggia, quattordici, erano ebrei e si sa che venivano
accettate solo persone cosiddette «in vista». Venti anni dopo fu
fondata la seconda Loggia «King David» ed è un fatto che tutti i suoi
membri fossero ebrei.

Nel frattempo l’influenza ebraica a Newport raggiunse proporzioni tali
che il Presidente George Washington decise di far loro visita. Al suo
arrivo, entrambe le logge massoniche inviarono un loro emissario, un
ebreo di nome Moses Seixas, per rivolgersi il Presidente con una
petizione nella quale gli ebrei di Newport dichiaravano:

«Se permette i figli di Abramo si rivolgono a lei con una richiesta e
dirle che la onoriamo e sentiamo un alleanza. Fino ad ora i preziosi
diritti di un libero cittadino sono stati mantenuti. Tuttavia ora
vediamo insediarsi un nuovo governo basato sulla sovranità del popolo,
un governo che non approva alcun fanatismo e nemmeno la persecuzione
degli ebrei ma piuttosto che conceda la libertà di pensiero che
chiunque condivide, indipendentemente dalla nazionalità o dalla
lingua, come parte della grande macchina di governo».

Le famiglie di Moses Levy e di Moses Seixas vivevano entrambe in un
ampia villa coloniale di Newport al N° 29 di Touro Street. Seixas era
un membro fondatore della più antica loggia massonica ebraica del
paese (King David a Newport) e Gran Maestro dell’Ordine Massonico del
Rhode Island. Seixas era noto come il cassiere della Bank of Rhode
Island.

Presidente della Sinagoga di Touro al tempo della visita di George
Washington e della lettera alla congregazione, Seixas formò anche la
Convenzione della Circoncisione (B’rith Milah). Il mercante e uomo
d’affari in vista Moses Levy di New York e Newport apparteneva ad una
delle tante famiglie ebraiche ashkenazite di Newport a quell’epoca.

Levy possedeva la villa in Touro Street e ne cedette la proprietà a
Moses Seixas nel 1792.

A questo punto è necessario considerare le rivelazioni su chi in
realtà ottenne questa leggendaria libertà in America in occasione
della fondazione dell’Unione. La cosa certa è che la provincia divenne
indipendente e si separò dalla giurisdizione inglese. Comunque, dalla
petizione che Moses Seixas presentò al Presidente Washington a nome
degli ebrei di Newport possiamo vedere che in realtà non era questo
tipo di libertà che essi avevano in mente. Essi erano più preoccupati
per se stessi e per i «loro propri diritti civili» che erano stati
negati.
Pertanto, in seguito alla guerra rivoluzionaria, agli ebrei furono
accordati eguali diritti e liberati da ogni restrizione. E i neri?

Nonostante la guerra rimasero schiavi! Nell’anno 1750 un sesto della
popolazione di New York era negroide e nelle zone meridionali del
paese essi superarono di numero gli altri ma la proclamazione della
libertà non li toccò. Più avanti ne riparleremo.

Il testo della petizione:

«Sir: consenta ai figli della progenie di Abramo di accoglierla con il
più cordiale affetto e stima per la vostra persona e per i suoi meriti
e di unirci ai nostri concittadini nel darle il benvenuto a Newport.
Privati come lo siamo stati finora degli inestimabili diritti di
liberi cittadini, deteniamo finalmente, con un profondo senso di
gratitudine al Grande Onnipotente, un governo eletto dalla sovranità
del popolo, un governo che non da spazio al fanatismo e nessun aiuto
alla persecuzione ma che generosamente consente a tutti la libertà di
coscienza e immunità di cittadini ritenendo chiunque proveniente da
qualsiasi nazione e lingua di essere parte della grande macchina
governativa.
Questa così ampia ed estesa Unione Federale la cui base è la
filantropia, fiducia reciproca e virtù pubblica, non possiamo che
riconoscerla come essere il lavoro del grande Dio che governa gli
eserciti del cielo e fra gli abitanti della terra, facendo ciò che gli
sembra buono.
Per tutte le benedizioni della libertà civile e religiosa di cui
usufruiamo sotto un amministrazione egualitaria e benevola,
desideriamo inviare i nostri ringraziamenti all’Antico dei Giorni al
Preservatore degli uomini, implorandolo che gli angeli che hanno
guidato i nostri antenati attraverso le terre selvagge nella terra
promessa, possano compassionevolmente accompagnarvi attraverso le
difficoltà e i pericoli di questa vita mortale e quando come, Joshua,
pieno di giorni e di onori, andrà ad unirsi ai suoi padri, possiate
voi essere ammesso in paradiso a condividere l’acqua della vita e
l’albero dell’immortalità.
Fatto e firmato su ordine della Congreazione Ebraica di Newport, Rhode
Island, 17 Agosto 1790 Moses Seixas, Warden»

