Tutto si sta incasinando in modo mostruoso (locuzione più dotta: "le contraddizioni aumentano a dismisura"). Ad esempio, qualsiasi persona sensata (come ad esempio l'economista Nouriel Roubini) sa che nel prossimissimo futuro scoppierà una crisi finanziaria da far impallidire quella del 2007.
In realtà non c'è bisogno di un perspicace economista. Ci arriverebbe anche un bambino di fronte anche solo a queste due cifre:
1) Debito mondiale (pubblico+privato): 215 trilioni di dollari pari al 325% del PIL mondiale.
2) Il mercato dei derivati è talmente opaco che le stime variano da 544 trilioni di dollari a 1,2 quadrilioni di dollari (cioè 15 volte il PIL mondiale).
Risultato: il mondo, specialmente occidentale, vive su un castello di carte che si alza esponenzialmente, su una colossale montagna di debiti irredimibili. O, al contrario, edifica sopra sabbie mobili edifici sempre più pesanti.
Trump, o meglio chi sta dietro di lui, ha capito che una corsa agli armamenti sebbene faccia felice il Pentagono e i suoi corrotti fornitori, è un disastro economico e rischiano di collassare economicamente, finanziariamente e socialmente come fece l'URSS.
Il problema è che per non far collassare il sistema finanziario USA, essi devono continuare a sostenere politicamente e militarmente un Dollaro che economicamente e finanziariamente è defunto da decenni. E per continuare a farlo devono continuare ad aumentare gli armamenti e l'aggressività. Quindi si stanno mangiando la coda e, come "side effect", Trump non ha nessuna possibilità di far ridiventare fiorente o almeno decente la Rust Belt, ls sua base di massa, cioè non riuscirà a mantenere nessuna delle promesse di lavoro e reindustrializzazione che ha fatto in campagna elettorale. Anche perché avrebbe effettivamente bisogno di alzare dazi su quasi tutto. Oppure di seppellire la Cina e la Russia senza che venga seppellita anche l'America. Cosa impossibile, sia militarmente sia economicamente.
Economicamente perché il ruolo mondiale del Dollaro è basato sull'enorme deficit commerciale degli USA, sia da un punto di vista tecnico, sia da un punto di vista geopolitico, perché essendo i più grandi importatori e i più grandi debitori del mondo, tengono per le palle gli altri Paesi.
Militarmente, perché per quanto riguarda l'opzione militare, gli studi del Pentagono parlano chiaro: una guerra aperta costerebbe agli USA un prezzo esorbitante in termini di morti e devastazioni, in più senza "nessuna garanzia di poterla vincere" (sic!).
Insomma, gli USA - e l'Occidente tutto - sono tra l'incudine e il martello. L'unica soluzione sarebbe un mega-giubileo (condono dei debiti) mondiale che però significherebbe una ridefinizione radicale dei rapporti di forza mondiali.
Se adesso che gli USA sono ancora l'entità più potente del mondo (anche se non più quella egemone - e questa è una distinzione che ha voluto sottolineare pochi anni fa addirittura Brzezinski), se adesso che hanno un Dollaro ancora forte e riconosciuto, hanno però una società devastata, con la più alta popolazione carceraria del mondo in termini non solo relativi ma persino assoluti (e uno dei più alti tassi di stupri del mondo), con quasi 39 milioni di persone (12,3% della popolazione) sotto la soglia di povertà, con una polarizzazione della ricchezza così vergognosa che farebbe impallidire persino i vecchi liberisti, con sistemi sanitari e di protezione sociale di fatto inesistenti, se così stanno le cose adesso, provate a pensare cosa succederebbe se gli USA dovessero perdere i loro "privilegi esorbitanti" mondiali.
Io credo che questo sia uno dei punti più dolenti riguardo la possibilità di un'uscita non traumatica dalla crisi sistemica contemporanea: gli USA sono totalmente impreparati a gestire le conseguenze interne di una ridefinizione degli equilibri mondiali. L'Europa, per adesso, un pochettino di più. E questa è una questione "di classe", non geopolitica, anche se è legata alla geopolitica.(Piotr)
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