Intervista a Carine Brochier (Istituto europeo bioetica): «Anche chi non è in grado di intendere e volere sarà ucciso. Ormai se da malato non richiedi l’eutanasia, devi sentirti in colpa»
«I cittadini del Belgio devono capire che l’eutanasia non riguarda più un singolo individuo che vuole farsi uccidere: ormai tutta la società è in pericolo». È passato un anno da quando, il 28 febbraio 2014, il Parlamento belga ha approvato l’estensione ai bambini della legge sull’eutanasia del 2002. Il provvedimento che il re Filippo ha controfirmato il 2 marzo è il primo al mondo a permettere l’uccisione di minori senza limiti di età. Dodici mesi dopo, pochi giorni fa, un gruppo di parlamentari ha lanciato un nuovo dibattito: «Estendiamo l’eutanasia anche ai dementi». Carine Brochier, tra i direttori dell’Istituto di bioetica europeo, che ha appena realizzato un dossier sulla “buona morte” in Belgio, lancia l’allarme a tempi.it: «Ormai, se ci si ammala, ci si sente in colpa a non chiedere l’eutanasia».
Dopo un anno, quanti bambini hanno richiesto l’eutanasia?
Noi abbiamo sempre detto che questa legge era puramente ideologica e che ci sarebbero state pochissime richieste, per non dire nessuna. I dati ufficiali usciranno a settembre ma a quanto sappiamo non c’è stato nessun caso di eutanasia a minori.
Che cosa è cambiato allora?
È cambiata la mentalità. Proprio come avvertivamo prima dell’approvazione della legge, qualcuno avrebbe poi cercato di estendere il diritto/dovere di morire a chi soffre di demenza. Infatti, un anno dopo, un gruppo di politici ha aperto questo dibattito gravissimo.
Che cosa la spaventa?
Quando una persona soffre di demenza in stato avanzato, non è più in grado di intendere e volere. Ora si propone che i malati ai primi stadi, quando ancora non hanno perso la lucidità, possano firmare un documento, nel quale richiedono di essere uccisi in futuro.
E chi deciderà per loro?
Le persone indicate come tutori legali. Così però non è neanche più l’individuo a scegliere quando morire. Persino in Olanda i medici spesso si rifiutano di uccidere così, perché sostengono che negli stadi avanzati della malattia si è persone completamente diverse da quando si ha firmato la richiesta di eutanasia. Molte volte, poi, queste persone non soffrono affatto.
Uno dei cardini dell’estensione dell’eutanasia ai minori era la verifica della loro lucidità mentale al momento della richiesta di morire. Perché ora si fa a meno della volontà del singolo?
È un’enorme contraddizione. In realtà, a nessuno interessava davvero della volontà dei bambini. Non a caso 200 medici e pediatri hanno pubblicamente rifiutato l’eutanasia minorile, affermando che con nessuno strumento ci si può davvero accertare della volontà di morire di un bambino. Chi può stabilire se un bambino di sei anni sia in grado di capire che cosa significa essere uccisi? Nessuno. Ora però si fa un passo in più: il dottore deve obbedire alle richieste dei tutori, basandosi su una precedente richiesta del soggetto che sarà ucciso e che potrebbe non volerlo più.
Che cosa proponete allora?
Il Belgio ha un sistemo fantastico di cure palliative, soprattutto per i minori, che può accompagnare alla morte eliminando la sofferenza. Dobbiamo investire nelle strutture che si prendono cura così delle persone. È ovvio che in tempi di crisi economica, l’eutanasia è la via meno costosa. Ma noi dobbiamo aiutare le famiglie a occuparsi dei malati, dobbiamo essere creativi in questo. La soluzione non può essere uccidere, eliminare il problema. Ora tutta la società è in pericolo.
L’eutanasia minorile è stata approvata in meno di un anno. Un record per il Belgio.
I politici volevano a tutti i costi approvare questa legge prima delle nuove elezioni. Per questo la Camera, su un tema così importante, non ha neanche consultato degli esperti e non ha discusso gli emendamenti. Sono stati velocissimi, volevano assicurarsi che il treno dell’eutanasia corresse sui binari giusti.
È possibile fermare questo treno?
Nel 2014 i belgi hanno reagito troppo tardi. Ora invece dobbiamo essere pronti, contattare le associazioni dei malati di Alzheimer, ad esempio, quelle che lavorano con i pazienti e dire ad alta voce che non siamo d’accordo con l’uccisione dei dementi.
L’eutanasia però sembra diventata la normalità. Nel 2003 l’hanno richiesta in 235, nel 2013 in 1.816. Un aumento di oltre il 600 per cento.
I cittadini devono capire che sono tutti in pericolo quando la morte viene banalizzata. Ormai è evidente che l’eutanasia riguarda tutta la società e non solo il singolo che la richiede: si può essere uccisi anche senza volerlo. L’eutanasia non è la morte naturale e non può essere la normalità. Se i numeri sono cresciuti così, però, è perché tutti i giorni i giornali dicono che questo è il modo migliore per morire senza soffrire. Questa nuova mentalità è radicalmente falsa, ma se io leggo che il sistema delle cure palliative non ha soldi né letti disponibili, è chiaro che inizio a pensare all’eutanasia. Così, però, non si uccide solo la persona, ma anche i rapporti familiari, la solidarietà tra genitori e figli. Siamo arrivati al punto che se sei malato, e non chiedi l’eutanasia, ti devi sentire in colpa.
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