Si può risolvere un conflitto, con la mistificazione delle cause che lo hanno determinato, col ricatto, con le armi, e con l’imbroglio?
La pace non si chiede nelle piazze, ma si costruisce
Vi prego, vi prego di leggere con attenzione.
La nostra missione sulla terra è quella di raggiungere la pace e la felicità superando ogni dolore, persino quello di nascita e di morte.
Per compiere questa missione dobbiamo costruire la cultura del bene comune, basandoci sulle opere e non sulle parole e mettendo ogni nostra azione difronte allo specchio del bene comune.
Due persone che litigano si rinfacciano reciprocamente i mali o le cattive azioni subite, cosa che inevitabilmente porta a un crescendo che può portare ad atti di gravità anche estrema.
Certamente se l’agone si trasformasse in atto estremo (vari tipi di separazione o morte), non ci sarebbero più le condizioni per litigare, ma se a un certo punto uno dei due contendenti cominciasse ad abbassare i toni perché è più maturo dell’altro, perché il suo sostentamento dipende dall’altro, perché la separazione di cui sopra creerebbe danni al gruppo di appartenenza, perché… (per tutte le ragioni ipotizzabili), dicevo abbassasse i toni sino a calmare gli animi, non si raggiungerebbe la pace, ma un armistizio.
Perché qualcuno ha ceduto, perché c’è stato un compromesso.
Quindi rimane una forma di insoddisfazione che può etremizzarsi in rancore, una condizione più o meno cosciente di attesa, di aspettare l’occasione per prendersi una rivincita o il desiderio di trovare una soluzione magari confidandosi con qualcuno. A questo punto si apre un mondo di occasioni per il “rappacificatore o il paciere”. Una metafora interessante è rappresentata dal “paciere” che rincara la dose trasformando l’interlocutore in preda promettendogli “paradisi terreni”.
E’ un problema culturale, di consuetudini, di valutazioni attive e passive, di frasi che risuonano nelle orecchie e che richiamano e fanno scattare il giudizio e la valutazione del debitore e del debito “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, tutte cose da superare e tentare vie nuove per trovare come costruire la cultura della pace al posto di quella dell’armistizio.
Se due che litigano invece di rinfacciarsi le offese o i danni subiti rinfacciassero all’altro le cose carine e gli aiuti avuti dall’altro, semplicemente, ci sarebbe la tramutazione del malumore in buonumore, un crescendo fantastico di quella sensazione di essere apprezzati, magari di riconoscere cose belle fatte o ricevute di cui ci si era dimenticati. Chissà quali belle idee potrebbero venire, quali modi si possano scovare per costruire la pace nel mondo, per viverla questa pace, vivere la pace e non invocarla.
Adesso siamo nello stato d’animo giusto per parlare dei poveri ucraini e dei poveri russi che subiscono la guerra, si tratta di esseri umani che soffrono e muoiono, ferite e amputazioni al corpo dell’umanità di cui ognuno di noi è parte.
Se due persone litigano e siamo presenti, cerchiamo di intervenire per mettere la pace. Se poi perdono la ragione arrivando alle mani, non restiamo a guardare li dividiamo e cerchiamo di riportarli alla ragione. Stessa cosa fa o dovrebbe fare uno Stato con le sue Leggi, con le sue Istituzioni, verso i suoi amministrati e verso gli altri Paesi.
Siamo persone, siamo umanità e non portatori di interessi, quindi, la soluzione non va cercata nelle sanzioni, nel valutare vantaggi e svantaggi economici, non va cercata nell’analisi del contendere, ma sulla ricerca di come gestire i popoli dei vari Paesi del mondo, di come assicurare ai Popoli una vita degna di essere vissuta. E questa dimensione umana non si trova nei regimi democratici e non si trova nei regimi totalitari, perché di regimi si parla.
