Il tentativo di rivolta armata fallito in Kazakistan (vasto paese centro-asiatico di enorme importanza strategica essendo incuneato tra Russia e Cina) si può considerare come l’ultimo tentativo di “rivoluzione colorata”. Con questo termine si possono indicare tutti i tentativi di rivolte e colpi di stato – innescati e sostenuti dagli Stati Uniti ed altre potenze occidentali - che si sono susseguiti in tutto il mondo negli ultimi 30 anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Lo scopo di questi tentativi (in genere indicati con nomi di colori vivaci o di fiori colorati) era di spazzare via una serie di governi indipendenti che non erano perfettamente allineati con le politiche di dominio occidentale e con gli interessi del grande capitalismo globalizzato di marca statunitense ed occidentale. La caduta del presidente Tokayev in Kazakistan, paese di grandi risorse naturali e soprattutto stretto alleato di Russia e Cina, avrebbe costituito un grosso problema per i due giganti euro-asiatici considerati concorrenti degli USA a livello economico, politico e militare.
Tra i numerosi colpi di stato e rivolte organizzate negli ultimi anni, possiamo ricordare il colpo di stato contro Milosevic nella ex-Jugoslavia, quello contro Yanucovych in Ucraina, quello contro Shevardnadze in Georgia, la rivolta armata organizzata contro Assad in Siria, il tentativo diretto contro Lukashenko in Bielorussia, il colpo di stato operato con l’aiuto truppe francesi contro Laurent Gbagbo in Costa d’Avorio, la defenestrazione e l’uccisione di Gheddafi in Libia con l’intervento diretto della NATO, eccetera. In ogni caso – benché la compiacente stampa occidentale e gli altri mass media pilotati – abbiano sempre definito questi personaggi come “dittatori” - si trattava in realtà sempre di presidenti e capi di stato regolarmente eletti in regolari elezioni, spesso con vaste maggioranze e consensi. Un caso particolare è quello di Gheddafi, che era un capo carismatico molto popolare nella maggior parte della popolazione libica, organizzata secondo una particolare forma di socialismo popolare (la Jamahiriya), e molto stimato da tutti i movimenti di liberazione africani.
Alcuni di questi tentativi sono falliti, come in Bielorussia, Hong-Kong e parzialmente in Siria, dove però un terzo del paese è ancora occupato da truppe straniere e la situazione economica – in seguito alla guerra - è disastrosa. Anche in Ucraina le regioni orientali abitate da Russi si sono opposte con le armi. Ma i metodi usati sono stati sempre gli stessi. Li riassumiamo sinteticamente:
-sanzioni economiche e pressioni militari ai confini, o bombardamenti diretti, per destabilizzare il paese da colpire;
-uso generalizzato di blogger opportunamente addestrati che incitano alla rivolta on-line sui social, in connessione con campagne di stampa dei mass media occidentali;
-uso spregiudicato delle cosiddette Organizzazioni non Governative (in realtà ben foraggiate da governi occidentali) per raccogliere consensi, specie tra i giovani, con false parole d’ordine libertarie;
-corruzione di alti funzionari governativi e capi dell’esercito, polizia e servizi segreti;
-utilizzo, come massa di manovra di minoranze etniche (come Curdi, Kossovari, ecc.) e di gruppi fanatici religiosi, specie musulmani (come in Iraq, Siria, Libia, ex-Jugoslavia, ecc.);
-uso spregiudicato di gruppi di destra di provata fede nazi-fascista e organizzati militarmente, come in Ucraina.
Il gioco però è ormai scoperto e in molti paesi si attuano contromisure. Così i Russi sono intervenuti in Kazakistan con l’assenso del governo locale, che ha ricevuto anche l’appoggio della Cina. I Russi sono intervenuti anche in Siria aiutando il governo locale a resistere all’assalto delle formazioni jahadiste di Al Qaida, Stato Islamico e gruppi filo-turchi. Paesi come la Repubblica Popolare coreana (RPDK) e l’Iran si dotano di efficienti apparati militari di difesa. Anche Russia e Cina rafforzano le proprie difese (anche se le loro spese militari, pur sommate tra loro, sono meno di un quarto di quelle degli USA!). Ѐ auspicabile che le tensioni e le provocazioni causate da queste continue operazioni aggressive non sfocino in un conflitto più vasto e generalizzato.
Vincenzo Brandi
Articolo collegato: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-situazione_stabilizzata_e_giornata_di_lutto_nazionale_in_kazakistan/82_44698/
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