Esaminiamo attentamente da vicino questo fosco lavoro che diede agli
ebrei influenza e potere, cosi da poter comprendere il commercio degli
schiavi; visto che è stato scritto tanto da allora da zelanti
scrittore ebrei, che al momento, lungi dall’essere rimosso, potrebbe
sembrare naturale considerato che l’elemento tempo ha la tendenza a
rendere le cose nebulose. Seguiamo il viaggio di una nave, di
proprietà di un mercante di schiavi, Aaron Lopez, che fece diversi
viaggi verso la costa africana.

Ad esempio, nel mese di Maggio del 1752, la nave «Abigail» era
equipaggiata con circa 9.000 galloni di rum (circa 34.000 litri), una
gran quantità di ceppi e catene di ferro per mani e piedi, pistole,
polvere da sparo, sciabole ed un sacco di chincaglierie senza valore e
sotto il comando del ebreo Capitano Freedman, salpò per l’Africa.

L’equipaggio era composto soltanto da due secondi e sei marinai. Tre
mesi e mezzo dopo approdarono sulla costa africana. Nel frattempo era
stata allestita un Agenzia Africana, da parte dei mercanti ebrei di
schiavi, che li aveva raccolti e preparati per la vendita. Questa
organizzazione ben sviluppata in Africa, aveva molte ramificazioni,
inclusi i capi dei gruppi, dei villaggi ecc. Questo metodo per
accaparrarsi i servizi dei capi-tribù nel commercio ebraico di schiavi
era simile a quello che gli ebrei avevano usato con gli indiani.

All’inizio si presentavano loro con del rum e presto cadevano in un
delirio alcolico. Quando la polvere d’oro e le forniture di avorio si
esaurirono furono costretti a vendere i loro famigliari, le mogli e
poi le loro proli. Dopodichè iniziarono guerre tribali fra di loro,
orchestrate e gestite per lo più dagli ebrei e se venivano catturati
dei prigionieri, questi venivano scambiati in cambio di rum, munizioni
e armi che a loro volta venivano usati in campagne per catturare altri
neri.

I neri catturati venivano legati due a due e condotti dalle selvagge
foreste verso la costa. Queste marce forzate richiedevano settimane e
molti di loro si ammalavano e cedevano dalla stanchezza. Molti erano
incapaci di rialzarsi nonostante l’uso della frusta per indurli a
rimettersi in piedi. Venivano lasciati a morire o a essere divorati
dalle belve feroci. Non era insolito vedere le ossa dei morti
biancheggiare al sole tropicale, un triste e crudele monito per coloro
che avrebbero in seguito percorso lo stesso sentiero.

E’ stato calcolato che i neri che riuscivano a superare queste
durezze, considerando che c’era ancora il viaggio attraverso l’oceano,
prima che raggiungessero il suolo americano, nove su dieci morivano! E
se consideriamo che vi era un esodo di UN MILIONE di schiavi neri
all’anno, allora, e solo allora, possiamo valutare che cosa
rappresentasse l’esodo del popolo africano.

Al momento l’Africa è poco popolata, non tanto a causa del milione di
persone letteralmente strappate alle loro capanne, ma per via dei
cinque a nove milioni che non raggiunsero mai la loro destinazione.
Una volta raggiunta la costa, gli schiavi neri venivano raggruppati
insieme e incatenati per tenerli fino all’arrivo della nave
successiva.

Gli agenti, molti dei quali ebrei, che rappresentavano il Capo,
iniziarono a trattare col capitano. Ogni nero veniva personalmente
presentato a questi. Ma i capitani avevano imparato ad essere
sospettosi. Il nero doveva muovere le dita, le braccia, le gambe e
l’intero corpo per assicurare che non avesse fratture. Perfino i denti
venivano esaminati.
Se mancava un dente il prezzo scendeva. Molti agenti ebrei sapevano
come curare i neri ammalati usando medicine per poi venderli come
sani.
Ogni nero veniva valutato circa 100 galloni di rum (circa 380 litri),
100 libre di polvere di sparo (circa 45 kili) oppure in contanti fra i
18 e i 20 dollari. Le annotazioni di un capitano ci informano che il 5
Settembre 1763 un nero venne a costare 200 galloni di rum (circa 760
litri) a causa delle varie offerte da parte degli agenti che fecero
rialzare il prezzo.