Noi rileviamo nel nostro Paese una bassa partecipazione al voto e chi vota sceglie il meno peggio. In sintesi, il fallimento della democrazia. Sul sistema russo, quello cinese, quello europeo e di altri Paesi, su quanto siano graditi questi sistemi, questi regimi da chi li subisce e non gli è consentita la partecipazione propria delle democrazie dirette o indirette. Credo che sia su questa realtà e ponendosi difronte ai fatti come umanità e non come individui, che bisogna focalizzarsi piuttosto che addebitare a questo o a quell’altro Paese, a questa o quell’altra persona colpe o malvagità. È questa umanità che nonostante abbia avuto l’esempio di veri paceri, di cuori generosi e menti intelligenti, che continui a perdere molte occasioni per costruire e raggiungere quella pace e quella felicità umanamente possibili.
Chi ha i media in mano può orientare l’opinione pubblica mettendo in rilievo le parti dei fatti che occorrono per dare veridicità a ciò che vuole dimostrare o che ti vuole propinare, estraendo una parola o una frase da un contesto e utilizzando mille altre furbizie.
Se mi mandano una foto che rappresenta un uomo che uccide una donna con un coltello, basta l’aggiunta di una didascalia con scritto efferato omicidio per convincermi che l’uomo è un malvagio, ma se la donna è un agente in borghese che ha già ucciso mia moglie e sta per uccidere i miei figli, il fatto che usi un coltello per ucciderla vuol dire che non ho armi e che sto difendendo la mia vita e quella dei miei cari non con un’arma, ma col coltello per tagliare il pane e non per mestiere o vocazione ma per extrema ratio, rimedio estremo.
Ciò che bisogna fare adesso e di andare oltre la foto istantanea e cogliere l’occasione perché non si ripetano tragedie come quella che direttamente o indirettamente sta subendo questa umanità.
Smetterla di fare i conti con le implicazioni economiche che comporta ogni azione, con le sanzioni ed altre diavolerie che non fanno altro che produrre sofferenze e rancori e mettersi a un tavolo per costruire forme di governo per il bene comune e le pari opportunità per le Persone e per i Popoli. Creare le condizioni per cui non ci siano fasce di aggressione e fasce di protezione, condannare tutte le azioni che sono di potere e non di servizio per il bene dell’umanità.
Sin quando forza e potere saranno gli strumenti per cessare una guerra, per giungere a un accordo, ci saranno sempre le verità dei potenti a condizionare l’opinione pubblica e ci saranno sempre vincitori e vinti, buoni e malvagi, quindi, non ci sarà pace nel mondo.
La ricerca va fatta su cosa unisce l’umanità, su come superare le contrapposizioni anziché crearle per gestirle a proprio vantaggio.
Se pensiamo solo a quanto sia difficile creare e mantenere non dico la felicità ma il benessere per una famiglia, fermiamoci a pensare alla responsabilità che ha un governante per gli stessi fini estesi a un popolo.
Quello che i popoli e gli eserciti devono chiedere è l’immediato cessate il fuoco, il riconoscimento della necessità di creare un parlamento mondiale, dove il principio non è quello di raggiungere un pensiero unico, ma di guardare all’interno di ogni regime e suggerire dall’esterno i consigli per migliorarlo. Così facendo cadranno i regimi e ci potranno essere diversi tipi di gestione dei Popoli, ma sarebbero gestioni di popoli raggiunte anche col contributo di chi la pensa diversamente, un sistema di collaborazione tra rappresentanti di popoli uniti nelle loro differenze. Quindi, di Popoli uniti nelle loro differenze.
Nati per essere felici
Costruire nuove strade basate sul bene comune, l’Architettura Ambientale Integrata e il Liberismo Sostenibile, ma forse è giunto il momento di insegnare il coraggio di vivere per amore e di morire per amore e utilizzare in modo corretto quella immensa energia di cui siamo dotati per superare la materia e smetterla una volta per tutte di costruire armi per uccidere, farsi del male e fare del male.
Siamo nati per essere felici
Benito Castorina
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