mercoledì 24 settembre 2014

Porre fine alla devastazione della Terra - Messaggio dei comunisti ambientalisti


Per porre fine alla devastazione della Terra bisogna instaurare il socialismo! Per porre fine al cambiamento climatico, bisogna cambiare il sistema sociale!

Com’è potuto accadere che tanta indifferenza, tanto silenzio, tanta volontaria o inconsapevole “ignoranza” abbiano pervaso la società da quando, negli anni ‘60 e ‘70, si radunavano folle di persone indignate per manifestare contro i crimini commessi in Vietnam, in Sud America, nei campi profughi palestinesi o contro il licenziamento di alcuni operai in Fiat? Di quali subdole armi ha potuto disporre il potere per stendere una spessa coltre sulla sensibilità e sulla capacità reattiva delle coscienze?
Con questa domanda inizia la didascalia della pagina 4° di copertina di ANCHE SE NOI CI CREDIAMO ASSOLTI... La manipolazione del consenso (e persino del... dissenso) che ci rende complici dell’oppressore - Il caso Palestina, il libro di Enrico Conti che recentemente Zambon editore ha dedicato al genocidio e alla pulizia etnica che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti sta facendo in Palestina.

Orbene, le grandi manifestazioni che si sono svolte domenica scorsa in tanti paesi “per salvare il pianeta” ricordano certamente a molti le grandi manifestazioni che si svolsero in tanti paesi nel marzo 2003 per impedire la guerra che il governo USA lanciò contro l’Iraq. Le grandi manifestazioni contro il disastro ambientale faranno storia, a differenza di quelle sopra ricordate contro la guerra, se rafforzeranno nel mondo la rinascita in corso del movimento comunista. In caso contrario a lungo andare produrrebbero assuefazione e fastidio, si spegnerebbero come si sono spente le altre.

Le manifestazioni nelle strade e nelle piazze servono a qualcosa se vi sono organismi che raccolgono e trasformano in forza politica la mobilitazione di sentimenti e di idee, la coscienza e lo slancio, il legame che la manifestazione produce: effetti che coinvolgono non solo chi promuove la manifestazione e chi vi partecipa, ma anche parti della popolazione fino allora estranee all’attività politica e sociale. In mancanza di organismi di questo genere, le manifestazioni diventano inutili parate e finiscono con l’esaurirsi. Come infatti è avvenuto negli anni successivi al 2003 per le manifestazioni contro la guerra.

Non bisogna chiedersi com’è avvenuto che nelle strade non ci sono più grandi manifestazioni contro la guerra, ma come mai non c’erano organismi che le traducevano in forza politica che imprimesse agli avvenimenti un corso diverso.

Certamente le grandi manifestazioni contro la crisi ambientale, contro il cambiamento climatico, contro la devastazione e il saccheggio del pianeta, corrono lo stesso rischio se prevarrà l’idea che devono servire a “mandare un messaggio ai potenti della terra che da domani si riuniranno a New York per il summit delle Nazioni Unite sul clima” (come esortava il manifesto di domenica 21 settembre). Perché sarebbe come andare a chiedere alle volpi di proteggere le galline! I “potenti della terra” che si riuniscono a New York, in misura largamente predominante sono gli esponenti, i delegati e gli agenti della classe dominante responsabile del corso delle cose che ha portato al disastro ambientale e lo alimenta: la borghesia imperialista.

Non sono loro che possono cambiare il corso delle cose: lo possono fare solo le classi sfruttate e i popoli oppressi mobilitati e diretti dai comunisti a instaurare il socialismo.

Lo sconvolgimento dell’ambiente, il cambiamento climatico, la devastazione e il saccheggio del pianeta sono il risultato a cui la società borghese è approdata sviluppandosi in conformità alla sua propria natura. La borghesia ha portato  l’umanità a disporre di grandi forze produttive che adoperate con la logica del capitalismo, ossia per produrre profitti, producono questi effetti. La crisi generale del capitalismo costringe la borghesia a operare come opera. Marchionne ha abolito le pause, tolto diritti e licenziato, ma ha anche dato una grande e utile lezione: “Siamo in guerra!”.

Con la stessa logica e per lo stesso motivo la borghesia deve moltiplicare la produzione di oggetti inutili e nocivi, distruggere foreste, sfruttare risorse minerarie, devastare in mille modi il pianeta. La crisi generale del capitalismo costringe la borghesia imperialista ad agire come agisce.

Alcuni portavoce della sinistra borghese, come la largamente nota Naomi Klein, gridano contro il “capitalismo deregolamentato”. Ma il capitalismo regolamentato dei primi trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale era il capitalismo che subiva “lacci e laccioli” sotto la minaccia del movimento comunista, che allora alla borghesia imperialista e al suo clero sembrava in irresistibile ascesa.
Invece la prima ondata della rivoluzione proletaria si è esaurita. Imbrigliato dai suoi propri limiti, il movimento comunista non è arrivato a instaurare il socialismo nei paesi imperialisti e perfino i primi paesi socialisti si sono in larga misura sostanzialmente reintegrati (sia pure in forme e a livelli diversi) nel sistema imperialista mondiale. La borghesia ha ripreso il sopravvento ed è nuovamente alle prese con la crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale.

La crisi ambientale è un allarme che suona per tutti. Ma “i potenti della terra” non ci possono fare niente. Anzi devono accelerare la marcia verso il disastro come allargano e moltiplicano le guerre e gettano una parte crescente dell’umanità nella disoccupazione, nella miseria e nell’abbrutimento: perché per loro natura non hanno altro modo di fare, non possono fare diversamente, devono accrescere il loro capitale. L’obiezione che giustamente vi fanno di fronte all’allarme, è che la crisi economica non lascia alternativa. È per questo che in ogni campo e in ogni paese la destra borghese trascina sulla sua strada la sinistra borghese. Renzi prevale su Bersani e affascina Vendola.

La crisi ambientale si aggiunge alla crisi economica, è un aspetto della crisi generale del capitalismo. La soluzione è comune: bisogna togliere ai capitalisti le aziende che producono beni e servizi. Per i capitalisti la produzione di beni e servizi è solo un mezzo per valorizzare il loro capitale. Le loro istituzioni non possono che far valere questa legge, che per i capitalisti è legge di natura. Mentre è possibile produrre tutti i beni e servizi di cui l’umanità ha bisogno perché tutti vivano al massimo livello di civiltà che l’umanità ha concepito, non solo senza devastare il pianeta ma addirittura migliorandolo rispetto allo stato in cui lo ereditiamo. Ma per questo bisogna fare della produzione di beni e servizi un’attività diretta a soddisfare i bisogni della popolazione, bisogna confiscare le aziende ai capitalisti e farne delle agenzie pubbliche, gestite dalle autorità pubbliche: e questo è uno degli aspetti base, degli aspetti fondanti del socialismo.

I comunisti devono portare in tutte le mobilitazioni ambientaliste queste semplici verità!

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