Donne al di sotto dei 25 anni, gravide o meno, avevano lo stesso metro
di misura se erano belle e piacenti. Tutte quelle sopra i 25 anni
perdevano il 25% del valore.

Va peraltro detto che quei neri che venivano acquistati sulla costa
africana per un prezzo che andava dai 20 ai 40 Dollari, venivano poi
rivenduti dagli stessi mercanti di schiavi per 2.000 Dollari. Questo
da un idea di come gli ebrei abbiano potuto ammassare così tante
ricchezze.

Tramite il baratto, il Capitano Freedman pagava il conto sia con merce
che in contanti. Egli ricordò anche alcuni consigli che gli diedero i
suoi capi ebrei prima di partire da Newport per l’Africa: «versa nel
rum quanta più acqua tu possa». In questo modo i capi tribù neri
venivano imbrogliati due volte dagli ebrei di Newport!

Il passo successivo era quello di tosare i capelli dei neri catturati.
Dopodichè venivano legati e marcati a fuoco, sia sulla schiena che su
un fianco in modo da identificarli coi loro padroni. Ora lo schiavo
nero era di proprietà dell’acquirente ebreo. Se scappava veniva
identificato. In base alla procedura c’era una celebrazione d’addio.
Ad esempio c’erano intere famiglie che venivano portate dall’interno
sulla costa e poi separate dal compratore, il padre andava su una
nave, i figli e le figlie su un’altra. Queste celebrazioni «d’addio»
erano solitamente piene di commozione, lacrime, drammi e tristezza. Il
giorno seguente iniziava il trasporto dalla terraferma alla nave.

Si trasportavano da 4 a 6 neri alla volta su una barca a remi verso la
nave. Ovviamente i mercanti di schiavi sapevano di quanto i neri
amassero la loro terra più di qualsiasi altra cosa e non si poteva
fare altro che costringerli ad abbandonarla. Così, alcuni neri si
tuffavano in acqua. Ma i guardiani erano preparati con cani feroci e
ripescavano i fuggitivi. Altri neri preferirono annegare. Chi risaliva
a bordo ancora vivo, veniva spogliato. Si presentava allora un'altra
possibilità per saltare fuori bordo e raggiungere la terraferma e la
libertà. Ma i mercanti di schiavi erano duri e senza pietà, erano più
interessati a fare arrivare in America il loro carico nero col minor
numero di perdite possibile. Perciò, ad un fuggitivo ripreso venivano
tagliate entrambe le gambe davanti agli occhi degli altri neri in modo
da restaurare «l’ordine».

A bordo della nave i neri venivano divisi in tre gruppi. Gli uomini
venivano sistemati in una parte della nave. Le donne in un altro, in
modo che il voglioso Capitano potesse accedere alle più giovani e alle
più avvenenti. I bambini rimanevano sul ponte, coperti da uno straccio
durante il cattivo tempo. In questo modo la nave negriera procedeva
nel suo viaggio verso l’America. In genere le navi erano troppo
piccole e non tutte idonee a trasportare persone. Erano equipaggiate a
malapena per trasportare animali ai quali i neri venivano equiparati.
In uno spazio alto un metro, queste sfortunate creature venivano
sistemate in posizione orizzontale e pigiati insieme. Per lo più erano
incatenati fra di loro. In questa posizione dovevano rimanere per tre
mesi, fino alla fine del viaggio, Raramente vi era un capitano che
simpatizzasse con loro o mostrasse un minimo di pietà per queste
povere creature. Di tanto in tanto venivano portati a gruppi sul ponte
per respirare aria fresca, sempre incatenati.

In qualche modo questi neri erano sacrificabili e soffrirono molto.
Talvolta uno impazziva uccidendo l’altro che gli stava appiccicato.
Venivano loro tagliate le unghie in modo che non si graffiassero e si
lacerassero fra di loro.

Le lotte più orribili avvenivano fra uomini per acquisire un
centimetro o due di spazio più comodo. Era allora che il guardiano
degli schiavi arrivava con la frusta. E’ impossibile descrivere
l’orrore inimmaginabile degli escrementi umani nei quali vivevano
queste persone durante il loro viaggio.

