domenica 3 luglio 2022

"La nocività del lavoro all’epoca della produzione digitalizzata" di Dario Fontana - Recensione

 

Il rapporto tra scienza, tecnologia, organizzazione e contenuto del lavoro, ma potremmo altrimenti parlare di nessi tra conoscenza, potere e sfruttamento, ha occupato uno spazio centrale nell’esperienza del movimento operaio e fino a qualche decennio addietro (retaggio del lungo ’68 italiano e del residuo egemonico che ancora esercitava sul mondo intellettuale) anche all’interno delle scienze sociali.

Negli anni più recenti sono state pubblicate alcune ricerche, nel campo delle scienze sociali (nella fattispecie, la sociologia del lavoro), che pure focalizzate su realtà in divenire o ancora in parte da indagare (e dunque quanto mai «attuali»), comunicano una sensazione di proficua inattualità, laterali come sono (per categorie utilizzate e postura di ricerca) dal senso comune che orienta gli interessi più diffusi dei ricercatori. 

"Digitalizzazione Industriale. Un’inchiesta sulle condizioni di lavoro e salute"  di Dario Fontana è una di queste. Il bersaglio dell’indagine è condensato nel titolo del volume, che restituisce i risultati di una ricerca pluriennale, realizzata con un impianto metodologico solido, un lavoro in profondità sulle dimensioni analitiche e sull’operazionalizzazione delle variabili, tecniche di analisi multivariate, a supporto di risultati che potrebbero risultare intuitivi, ma apparirebbero paradossali per quanti si avvicinassero ai materiali trattati con il filtro delle idee dominanti sul rapporto tra cambiamento tecnologico e lavoro. Superfluo consigliarne la lettura agli addetti ai lavori e ai praticanti di studi organizzativi e del lavoro, ma anche a sindacalisti, militanti, attivisti, medici, se non fosse per la barriera del costo (l’editoria scientifica ha le sue regole, che non possono essere imputate ai ricercatori!).




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