domenica 2 giugno 2019

"Materialismo storico" e quel Marx che non ti aspetti...



Immagine correlata

Sulla figura di Marx (1818-1883) sono stati scritti innumerevoli saggi che tentano di interpretare la sua filosofia e la sua attività politica. Sarebbe impossibile riassumerli in una breve scheda come questa, ma ci sforzeremo di tratteggiare alcune linee di interpretazione essenziali, mettendo in luce i caratteri “scientifici” del suo pensiero più maturo.

E’ noto che il giovane Marx fu profondamente influenzato dalla filosofia hegeliana. Fece parte del gruppo di filosofi che costituirono la cosiddetta “sinistra hegeliana” che rileggevano in modo critico l’opera del maestro, fino a distaccarsene profondamente. Tra questi: l’ateo e rivoluzionario filocomunista Heinrich Heine (1797-1856); Friederich Strauss (1808-1874), che nell’opera “La vita di Gesù” interpretò in modo illuminista i Vangeli sottolineandone il carattere mitico; il liberale Arnold Ruge (1802-1880), animatore della rivista “Annali Tedeschi”, poi chiusa d’autorità; e soprattutto Ludwig Feuerbach (1809-1872) che pose al centro del suo pensiero nella nota opera “L’essenza del Cristianesimo” (1841) l’uomo concreto, con i suoi bisogni materiali, che “si aliena” nella figura di un Dio creatore (nel senso che è l’uomo che crea Dio). Il pensiero materialista di Feuerbach influenzò profondamente Marx e l’amico Engels, che però lo criticarono anche per l’assenza di dimensione “storica” nell’analizzare la figura dell’Uomo.

Dopo essersi laureato in filosofia nel 1841 con una tesi sulle differenze tra Democrito ed Epicuro (vedi N. 15), Marx collaborò con la “Gazzetta Renana”, giornale progressista poi chiuso d’autorità, e quindi fu esule a Parigi, dove collaborò con Ruge, Heine, l’amico Friedrich Engels e l’anarchico russo Bakunin alla rivista “Annali Franco-Tedeschi”, di cui potè uscire un solo un numero doppio prima dell’inevitabile chiusura (1843). In questi anni, dopo aver steso i “Manoscritti economico-filosofici” (del 1844, ma pubblicati solo nel 1932) in cui sottolinea l’alienazione del lavoro umano nel prodotto che non appartiene più al lavoratore, e dopo aver collaborato con Engels alla stesura de “La Sacra Famiglia” (1845) durante un ulteriore periodo di esilio a Bruxelles, Marx si convinse che il problema era costituito dai rapporti di produzione tra lavoratore e capitalista e che la dialettica andava intesa in senso materiale e non idealistico come in Hegel. Questo cosiddetto “rovesciamento” della dialettica è segnato soprattutto nell’opera considerata una rottura rispetto all’hegelismo, “L’Ideologia Tedesca” del 1846 (anch’essa pubblicata solo nel 1932), in cui si criticano le varie forme storiche di proprietà privata, si parla di “lotta di classe” tra contadino e feudatario e tra operaio e capitalista, ed in cui è contenuta la celebre affermazione che i filosofi hanno finora interpretato il mondo, mentre invece si tratta di cambiarlo attraverso la prassi rivoluzionaria.

In questo periodo poté usufruire dell’esperienza acquisita dall’amico Engels nel suo periodo di lavoro in Inghilterra come amministratore di una fabbrica del padre industriale. Engels, molto critico verso il modo troppo empirico di procedere del movimento operaio inglese, tradusse le sue esperienze nelle opere:”La Situazione in Inghilterra” e soprattutto “La Condizione della Classe Operaia in Inghilterra”, capolavoro sorretto da un’inchiesta sperimentale precisa. Inoltre, dopo aver studiato accuratamente l’opera degli economisti classici (soprattutto Ricardo) scrisse uno “Schizzo per una critica dell’Economia Politica”, in cui critica l’incapacità degli economisti di affrontare il tabù della proprietà privata e dell’inconciliabilità degli interessi delle varie classi. Da parte sua Marx scrisse nel periodo successivo trascorso a Bruxelles “Lavoro Salariato e Capitale” e “Miseria della Filosofia” (1847) che contiene un duro attacco alle concezioni confuse di Proudhon sulla proprietà. Dopo essere entrati in contatto con la Lega dei Giusti guidata da Weitling, poi divenuta Lega dei Comunisti, Marx ed Engels pubblicarono il celebre Manifesto del Partito Comunista del 1848. Vi si afferma che le leggi dialettiche della società capitalista porteranno necessariamente al suo affossamento da parte del proletariato. 