Nei locali delle donne prevalevano le stesse condizioni. Esse davano
alla luce i bambini restando coricate appiccicate una all’altra. Le
nere più giovani venivano costantemente violentate dal capitano e
dall’equipaggio dando inizio ad un nuovo tipo di mulatti non appena
arrivavano in America.

In Virginia, o in qualsiasi altra città portuale meridionale, gli
schiavi venivano trasferiti sulla terra e venduti immediatamente.
Aveva luogo una regolare asta, seguendo il metodo di acquisto in Africa.
Chi offriva di più otteneva «la merce». In molti casi, a causa
dell’indescrivibile mancanza di igiene, c’erano neri che si ammalavano
durante il viaggio dall’Africa all’America. Diventavano
inutilizzabili.
In tal caso il capitano accettava qualsiasi prezzo. Era raro affidarli
a qualcuno perché nessuno voleva comprare un nero ammalato, così non
c’è da sorprendersi quando un medico ebreo senza etica intuiva una
nuova forma di guadagno, acquistando il nero malato per una cifra
bassa, lo curava e poi lo vendeva per una cifra importante. A volte il
capitano veniva lasciato con alcuni neri per quali non trovava un
acquirente.
In quel caso ritornava a Newport e li vendeva agli ebrei per lavori
domestici poco pagati. In altri casi il proprietario ebraico delle
navi se ne impadroniva lui stesso. E’ questo il motivo per il quale
nella città di Newport e nei suoi sobborghi vi erano 4.697 schiavi
neri nel 1756.

La schiavitù non si estese al Nord. Inoltre, in molte colonie
nordamericane, la schiavitù era strettamente proibita. La Georgia
venne messa in discussione, probabilmente anche Filadelfia. E ancora
una volta furono gli ebrei a trovare un sotterfugio che aveva dato
loro la libertà a seguito della guerra rivoluzionaria e che ora
stavano elaborando per rendere legale il commercio degli schiavi.

Bastava soltanto leggere i nomi di quelle persone a Filadelfia che
richiedevano la eliminazione delle leggi esistenti sul commercio degli
schiavi. Essi erano gli ebrei:
Sandiford, Lay, Woolman, Solomon e Benezet.

Questo spiegava tutto! Ma ritorniamo alla nave degli schiavi «Abigail».
Il suo capitano, e lo leggiamo dal suo diario di bordo, fece notevoli
guadagni. Vendette tutti i suoi neri in Virginia, investì del denaro
in tabacco, riso, zucchero e cotone e ritornò a Newport dove
immagazzinava le sue merci.

Apprendiamo dal diario del Capitano Freedman che la «Abigail» era una
piccola nave e poteva ospitare solo 56 persone.
Riuscì tuttavia a guadagnare in un solo viaggio 6.621 Dollari che
consegnò al proprietario della nave: tale Aaron Lopez Le sorprendenti
somme di denaro acquisite dai proprietari ebrei delle navi e dai
trafficanti di schiavi vengono meglio illustrate quando mettiamo in
evidenza i molti anni durante i quali questi acquisti e vendite di
carne umana furono praticati.

Prima del 1661 tutte le colonie avevano leggi che proibivano la
schiavitù. Fu proprio in quell’anno che gli ebrei divennero abbastanza
potenti da determinare l’abrogazione di queste leggi e così la
schiavitù iniziò in modo serio.

Gli ebrei avevano capito che i coloni avevano bisogno di ulteriore
mano d’opera per fare i lavori di bonifica dei campi, per la
costruzione di case ed in generale per effettuare i raccolti. Ciò era
particolarmente vero negli stati del Sud ai quali ci riferivamo prima.
I sudisti avevano ampie zone di suolo fertile adatto al riso, cotone,
tabacco e canna da zucchero. All’inizio venivano reclutati gente
povera di origine europea.
Le porte delle prigioni inglesi furono aperte e prigionieri di guerra
dall’Inghilterra e dall’Olanda furono portati nelle colonie, fatti
lavorare finché avevano ripagato il costo del loro trasporto via nave
e poi lasciati liberi.

