Dietro il greenwashing urbano (ZTL e città in 15 minuti) si nasconde una feroce lotta di classe contro la classe media e i ceti più poveri della popolazione che fa crescere il fenomeno della gentrificazione e della ghettizzazione delle città.
Senza contare che questi provvedimenti rappresentano una palese violazione del diritto alla libera circolazione nel territorio della Repubblica previsto dall’art. 16 della Costituzione.
Ovviamente il problema, tanto per cambiare, nasce a Bruxelles, cioè nasce dalla nostra adesione all’Unione Europea.
In questo caso perché siamo sotto procedura di infrazione per violazione delle direttive comunitarie (96/62/CE, 1999/30/CE, e 2008/50) sulla salubrità dell’aria, specificatamente per le emissioni di biossido di azoto.
Il problema, come sempre quando si parla d’Italia, è che alle storture e ai problemi derivanti dal vincolo esterno (cessione di sovranità a UE ed Eurozona) si aggiunge l’ancora più grave problema del vincolo interno.
E cioè dalla pervicacia con cui la nostra classe dirigente, quindi anche politica, si ostina a prendere decisioni sempre e comunque peggiorative per la qualità di vita dei cittadini italiani.
Infatti l’Unione Europea in questo caso non dice quali misure dobbiamo adottare. Non ci ha chiesto l’istituzione di ZTL allargate. Né, tantomeno, ci ha chiesto l’implementazione dell’orwelliano sistema Mo-Ve-In. Cioè del sistema delle quote chilometriche annuali. Che è quindi un’invenzione tutta della nostra attuale classe politica.
Inoltre bisogna dire che anche il “fate presto” nel nome del “ce lo chiede l’Europa!” non è credibile alla luce del fatto che a oggi nessuno stato membro è stato mai sanzionato per la violazione di queste direttive e che comunque nessuno ha mai pagato un euro di multa.
Insomma i politici italiani potrebbero (e dovrebbero) scegliere altre strade per migliorare lo stato della mobilità urbana.
Primo tra tutti – come non ci stancheremo mai di ripetere – investire per migliorare e aumentare le possibilità di trasporto alternative. A partire ovviamente dal trasporto pubblico che in moltissime città italiane è semplicemente a livello di un Paese del terzo mondo (per la cronica mancanza di investimenti infrastrutturali, di mezzi, di personale e di manutenzione – questi sì perché ce li impone la UE).
Allargare a dismisura le zone a traffico limitato, rendere l’accesso in città a pagamento, impedire alle persone di utilizzare il proprio mezzo di trasporto ha quindi due soli risultati: la progressiva gentrificazione dei centri urbani e la nascita di tanti piccoli ghetti dove confinare i meno abbienti (classe media e ceti più poveri).
Con gentrificazione si intende il fenomeno attraverso il quale con l’aumento dei costi della vita si allontanano appunto le classi meno agiate dai centri città e dalle città in particolare.
Altro che città in 15 minuti. Rinchiudere la popolazione in quartieri ghetto dove mancano tutti o quasi i servizi essenziali è evidentemente una forma di lotta di classe dall’alto verso il basso.
Lo spiega perfettamente David Harvey – professore di antropologia al Graduate Center of the City University of New York che si occupa di economia politica e geopolitica – nel suo libro “Il capitalismo contro il diritto alla città”.
«Gli effetti della crescente polarizzazione della distribuzione della ricchezza e del potere sono indelebilmente impressi nelle forme spaziali delle nostre città, costituite sempre più da luoghi fortificati, da comunità chiuse e da spazi pubblici privatizzati tenuti sotto continua sorveglianza. […]
In particolare nel mondo in via di sviluppo, la città si sta dividendo in parti distinte, con l’apparente formazione di molti ‘micro-stati’.
Quartieri agiati provvisti di ogni tipo di servizi, come scuole esclusive, campi da golf e da tennis, polizia privata di pattuglia 24 ore su 24, sono a stretto contatto con insediamenti illegali dove l’acqua è disponibile solo presso le fontane pubbliche, dove non esiste un servizio igienico-sanitario, l’elettricità è ottenuta illegalmente solo da pochi privilegiati, le strade diventano fiumi di fango ogni volta che piove e coabitare è la norma.
Ogni frammento sembra vivere e funzionare autonomamente, tenendosi stretto quanto è riuscito ad afferrare nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. In queste condizioni, gli ideali di identità, di cittadinanza, di appartenenza e di una politica urbana coerente, già minacciati dal diffondersi epidemico dell’etica individualista, diventano molto più difficili da sostenere».
Gilberto Trombetta
(Fonti: www.lantidiplomatico.it/ e la Bottega del Barbieri)
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