Globalizzazione forzata e sradicamento indotto di popolazioni, il loro trasferimento e inserimento in situazioni sociali, culturali e storiche aliene, con relativa destabilizzazione sociale per chi arriva e chi riceve. Un'operazione che si inserisce nella grande strategia del Nuovo Ordine Mondiale portata avanti dalle élites.
La domanda è "Dov'è la casa dell'Africano" ( o del maghrebino, o dell'afghano, o del bangladeshi..."), domanda che nessuno, di quelli che si agitano intorno al fenomeno delle migrazioni, per un verso o per l'altro, si pone. Tanto meno quelli che, sentendo il tintinnio delle monete che accompagna l'arrivo di questi esseri umani nei centri d'accoglienza delle Ong, Cooperative, Associazioni, o quegli altri che sanno benissimo che se non spazzi via le identità storiche come espresse nelle comunità e nelle nazioni fattesi Stato a dispetto del colonialismo, non gliela faranno mai a ottenere quella massa amorfa e omologata che gli serve per il totalitarismo prossimo venturo.
La casa dell'Africano, in primis, non ci deve essere proprio. Meno che mai la sua propria casa, quella dei suoi, degli antenati, dell'habitat di sempre. Comporta l'aberrante segno dell'identità e, quindi, del rischio della volontà. Se ci deve essere è quella che, con grande generosità, gli diamo noi. In periferia, fuori dall'urbanità gentrificata in bianco, nelle baracche al lato dei campi della raccolta, dalla Caritas nelle mense a prolungare un altro mondo, nel mondo secolarizzato, il mito della religione buona.
A una casa vera e propria, vicnina alla nostra, ma non troppo (vedi i ghetti neri negli USA, dopo quattrocento anni), l'africano avrà diritto una volta che Ong, parrocchia e scuola gli avranno scrostato di dosso la sua africanità.
Fulvio Grimaldi - https://fulviogrimaldi.blogspot.com/
Video collegato: https://www.byoblu.com/2022/07/04/partire-e-un-po-morire-fulvio-grimaldi-in-o-green-o-verde/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.