Non ci volle molto per un ebreo scoprire ciò che stavano facendo i
suoi fratelli, così un gruppo di ebrei si installò a Charleston
(Carolina del Sud) dove impiantarono distillerie per fare rum e
whiskey. Anche loro impararono che potevano trattare con i nativi
della costa occidentale dell’Africa in cambio di avorio, così diverse
navi furono acquistate ed inviate in Africa, commerciando le solite
perline di vetro e chincaglieria senza valore in cambio di avorio il
quale, tuttavia, richiedeva poco spazio a bordo della nave. Capitò che
questi mercanti ebrei riuscirono a rifornire le piantagioni del Sud
con «avorio nero» (cioè schiavi neri), richiesto in condizioni
paludose e malariche che la mano d’opera europea non tollerava senza
ammalarsi e che avrebbe riempito gli spazi vuoti della nave, portando
loro enormi profitti.

Questo stesse persone cercarono in partenza di vendere gli indiani
come schiavi ma li trovarono completamente inidonei in quanto gli
indiani non tollerano questo tipo di lavoro. Così un altro segmento
del commercio di schiavi era diventato attivo e remunerativo lontano
da Charleston nella Carolina del Sud. Diversi carichi di schiavi neri
furono inviati dalla Compagnia delle Indie Occidentali a Manhattan.

A quell’epoca vi era un certo numero di proprietari di piantagioni
stabilitisi nelle Indie Occidentali e due ebrei, Eyrger e SayUer, con
forti legami con i Rotschild in Spagna, fondarono un agenzia chiamata
ASIENTO che più tardi operò in Olanda e in Inghilterra.
Fu tramite questi contatti che gli ebrei in Olanda e in Inghilterra
esercitavano la loro influenza e questi stessi contatti aiutarono gli
ebrei a rifornirsi di schiavi neri per i coloni.

Con la cattura ed il trasporto annuale di un milione di schiavi neri
non è difficile immaginare che tra il 1661 ed il 1774 (centotredici
anni) circa 110 milioni di schiavi sono stati sradicati dalla loro
terra natia, ma solo il 10%, cioè circa 11 milioni di schiavi neri,
raggiunsero vivi le colonie.

Abbiamo parlato della piccola nave «Abigail» che poteva ospitare solo
56 persone sebbene i profitti su ogni viaggio erano enormi con poco o
niente investimento. Vi erano molte altre navi ma qui ci concentreremo
solo su alcune, come «La Fortuna», «Hannah», «Sally» o «Venue» che
anch’esse fecero grossi guadagni.

«La Fortuna» poteva trasportare ad ogni viaggio 217 persone. Il
proprietario ad ogni viaggio guadagnava non meno di 41.438 Dollari.
Questi erano dollari che i trafficanti di schiavi «potevano tenere» e
questi dollari avrebbero in seguito fruttato molto di più.

Se consideriamo che gli ebrei di Newport possedevano circa 300 navi
negriere, attive senza interruzioni, facenti scalo a Newport,
Charleston (o in Virginia) possiamo solo immaginare quale poteva
essere l’enorme guadagno per i proprietari ebrei delle navi. Infatti
gli ebrei stessi ammettono che di 600 navi, che salpavano dal porto di
Newport per andare in tutto il mondo, «almeno la metà di esse»
andavano in Africa e noi sappiamo bene che cosa andassero a cercare in
Africa queste navi.

Il fatto che Aaron Lopez avesse il controllo di oltre la metà di tutti
i traffici commerciali nelle colonia del Rhode Island, a Newport, è
cosa nota. Il noto rabbino Morris A. Gutstein, nel suo libro «La
Storia degli Ebrei a Newport», tenta di rimuovere questi fatti,
sostenendo che non ci sono prove che gli ebrei fossero collegati al
traffico di schiavi. E’ quindi cosa imperativa dimostrare che gli
ebrei erano invece collegati con tale traffico, specialmente dal
momento che questo rabbino insiste sul grande contributo da loro dato
e su come la città di Newport divenne un luogo «benedetto» grazie alla
loro presenza.

Morris A. Gutstein ci consentirà sicuramente di presentare i fatti che
egli non poté ritrovare.

Riferendoci ad una relazione della Camera di Commercio della Colonia
del Rhode Island dell’anno 1764, troviamo, ad esempio, che nell’anno
1723 «alcuni mercanti di Newport» concepirono l’idea di inviare il
loro rum, prodotto a Newport, verso la costa africana. Si sviluppò una
tale esportazione che in pochi anni «diverse migliaia di botti» di rum
se ne andavano verso quella destinazione. A quale scopo serviva questo
rum?

Il Carnegie Institute di Washington, D.C., mostra e rende pubblici
documenti originali dal titolo «Documenti Illustrativi della Storia
del Commercio degli Schiavi in America».

