Continua
l’orgia di stupidaggini legata alla manovrina pre-elettorale con
cui i democratici americani vorrebbero scongiurare la rielezione di
Trump. E, naturalmente, continua la pedissequa emulazione europea –
italiana in particolare – di tutte le castronerie che ci giungono
da oltre oceano. L’obiettivo dichiarato degli esteti
dell’antirazzismo è del tutto simile a quello messo in atto dai
Talebani afghani che, qualche anno fa, fece rabbrividire ogni normale
individuo pensante: la distruzione delle gigantesche statue (di
immenso valore artistico e storico-antropologico) che erano
testimonianza di un’epoca antecedente alla islamizzazione
dell’Afghanistan.
In
fondo, chi ieri decapitava i Buddha di Bamiyan e chi oggi decapita le
statue di Cristoforo Colombo é spinto da una medesima molla:
l’intolleranza verso un passato che non si condivide, il desiderio
– irrealizzabile – di cancellare la storia con un candelotto di
dinamite o con un colpo di maglio.
Sull’assurdità
di una tale intolleranza estetico-ideologica non vale neanche la pena
di soffermarsi. Immaginate se, per esempio, i cattolici italiani
dovessero chiedere l’abbattimento del Colosseo, perchè luogo del
martirio dei primi cristiani... O se i repubblicani francesi
dovessero reclamare la distruzione della reggia di Versailles...
Ma
torniamo agli odierni talebani “antirazzisti”. Intolleranza a
parte, violenza a parte, prepotenza a parte, le loro rivendicazioni
muovono da una sovrana ignoranza della storia europea e occidentale.
Dico questo, perché il rifiuto del razzismo è entrato a far parte
della mentalitá (e della storia) dell’uomo bianco piú o meno da
mezzo secolo a questa parte. Fino ad allora, fino a dieci o vent’anni
dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Europa era razzista,
l’America era razzista, l’Occidente tutto era razzista. Ove,
naturalmente, per razzismo si intenda – cito da Wikipedia – «la
divisione biologica dell'umanità in razze superiori e inferiori».
Le
mie affermazioni potranno sembrare paradossali, ma cosí non é. Le
prime leggi settoriali contro la discriminazione razziale negli Stati
Uniti d’America – cito sempre da Wikipedia – sono del 1964 (il
Civil Rights Act)
e del 1965 (il Voting
Rights Act); ma la
legge contro la mescolanza razziale (Racial
Integrity Act) rimase
in vigore ancora per qualche tempo, considerato che ancóra nel 1967
un uomo bianco e una donna nera furono condannati ad un anno di
carcere per essersi uniti in matrimonio.
A
parte la pignolesca legislazione americana, comunque, la convinzione
generalizzata del mondo occidentale era che le diverse razze umane
fossero ben distinte, e che tra loro esistesse una precisa gerarchia,
con al vertice la razza bianca. Convinzione talmente diffusa da
rendere superflua una legislazione ad
hoc. Almeno fino
all’arrivo in Germania di Adolf Hitler, il quale ebbe bisogno di
legiferare non per codificare un razzismo generalizzato che già
faceva parte del comune sentire della popolazione, ma per stabilire
una discriminazione di tipo nuovo che aveva per obiettivo una
comunitá bianca – gli ebrei – che da quel momento in poi si
voleva considerare come una razza a parte.
Tutto
ció premesso, é logico e naturale che a suo tempo i protagonisti
della storia d’Europa e d’America abbiano espresso opinioni
razziste, in linea con il comune sentire della societá dell’epoca.
Non solo Cristoforo Colombo, il generale Lee, Churchill o Montanelli;
ma anche tanti altri, tantissimi altri di cui l’ignoranza degli
odierni tagliatori di teste non si è accorta.
Possibili
citazioni a tonnellate, e assolutamente bipartisan
– come si direbbe oggi – nel senso che riguardano tutti gli
ámbiti ed anche tutti i settori politici delle relative epoche.
Evito una stucchevole elencazione, ma qualche significativa citazione
vorrei comunque farla. La prima riguarda Voltaire, il padre
dell’Illuminismo. Non solo Voltaire dava per scontata la
superioritá degli europei rispetto ai “popoli barbari”, ma era
un convinto assertore del poligenismo,
ovvero della tesi secondo cui le varie razze umane avessero origini
diverse e separate, e che non derivassero da un’unica coppia di
genitori, come affermato dalla Bibbia.
Dopo
Voltaire, Immanuel Kant, forse il massimo filosofo occidentale. Kant
teorizzava l’esistenza di una razza bianca, nettamente superiore, e
di tre inferiori razze di colore (“Sulle
diverse razze dell’uomo”,
1775).
Ma
il caso piú stimolante – come ci ricorda Spartaco Pupo sul sito
“Ereticamente” – è forse quello di Karl Marx, il fondatore del
comunismo. Ebbene, quando Marx diceva «lavoratori di tutto il mondo,
unitevi» non si riferiva proprio a tutti i lavoratori del mondo, ma
soltanto a quelli appartenenti ai «popoli civili», non a quelli
«incivili» (“Per
la critica dell’Economia politica”,
1859). Per tacere delle «caratteristiche razziali innate» invocate
come elementi di sviluppo sociale (“Il
Capitale”, 1867).
Ebbene,
piaccia o non piaccia, questo è stato l’atteggiamento verso il
razzismo dei nostri uomini di Stato, dei nostri filosofi, dei nostri
letterati fino a tutta la prima metá del secolo scorso (con le prime
eccezioni apparse soltanto a Novecento inoltrato). Sono questi uomini
di Stato, questi filosofi, questi letterati che ancòra ci guardano
dall’alto dei monumenti, testimonianza della nostra storia, della
nostra tradizione, della nostra cultura di ieri. E il fatto che
quella storia, quella tradizione, quella cultura non rispecchino il
comune sentire della società odierna non puó comportare
l’epurazione di tutti i grandi del passato, né il rogo dei loro
libri, né la decapitazione delle loro statue.
Tentare
di cancellare la storia d’Italia, d’Europa, dell’Occidente –
senza peraltro riuscirci – sarebbe un errore gravissimo da parte di
chi in Italia, in Europa, in Occidente é arrivato negli ultimi anni.
Servirebbe soltanto a farceli considerare non solo come estranei
portatori di una cultura diversa dalla nostra, ma anche come elementi
incompatibili con la nostra tradizione e con la nostra storia.
Sarebbe il miglior terreno di cultura per il razzismo. Il razzismo di
oggi – intendo – non quello di Cristoforo Colombo.
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