martedì 2 giugno 2015

Dis-economie dis-espansive e turbo-capitalismo da rapina




In materia economica c'è la disgrazia, da parte mia, è che io
considero l'economia tragicamente noiosa.

Credo che questo sia l'effetto del fatto che il 90% dei suoi contenuti
è falso, poiché non si tratta propriamente di una scienza , bensì
prevalentemente di uno strumento ingegneristico arbitrariamente
costruito per decidere come spostare il denaro.

Naturalmente, ci sono economisti che vale la pena di conoscere, come
Gerog Knapp, John Maynard Keynes, Joseph Stiglitz, Paul Krugman, Bruno
Amoroso, Jeremy Rifkin, e, giusto il cielo, Karl Marx, tanto per non
dimenticarci la natura del mondo in cui viviamo.

Ma l'economia di rapina costruita dal turbocapitalismo neoliberista
attualmente imperante meriterebbe solo di venire rasa a zero e basta.
Per chiarire in dettaglio tutto ciò che non va in essa bisognerebbe
scrivere un'opera in vari volumi, e io non ne ho voglia, è una
faccenda spaventosamente noiosa, desolante.

Tanto implode lo stesso, come tutte le cose malstrutturate.
Secondo me, chi abbia voglia di studiare un po' di meccanica
statistica (Maxwell, Boltzmann, Poincaré....) e magari qualcosina di
teoria lagraniana-hamiltoniana, si renderà conto facilmente che i
sistemi funzionano secondo leggi proprie tendenti al minimo di energia
potenziale attraverso trasformazioni di minima azione, le quali a
lungo termine prevalgono ampiamente su ogni pretesa umana di dirigere
il corso delle cose, il che significa che politici ed economisti
cercano di forzare localmente e momentaneamente i dettagli di percorsi
che in realtà non possono dirigere in modo globale, perché anche i
sistemi umani sono sistemi naturali, che non sfuggono alle
caratteristiche inevitabili citate.


L'impressione di decidere grandi cose, apparentemente così importanti
(come finge di recitare la nauseante propaganda dei mass media)
dipende dalla ristretta scala di percezione della vita umana
quotidiana: noi siamo piccoli rispetto al sistema, e le nostre
decisioni ci sembrano momentaneamente così importanti, ma il sistema
complessivo procede invece molto per conto suo, ed a modo suo genera
le spinte riequilibranti, che contano molto di più dei governi, perché
è la realtà ciò che fa e disfa i governi, non viceversa, come provano
a far credere i politici.

 En passant, per fare una politica economica espansiva occorrono spesa
pubblica, o sovrana o a deficit, riduzione fiscale (però spesa a
deficit e detassazione sono mutuamente conflittuali, sicchè niente può
sostituire completamente la sovranitù monetaria), gestione del cambio
valutario ed impiego dei dazi, atteso comunque che poi bisogna anche
vedere a vantaggio di quali classi e categorie sociali la si faccia,
perché anche Ronald Reagan fece della politica espansiva, però
detassando ricchi e destinando la spesa pubblica all'esercito, con
tutte le nefaste conseguenze di queste scriteriate scelte.


Ma sono ad ogni modo tutti strumenti di cui il catastrofico
macchinario dell'Italia incastrata nell'eurozona è privo, cioè il
governo NON PUO' fare una politica economica, non ne ha gli strumenti,
può fare solo cazzatine secondarie come spostare qualche euro da una
scatoletta all'altra, e i governativi di turno hanno il coraggio di
esaltare un equivoco 0,1 di crescita dopo 13 trimestri di recessione,
oltretutto con il trucco dozzinale di avere cambiato il paniere di
calcolo inserendo voci nuove (stupefacenti e prostituzione) ?


Il pil devastato viene salvato dall'introduzione di volumi di affari
che, in quanto illegali, sono esentasse, e questo dettaglio da solo la
dice lunga su quanto sia benefica la tassazione (ma anche le indagini
sulle relazioni tra evasione e rapporto debito/pil, è buffo che che
sia migliore il rapporto debito/pil di paesi ad alta evasione fiscale,
come il Messico, rispetto a quelli in cui è bassa, come gli Usa).


Non c'è alcuna speranza di politica economica espansiva italiana
perchè non ce ne sono gli strumenti, e un euro in più o in meno non fa
alcuna differenza sostanziale in queste condizioni.


Senza offesa per nessuno, queste costruzioni e inseguimenti di qualche
zero virgola in una struttura costituzionalmente depressiva fanno
ridere i polli, sono poco più che rimedi pubblicitari.


Io sono cresciuto in un paese che, impiegando gli strumenti sopra
citati, aveva crescite di pil del 4-8% e un debito contenuto al 55%.
Ma POTEVA fare scelte di politica economia, poteva agire.
Adesso no, potete solo continuare a impoverirvi, a vantaggio dell'1%
della popolazione che si arricchisce attraverso meccanismi parassitari
generativi di debito, naturalmente.


Non è altro che un conflitto tra capitale e lavoro nel quale il
capitale finanziario risucchia parassitariamente ricchezza da ogni e
qualsivoglia attività produttiva reale, distruggendone quindi ogni
capacità di crescita, di fronte alla rapina della valorizzazione del
capitale vincente.


Fino a che non ci si decida a fare come i greci, che hanno deciso di
abbandonare la nave che affonda, o anche, più modestamente, di fare
come fece la prima repubblica, il cui tasso di disoccupazione, mentre
il benessere diffuso lentamente ma inesorabilmente cresceva,m era
appena del 3% nel 1960, del 7% nel 1975, non oltre il 14% come ora,
con tasso giovanile oltre il 40%, ad annunciare il peggioramento
futuro prefigurato se non si cambi strada.

Vincenzo Zamboni

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