Desideriamo esporre alcuni fatti di questa particolare collezione di
documenti originali e vagliarli da vicino e non per provare che il
menzionato rabbino Morris A. Gutstein era in errore.

In questa collezione del primo istituto americano della conoscenza,
noi valutiamo il tema «Rhode Island» che contribuì alla maggior parte
di documentazione pubblica riguardante il traffico degli schiavi.

Qui troviamo documentati i contenuti delle numerose lettere di
navigazione, lettere inviate ai mercanti di schiavi e corrispondenza
inviata ai capitani delle navi il cui 15% ebrei erano ebrei che
vivevano a Newport.

Tra questi troviamo ad esempio l’ebreo Isaac Elizar. Egli scrisse una
lettera al Capitano Christopher Champlin il 6 Febbraio 1763 dicendo
che voleva essere un agente per un carico di schiavi. Poi segue
l’ebreo Abraham Pereira Mendez e uno dei principali trafficanti di
schiavi Jacob Rod Rivera, il suocero di Aaron Lopez. Poi c’è lo stesso
Aaron Lopez e moltissimi altri ebrei.

Sebbene abbiamo citato varie volte Aaron Lopez, la mole di questa
documentazione ci limita e non possiamo descrivere tutti coloro che
hanno scritto in merito al commercio degli schiavi, i loro nomi e le
date, ma piuttosto desideriamo studiare la documentazione dello stesso
«Carnegie Institute» tenendo sempre presente Aaron Lopez. Vogliamo
vedere qual’era l’obiettivo principale di questo ebreo e di che cosa
si occupava. Questo è dovuto al fatto che il Rabbino Morris A.
Gutstein lo descrive come un «nobile e fine cittadino di Newport» ,
molto generoso e che contributi notevolmente al benessere.

In un vasto numero di scritti pubblicati originali nel Carnegie
Institute, rileviamo che Aaron Lopez commerciava tantissimo in rum con
la costa africana in cambio di schiavi.

I fatti irrefutabili sono i seguenti:
- 22 Giugno 1764, una lettera del Capitano William Stead ad Aaron
Lopez - 22 Luglio 1765, una lettera di Aaron Lopez al Capitano
Nathaniel Briggs
- 22 Luglio 1765, una lettera al Capitano Abraham All
- 4 Febbraio 1766, una lettera al Capitano William Stead da Aaron Lopez
- 7 Marzo 1766, un lettera dal Capitano William Stead ad Aaron Lopez
- 20 Febbraio 1766, una lettera da Aaron Lopez al Capitano William Stead
- 8 Ottobre 1766, una lettera dal Capitano William Stead ad Aaron Lopez
- 9 Febbraio 1767, una lettera dal Capitano William Stead ad Aaron Lopez

A parte questo, vi sono affermazioni simili nelle lettere originali
spedite da Aaron Lopez ai Capitani Henry de Cruger, David Mill, Henry
White, Thomas Dolbeare e William Moore. Infatti, una lettera spedita
dal Capitano William Moore ad Aaron Lopez and Company è
particolarmente rivelatrice e speciale su questo punto. Vogliamo
mettere in evidenza in principale contenuto di questa lettera scritta
dal Capitano Moore:

«Desidero informarla che la sua nave «Ann» ha attraccato qui l’altra
notte con 112 schiavi, di cui 35 uomini, 16 giovani adulti, 21
bambini, 29 donne, 2 ragazze e 9 bambine».

La data della suddetta lettera è il 27 Novembre 1773. Per mancanza di
spazio non abbiamo portato a termine i brani e gli estratti
gentilmente fornitici dal Carnegie Institute.

Il 29 Novembre 1767, l’ebreo Abraham Pereira Mendez che era stato
truffato da uno dei suoi, a Charleston, dove aveva soggiornato per
meglio controllare il suo carico umano, scrisse ad Aaron Lopez a
Newport:

«Questi neri che mi sono stati forniti dal Capitano Abraham All erano
in condizioni così pietose a causa del trasporto che ho dovuto vendere
8 ragazzi e ragazze per sole 27 Sterline, altri 2 per 45 Sterline e 2
donne per 35 Sterline ciascuna». (Denaro inglese, senza dubbio)

Abraham Pereira Mendez era molto adirato ed accusò Aaron Lopez di
«truffa». Questa lettera ci dice che questo cittadino di Newport fine
e generoso era insaziabile nella sua avidità per il denaro, lo stesso
che il Rabbino Morris A. Gutstein presentava come un nobiluomo. I neri
per lui non erano altro che merce.

