Se
forse qualcuno a Washington si pone il problema che oltre ai
conflitti minori, suscettibili alla peggio di causare diverticoli,
due bocconi insieme. come Venezuela e Iran, possano anche strozzarti,
non è questione che pare turbare Netaniahu. E’ l’unico da quelle
parti che tiene l’indice sul bottone di 200-400 bombe atomiche. E
ora che, intorno a questo arsenale ha fatto inginocchiare anche
Arabia Saudita, Emirati, Kuweit, Bahrein, Oman, con i palestinesi
accalappiati dal piano di pace Trump-Kushner che li riempierà di
dollari in cambio della resa, tiene anche le spalle coperte.
Delle
riluttanze europee, di cui a Varsavia non si sono visti né quelle
del Sacro Romano Impero, e nemmeno delle loro periferiche marche, né
Usa, né Israele terranno alcun conto. L’esercito comune
franco-tedesco e la relativa industria delle armi sono di là da
venire. Come parrebbe di là da venire la fiera risposta alle
sanzioni Usa contro l’Iran, che l’UE aveva detto di voler
dribblare
La
stampa nostrana parla di flop a Varsavia.Ne dubito, forse è un
esorcismo di fronte alla prospettiva di una conflagrazione generale.
Intanto sta in piedi, ed è nucleare, la Nato-arabo-israeliana. Di
nulla di fatto si parla anche dell’altro vertice, a Sochi, con
Putin, Rouhani ed Erdogan. tenuto quasi in contemporanea, che vedeva
riuniti per la quarta volta i tre brutti e cattivi, compreso quello
preso di mira a Varsavia. Sotto le apparenze di concordia e serenità
tra i tre protagonisti-concorrenti del conflitto siriano, si sono
confermate le differenze tra Iran e Russia, in particolare
sull’atteggiamento da tenere verso la sempre più impunita
aggressività israeliana. E non si è fatto neanche un passo avanti
sulla questione di Idlib, vasta provincia siriana di cui i turchi
hanno fatta una ridotta jihadista, affidata ad Al Nusra, Isis e altre
milizie, spesso in lotta tra loro, ma che insistono, contro ogni
accordo russo-turco di demilitarizzazione, ad attaccare la provincia
di Aleppo. Ne si è venuto a capo di cosa fare della regione di
confine, ora in mano ai curdi , ma di cui Erdogan, d’accordo con
Washington, vorrebbe fare in profondità la sua “zona di
sicurezza”. Ovviamente senza curdi. E senza Damasco.
Intanto
i curdi, sotto forma di Forze Democratiche Siriane, assediano Baghuz,
l’ultima città in mano all’Isis, sul confine con l’Iraq, con
copertura aerea Usa. Si tratta di territorio arabo siriano come
quello di tutto il Nord Est, un terzo della Siria, occupato e pulito
etnicamente dai curdi. Ai civili intrappolati a Baghuz e nei villaggi
vicini, il governo siriano aveva fatto arrivare una colonna di
soccorsi, da utilizzare anche per l’evacuazione. Ma i curdi l’hanno
bloccata e rispedita indietro.
Fulvio Grimaldi - www.fulviogrimaldicontroblog.
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