martedì 24 maggio 2022

Universo mondo. Una pace è ancora possibile?

 


Mentre sul terreno gli scontri in Ucraina diventano sempre più sanguinosi, sembrano affievolirsi sempre più le possibilità di una trattativa. Il problema principale è che da alcune delle forze in campo questa situazione è considerata ottima e corrisponde ad un preciso disegno strategico di indebolimento della Russia.

Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso il consigliere del presidente USA Brezinsky si vantò di avere attirato l’Unione Sovietica in una trappola in Afghanistan dove i Sovietici erano rimasti impantanati dopo essere intervenuti a sostegno del governo socialista minacciato dalla ribellione jihadista ben foraggiata dall’esterno. Allora la situazione fu sbloccata dalla decisione di Gorbacev di ritirare le truppe dall’Afghanistan

Oggi una strategia analoga è stata portata avanti in maniera moto più vasta. I presidenti Reagan e Bush senior avevano assicurato Gorbacev che la NATO non sarebbe mai stata fatta avanzare verso l’Est Europa se il leader sovietico avesse smantellato il Patto di Varsavia e la Germania Orientale. Ma, a partire dagli anni ’90, abbiamo assistito ad una spettacolosa avanzata della NATO fino ai confini della Federazione Russa. L’accerchiamento dei confini occidentali della Russia con decine di basi militari poste nei paesi limitrofi (dalla Norvegia, all’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Slovacchia, la Romania) è stata – a ragione – vista dai Russi come un tentativo di porli in una condizione di inferiorità strategica, anche con la prospettiva di dover impiegare ingenti risorse per spese militari. Contemporaneamente sono state effettuate una miriade di provocatorie “esercitazioni” della NATO presso i confini russi (con la partecipazione anche di truppe italiane) e gli USA si sono ritirati dal trattato per il divieto dei missili nucleari “tattici”, fatto che avrebbe permesso di schierarli a ridosso dei confini russi.

L’ultimo colpo è stato dato nel 2014 quando l’Ucraina – paese fino allora neutrale ed in buoni rapporti con la Russia che non l’aveva mai minacciata nel corso di 25 anni – è stata trascinata nell’orbita della NATO in seguito al colpo di stato di piazza Maidan sponsorizzato degli USA. Il colpo è stato attutato da formazioni militari apertamente naziste e ultranazionaliste, eredi di quelle formazioni che combatterono dalla parte di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli abitanti delle regioni russofone dell’Est, cui era stata promessa una larga autonomia con gli Accordi di Minsk del 2015, sono stati invece attaccati militarmente e bombardati a più riprese per 8 anni.

La narrazione occidentale secondo cui la Federazione Russa avrebbe attaccato l’Ucraina per la follia espansionista del nuovo “zar”, il “macellaio” Putin, è solo propaganda di basso livello che evita di prendere atto del contesto. In realtà qualsiasi governo russo, anche se dovesse cadere Putin, non si comporterebbe diversamente e sondaggi ritenuti affidabili dicono che la grande maggioranza dei Russi si sente minacciata ed approva la politica di Putin (eletto peraltro presidente con una larga maggioranza in regolari elezioni). Anzi Putin dopo il 2014 è stato molto prudente e fino al dicembre scorso ha puntato su una trattativa basata su proposte abbastanza moderate (neutralità dell’Ucraina, riconoscimento dell’autonomia delle regioni russofone del Donbass, riconoscimento del referendum avvenuto in Crimea). La risposta del presidente Zelensky, ostaggio degli ultranazionalisti e istigato dagli USA, è stata negativa determinando l’inizio della guerra.

Anche dopo l’inizio delle ostilità sarebbe stato probabilmente possibile una trattativa. Ne è testimonianza il fatto che i Russi hanno attaccato con una parte minima delle loro forze (poco più di centomila uomini) pensando forse ad un’operazione limitata, mentre le milizie e l’esercito ucraino ammontano a più di trecentomila uomini ampiamente armati e foraggiati dagli USA e dalla NATO già molto prima dell’inizio delle ostilità, ed in misura maggiore dopo lo scoppio della guerra. Il governo russo si è fatto probabilmente attirare in una trappola, pensando ad una guerra breve. Se però dovessero aumentare le difficoltà per la Russia, potrebbe verificarsi un aggravamento drammatico del conflitto con il richiamo dei riservisti o addirittura una mobilitazione generale in Russia, fatto finora non verificatosi. La strategia degli USA, degli ultranazionalisti ucraini e dei paesi più oltranzisti della NATO come la Polonia, i paesi baltici e il Regno Unito (ma anche l’Italia nonostante alcune ipocrite dichiarazioni pacifiste di Draghi e Di Maio che intanto continuano a mandare armi) è quella di continuare la guerra per indebolire e sfinire la Russia. Per questo si utilizzano anche le sanzioni, che finora hanno avuto comunque scarso successo visto che la Russia continua a vendere gas e petrolio a prezzi maggiorati, ed anzi indebolisce il dollaro chiedendo pagamenti in rubli, potendo inoltre anche contare sul sostegno della Cina e la neutralità di gran parte dei paesi del mondo.

Intanto il carattere strategico a livello mondiale della crisi è dimostrato anche dalle ultime folli dichiarazioni del presidente Biden durante il suo viaggio in Giappone. Biden ha auspicato una grande alleanza dei paesi del Pacifico in funzione anticinese ed ha anche dichiarato che “i segnali che mandiamo alla Russia” servono anche ad ammonire la Cina, considerata la principale antagonista, insieme alla Russia, della declinante egemonia USA. Gli assetti e gli equilibri mondiali stanno rapidamente mutando. Speriamo che a nessuno venga in mente di risolvere i problemi con una pioggia di bombe nucleari.

23 maggio 2022, Vincenzo Brandi



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