In tutte le lettere pubblicate dal Carnegie Institute, si nota la
mancanza di umanità per i poveri schiavi neri. La mancanza di
sentimento e compassione per questi poveretti nelle mani dei loro
trafficanti ebrei, la si può leggere nel diario di un capitano che
comandò una nave di proprietà di Aaron Lopez. Esso riguarda un viaggio
dalla costa africana a Charleston. Inoltre si tratta di documenti
autentici, pubblicati dal Carnegie Institute di Washington, che
richiamano l’attenzione su un organizzazione della quale fino ad ora
si sapeva ben poco o niente.
Non c’è quindi da meravigliarsi se i fatti intrapresi dagli ebrei
americani nel commercio degli schiavi possono essere di fatto
considerati un loro monopolio, sconosciuto agli americani non ebrei,
incluse le masse nel mondo. Altri invece, informati dei fatti, avevano
buone ragioni per tacere.

Il Capitano di un’altra nave, la «Othello», fra le altre cose, fa i
seguenti appunti sul diario:
- 6 Febbraio: un uomo annegato durante le operazioni di carico
- 18 Marzo: due donne si sono gettate in mare perché non erano state legate
- 6 Aprile. un uomo morto di dissenteria
- 13 Aprile: una donna morta di dissenteria
- 7 Maggio: un uomo morto di dissenteria
- 16 Giugno: un uomo ucciso da Kap Henry
- 21 Giugno: un uomo ucciso da James Fluss
- 5 Luglio: una donna morta di febbre
- 6 Luglio: una ragazza, ammalata da due mesi, è morta

Questa nave è stata in mare per cinque mesi. Quale terribile ed
indicibile sofferenza è stata per questi milioni di neri che furono
strappati con la forza bruta dalle loro capanne, ammassati insieme,
come animali sotto il ponte della nave e poi venduti con meno scrupoli
che nella vendita di un capo di bestiame, comprati per pochi dollari e
rivenduti per la somma di 2.000 Dollari.

Alcuni neri, riuscendo ad insorgere, poterono prendere il controllo di
qualche nave, girare le vele e ritornare verso la loro patria
africana. L’equipaggio di una nave, la «Three Friends», ad esempio,
torturò i neri a bordo in modo tale che i neri si ribellarono in modo
sanguinoso. Uccisero il capitano e tutta la ciurma, gettando poi in
cadaveri in mare. Dopodichè si diressero verso l’Africa da dove era
appena stata tolta loro la libertà.

Un simile destino toccò alla nave negriera «Amistad». Fra gli schiavi
c’era il figlio del capo di una tribù nemica. Una volta che la nave fu
in navigazione egli progettò con i suoi compagni di aggredire la
ciurma della nave. In seguito ad una sanguinosa battaglia riuscirono a
catturare il capitano della nave. Il capo dei neri lo obbligò a
dirigersi verso l’Africa, poi nella sera, complice l’oscurità, cambiò
rotta, zig-zagando per mesi finché non arrivò vicino alla costa
americana ed incrociò una nave governativa. Questo accadde nell’anno
1839 quando il commercio degli schiavi era già proibito ed illegale.

Gli schiavi neri furono liberati ed il capitano punito. Questi viaggi
marittimi non erano senza rischi quando trasportavano carichi di neri,
il che spiega perché gli ebrei quasi sempre assumessero capitani non
ebrei.

I mercanti di schiavi preferivano restare nei loro uffici a contare i
loro grassi introiti di ogni viaggio, come Aaron Lopez, che lasciò ai
suoi eredi una delle più grandi fortune nell’area del New England.

Quando si riesaminano i fatti documentati ivi contenuti, è importante
ricordare che un capitano che non perdeva più di 9 schiavi su 19
durante il viaggio di ritorno, era un capitano fortunato.

Va altresì ricordato che queste povere creature nere dovevano giacere
nei loro stessi escrementi per tutto il viaggio.
Provate a pensarci! Non c’è da meravigliarsi se le malattie chiedevano
un così alto tributo.
Ricordate le cifre: circa 110 milioni di neri catturati e strappati
alla loro terra madre, l’Africa, e soltanto 11 milioni di questi
schiavi neri raggiunsero le Colonie vivi.