Questa visione storico-dialettica, basata su fatti reali, ha preso il nome di “Materialismo Storico”.

Nel 1867 fu pubblicata la prima parte dell’opera più importante, benchè incompiuta, di Marx, ritiratosi definitivamente in Inghilterra dopo il fallimento della rivoluzione del 1848 e dedicatosi ad un intenso lavoro teorico: “Il Capitale” (altre due parti furono pubblicate nel 1885 e 1894 con il contributo decisivo di Engels). I’opera era stata preceduta da altre due importanti opere della maturità: i “Grundrisse”, ovvero i “Lineamenti fondamentali per una Critica dell’Economia Politica”, opera ricchissima di spunti interessanti del 1858-59, ma pubblicata solo in 1939-41, e “Per una Critica dell’Economia Politica” del 1859. In queste opere il pensiero di Marx assume un carattere sempre più “scientifico” ponendolo sulla scia dei grandi economisti classici. Marx infatti spiega lo sfruttamento ed il conflitto di classe introducendo il concetto di “plusvalore”, cioè la parte del valore del lavoro di cui il capitalista si appropria (concetto comunque già presente in Ricardo e negli scritti dell’economista filo-socialista Thomas Hodgskin). Egli introduce anche il concetto di forza-lavoro che viene messa a disposizione dal lavoratore in cambio del salario. Ritiene che il profitto e l’accumulazione e l’espansione del capitale dipendano esclusivamente dal capitale variabile (che comprende i salari) e non dal capitale fisso (le macchine) e da quello circolante (che comprende anche il costi di gestione, delle materie prime, ecc.). Di conseguenza il progresso tecnico e l’uso generalizzato di macchine, che fa aumentare il peso del capitale fisso e circolante, se da una lato aumentano la produttività, dall’altro causano una caduta tendenziale del saggio di profitto ed un aumento della disoccupazione (con la formazione di un “esercito industriale di riserva”) che rende difficile il problema della valorizzazione del capitale, cioè del problema del ritorno in danaro del capitale investito, con possibilità di crisi (problemi con cui il capitalismo dei nostri giorni effettivamente si confronta, trovando uno sbocco in una gigantesca finanziarizzazione con la produzione di un’impressionante mole di titoli-spazzatura ed ad alto rischio). Bisogna anche sottolineare che il modello capitalistico di Marx è sempre di tipo concorrenziale, tipico del Regno Unito a metà dell’800. Non si esaminano il problema dello strapotere del capitale finanziario e dell’imperialismo (poi esaminato brillantemente da Lenin), né il problema del capitale in regime di monopolio (poi esaminato dallo stesso Lenin e dagli economisti marxisti statunitensi Paul Sweezy e Paul Baran).

Passando alle interpretazioni del pensiero marxiano, Bertrand Russell ha recisamente affermato che l’opera di Marx manterrebbe intatta tutta la sua validità di analisi economica e invito alla prassi rivoluzionaria anche se si liberasse di tutte le “inutili” residue “bardature hegeliane”. Un giudizio sotto vari aspetti analogo è quello del filosofo francese “strutturalista” Louis Althusser (di cui scriveremo in un prossimo numero) secondo cui Marx studia le “strutture” economico-sociali per poi poterle superare. Tra i marxisti italiani, anche Galvano della Volpe predilige il Marx “scientifico” raccomandando di interpretarlo alla luce di una prassi sperimentale di tipo galileiano. Al contrario, il compianto filosofo Domenico Losurdo (purtroppo scomparso da poco) sottolinea l’importanza dell’eredità hegeliana in Marx e parla di un Marx “umanista”. Anche il noto filosofo marxista ungherese Gyorgy Lukacs (1885-1971) nell’opera “Storia e Coscienza di Classe”(1923), e altri scritti, ed il tedesco Karl Korsh, negli scritti “Marxismo e Filosofia” (sempre del 1923) e “Karl Marx” (1938) sottolineano l’importanza della dialettica hegeliana e dell’autocoscienza del proletariato (attirandosi accuse di idealismo). Dopo la seconda guerra mondiale il grande dirigente comunista Kim Il Sung, fondatore della Corea Popolare Democratica, ed i suoi eredi politici, hanno inserito un importante punto nella teoria marxista ufficiale di quella nazione, il Juche; secondo cui “l’uomo può tutto”, che deve essere interpretato come valorizzazione della volontà cosciente collettiva dell’uomo nella costruzione di una nuova società più giusta.

