L'altro giorno riflettevo su come sia potuto succedere che la capacità operativa di un'opposizione politica si sia estinta e sia oggi da ricostruire sostanzialmente da zero.
(...)Dunque la domanda è: cosa ci è successo?
Per avere un indizio è sufficiente guardare all’attivismo politico giovanile, che invero ancora esiste, ma la cui forma è istruttiva. È interessante notare su quali tematiche si concentra oggi tale attivismo. Una breve ispezione porterà alla luce:
1) Un ambientalismo focalizzato sul cambiamento climatico;
2) Problemi di identità di genere, violenza di genere, eguaglianza di genere, autodeterminazione di genere, linguaggio di genere;
3) Animalismo di tipo disneyano e pratiche alimentari autoflagellatorie (veganismo, laudationes della carne sintetica e della farina d’insetto, ecc.);
4) per i più arditi, qualche appello ai “diritti umani” in versione altamente selettiva (dove incidentalmente le violazioni avvengono tutte e solo presso i nemici dell’America).
Ciò che è essenziale sottolineare è come di contro possa esistere, ed esista:
1) un autentico ambientalismo “strutturale”;
2) una coscienza storico-strutturale della divisione sessuale del lavoro (e delle sue conseguenze di costume);
3) un’analisi delle forme di “reificazione” della natura senziente (animali) nell’industrializzazione moderna;
4) una coscienza politica dello sfruttamento e della violazione della natura umana.
E in ciascuno di questi casi è possibile riconoscere problemi reali collocandoli nella cornice complessiva dei processi di produzione economica e di distribuzione di potere del mondo contemporaneo.
Ma niente di tutto ciò fa parte per lo più dell’attivismo politico giovanile, che invece riceve dall’alto la sua agenda di “contestazione”, in un formato rigorosamente sterilizzato delle sue implicazioni strutturali.
In altri termini, i recinti in cui esercitare la propria contestazione, e le forme in cui identificare i problemi, sono calati da altitudini imperscrutabili, attraverso l’apparato mediatico, l’indottrinamento scolastico e universitario. Si creano così confortevoli bolle di contestazione, col certificato di bontà progressiva, fornito da fonti accreditate.
(...)
Questo processo di costruzione di recinti artefatti, privi di ancoramento strutturale, non è però nuovo ed è sbagliato focalizzarsi solo su chi è giovane oggi. Si tratta di un processo iniziato almeno negli anni ’80, che semplicemente nel tempo si è ampliato e perfezionato. Tutto lo sforzo concettuale compiuto dalla riflessione marxiana (in parte già hegeliana) e sviluppato poi per oltre un secolo, è stato cancellato con la candeggina della nuova potenza mediatica.
Oggi queste agende “politiche” accuratamente evirate si diffondono e fanno sentire le loro voce, caratteristicamente stridula, che poi viene riecheggiata, magari benevolmente rimbrottata in qualche eccesso, ma alla fine benedetta, dai portavoce del potere.
Siamo così ricaduti in un’analisi della storia, della politica e geopolitica che, dimentica di quali sono le leve reali del potere, si dedica anima e corpo a letture moraleggianti del mondo, alla cronaca nera, allo scandalismo benpensante, al politicamente corretto, al gossip politico.
(...)
La compartimentazione della protesta secondo i recinti ideologici preparati a monte produce, oltre ad un effetto di sostanziale impotenza, una completa perdita di equilibrio e di capacità di valutare le proporzioni dei problemi. Ciascuno di questi giochi ideologici recintati appare a chi lo frequenta un cosmo, l’unico punto di vista da cui tutto il mondo si vede al meglio. E questo genera una pazzesca suscettibilità nei frequentatori di quei recinti, perché investono tutta la propria energia e passione in quel campetto accuratamente delimitato: c’è gente che passa due volte al giorno davanti alla vecchietta che crepa di stenti nell’appartamento accanto, ma sobbalza con gli occhi iniettati di sangue se usi un pronome di genere disapprovato; c’è gente che si scandalizza per le violazioni dei diritti umani in Bielorussia (in cui non hanno mai messo piede) e poi ti spiega che è giusto licenziare i “novax” e privarli delle cure ospedaliere; ci sono finanche studenti che rivendicano la meritocrazia e poi votano Calenda...
(...)
Ma nessuna ingiustizia resterà impunita.
Stralcio di un articolo di Andrea Zhok
La compartimentazione della protesta secondo i recinti ideologici preparati a monte produce, oltre ad un effetto di sostanziale impotenza, una completa perdita di equilibrio e di capacità di valutare le proporzioni dei problemi. Ciascuno di questi giochi ideologici recintati appare a chi lo frequenta un cosmo, l’unico punto di vista da cui tutto il mondo si vede al meglio. E questo genera una pazzesca suscettibilità nei frequentatori di quei recinti, perché investono tutta la propria energia e passione in quel campetto accuratamente delimitato: c’è gente che passa due volte al giorno davanti alla vecchietta che crepa di stenti nell’appartamento accanto, ma sobbalza con gli occhi iniettati di sangue se usi un pronome di genere disapprovato; c’è gente che si scandalizza per le violazioni dei diritti umani in Bielorussia (in cui non hanno mai messo piede) e poi ti spiega che è giusto licenziare i “novax” e privarli delle cure ospedaliere; ci sono finanche studenti che rivendicano la meritocrazia e poi votano Calenda...
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Ma nessuna ingiustizia resterà impunita.
Stralcio di un articolo di Andrea Zhok
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