E gli ebrei stanno lì a parlare dei tedeschi e di Hitler e di come 6
milioni di ebrei furono sterminati durante la Seconda Guerra Mondiale,
mentre la storia degli schiavi neri è ben documentata. Documentata con
VERITA’. Le prove sono ancora disponibili per coloro che al mondo
vogliono vedere.

Il «Carnegie Institute of Technology» si trova a Pittsburgh, in Pennsylvania.

Non appena questa documentazione verrà distribuita, arrivando infine
nelle mani degli ebrei, le prove verranno probabilmente rimosse e
distrutte, fino alla totale eliminazione di tutta la documentazione
che li danneggia. Gli ebrei si sono impegnati in questa pratica per
secoli.
Tuttavia, la verità, quella che sostiene i fatti, non può essere
nascosta per sempre e molte altre verità stanno per essere scoperte da
coloro di noi che intendono liberare l’America da questi figli del
diavolo: gli Ebrei.

La documentazione pubblicata, qui contenuta, è stata fornita dal
Carnegie Institute of Learning, attualmente conosciuto come « The
Carnegie Institute of Technology».

Quella che segue è una lista parziale delle navi negriere possedute da ebrei:
- «Abigail» di Aaron Lopez
- «Crown» di Isaac Levy e Nathan Simpson
- «Nassau» di Moses Levy
- «Four Sisters» di Moses Levy
- «Anne Eliza» di Justus Bosch e John Abrams
- «Prudent Betty» di Henry Cruger e Jacob Phoenix
- «Hester» di Mordecai e David Gomez
- «Elizabeth» di David e Mordecai Gomez
- «Antigua» di Nathan Marston e Abram Lyell
- «Betsy» di Wm. De Woolf
- «PoUy» di James de Woolf
- « White Horse» di Jan de Sweevts
- «Expedition» di John e Jacob Rosevelt
- «Charlotte» di Moses e Sam Levy e Jacob Franks
- «Caracoa» di Moses e Sam Levy

Altri vascelli che contrabbandavano neri e posseduti da ebrei erano:
«La Fortuna», «Hannah», «Sally» e «Venue».

Alcuni degli ebrei di Newport e Charleston coinvolti nella
distillazione o nel commercio di schiavi, o entrambi, erano:
Isaac Gomez, Hayman Levy, Jacob Malhado, Naphtaly Myers, David Hart,
Joseph Jacobs, Moses Ben Franks, Moses Gomez, Isaac Dias, Benjamin
Levy, David Jeshuvum, Jacob Pinto, Jacob Turk, Daniel Gomez, James
Lucana, Jan de Sweevst, Felix (cha-cha) de Souza (conosciuto come il
«Principe degli Schiavisti» e secondo solo ad Aaron Lopez), Simeon
Potter, Isaac Elizer, Jacob Rod, Jacob Rodrigues Rivera, Haym Isaac
Carregal, Abraham Touro, Moses Hays, Moses Lopez, Judah Touro, Abraham
Mendes e Abraham All.

Di circa 600 navi che salpavano dal porto di Newport, più di 300 erano
impegnate nel commercio degli schiavi. Un carico tipico della nave «La
Fortuna» era di 217 schiavi che costavano circa 4.300 Dollari ma
venivano rivenduti per 41.438 Dollari Solo il 10% dei capitani delle
navi era ebreo, non volendo assoggettarsi ai rigori che provenivano da
viaggi di 6 mesi. Essi preferivano restarsene a casa a continuare le
loro attività di distillazione continuando a fornire rum e whiskey
agli indiani per molti anni e con grandi profitti.



di Walter White Jr., 1968

Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Gianfranco Spotti




DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO
- Elizabeth Donnan, 4 Volumi di documenti illustranti la storia del
commercio di schiavi verso l’America, Washington, D.C., 1930-1935

- «Carnegie Institute of Technology», Pittsburgh, Pennsylvania

- «Avventure di uno schiavista africano», di Malcolm Cowley, 1928.
Pubblicato da Albert e Charles Bori, New York

- «La storia degli ebrei a Newport», del Rabbino Morris A. Gutstein

- «Gli ebrei scoprono l’America» di Cthmar Krainz

- «L’ebreo internazionale», di Henry Ford

- «Il complotto contro la chiesa», di Maurice Pinay

- «Protocollo per la conquista del mondo», 1956, della Conferenza
Centrale dei Rabbini Americani.

- «Dietro al comunismo», di Frank L. Britton

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