Il dronino Black Hornet - “calabrone nero” - dell’americana Flir Systems è una sorta di piccolissimo elicottero da combattimento che sta entrando in servizio presso le forze armate di diversi paesi occidentali. L’apparecchio, che pesa circa due etti, non è di per sé un’arma. Il suo ruolo è quello della ricognizione avanzata, soprattutto nel corso di scontri in ambito urbano.
Sulla carta le sue prestazioni non sono particolarmente eccitanti: il raggio d’azione non supera i due chilometri, la velocità di crociera massima è di 20 km all’ora e l’autonomia della batteria è limitata a venticinque minuti. In compenso è silenzioso, quasi invisibile e alle basse velocità così manovrabile da potere essere utilizzato per andare in avanscoperta perfino all’interno di edifici in mano nemica - il tutto mentre trasmette all'operatore immagini in tempo reale di possibili imboscate ed altri pericoli.
Come suggeriscono le sue caratteristiche, il Black Hornet è stato concepito principalmente per assistere truppe da terra durante l’assalto ad obbiettivi cittadini, dove le distanze sono brevi e le costruzioni ostacolano l’operazione di elicotteri convenzionali e di mezzi corazzati. Secondo l’emergente dottrina militare nei paesi avanzati, saranno le metropoli - molto più delle zone perlopiù rurali del recente passato - il teatro dei combattimenti più importanti.
È probabilmente inevitabile che, seguendo l’evoluzione dei droni militari maggiori, i futuri discendenti del calabrone da guerra non saranno unicamente dei ricognitori passivi, ma delle vere e proprio munizioni volanti, capaci non solo di “vedere” il bersaglio ma di rincorrerlo su per le scale o giù in cantina - un motivo in più per acquisire l’abitudine di tenere le porte sempre ben chiuse.
James Hansen - redazione@notadesign.net
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