Passando ad alcuni critici di Marx, come l’economista britannica di area keynesiana e social-democratica Joan Robinson o il giapponese Morishima, essi, pur criticando Marx, lo fanno sul piano prettamente scientifico (contestando, ad esempio, la teoria del valore-lavoro o la formazione dei prezzi basati sul capitale investito e sul tasso di profitto, come si trova in Marx). Anche il ricardiano Piero Sraffa, nell’opera “Produzione di Macchine mediante Macchine” ha criticato la teoria economica del valore-lavoro ripresa da Marx. Invece Karl Popper – come vedremo in un prossimo numero - considera le teorie marxiane come dogmatiche, ovvero non sottoponibili a critica, trascurandone completamente gli aspetti scientifici.

Secondo il parere di chi scrive nella dialettica marxiana, pur se “rovesciata” rispetto a quella idealistica hegeliana, permangono elementi interpretabili come idealisti e teleologici, come l’uso di una dialettica storica che porterebbe “ineluttabilmente” alla società comunista. Andrebbero invece valorizzati tutti gli elementi scientifici (che ci permettono di parlare di un socialismo “scientifico”) e gli aspetti di prassi rivoluzionaria cosciente. La questione è molto complessa ed il dibattito aperto.

Vincenzo Brandi

Risultati immagini per Marx
  1. Ludovico Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, op. citata in biblografia
  2. F. Adorno e altri, “storia della Fil.”, op. cit. in bibl.
  3. Domenico Losurdo, “Il Marxismo Occidentale, come nacque e come morì”, op. cit. in bibl.
  4. Baran Paul, “Il Surplus e la Teoria marxista dello Sviluppo”, op. cit. in bibl.
  5. Della Volpe Galvano, “Russeau e Marx”, op. cit. in bibl.
  6. Bortkiewicz L. , “La Teoria Economica di Marx”, op. cit. in bibl.
  7. De Palma A. , “Le Macchine e l’Industria da Smith a Marx”, op. cit. in bibl.
  8. Kim Djeung Il, “A partire dagli Ideali Juchè”, GAMADI, op. cit. in bibl.
  9. Korsch Karl, “Karl Marx”, op. cit. in bibl.
  10. La Grassa G. F. , “Fuori dalla Corrente – Decostruzione e Ricostruzione di una Teoria critica del Capitalismo” , op. cit. in bibl.
  11. Lenin, “Opere Scelte”, op. cit. in bibl.
  12. Mandel Ernest, “La Formazione del Pensiero Economico di K. Marx”, op. cit. in bibl.
  13. Marx K. , “Il Capitale”, op. cit. in bibl.
  14. Marx K. , “Per una Critica dell’Economia Politica”, op. cit. in bibl.
  15. Marx K. , “Lineamenti fondamentai per una Critica dell’Ec. Pol.” (Grundrisse), op. cit. in bibl.
  16. Marx K. , “Miseria della Filosofia”, op. cit. in bibl.
  17. Marx K. , “Lavoro salariato e Capitale”, op. cit. in bibl.
  18. Marx K. – F. Engels, “La Concezione materialista della Storia”, op. cit. in bibl.
  19. Marx K. – F. Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, op. cit. in bibl.
  20. Marx K – F. Engels, “Opere scelte”, op. cit. in bibl.
  21. Marx K. – Ruge A. , “Annali Franco-Tedeschi”, op. cit. in bibl.
  22. Morandi Bruno, “Introduzione a Marx”, op. cit. in bibl.
  23. Moro Domenico, “Nuovo Compendio del Capitale”, op. cit. in bibl.
  24. Morishima M. , “La Teoria Economica di Marx”, op. cit. in bibl.
  25. Robinson Joan, “Saggi su Marx e Marxisti”, op. cit. in bibl.
  26. Sweezy Paul e altri, “Teoria dello Sviluppo Capitalistico”, op. cit. in bibl.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.