Recentemente è ripresa la discussione sull’insegnamento religioso nelle scuole di Stato. E’ naturale che le istituzioni religiose difendano a spada tratta la loro materia, che assicura una retribuzione sicura a tanti preti, rabbini e mullah e che garantisce un’indubbia egemonia ideologico-politica. E’ meno naturale che quest’ora sia difesa come “spazio di libertà”.
Indubbiamente quando entrano in gioco certi interessi le parole volano, troppo spesso sganciate dal loro significato.
Personalmente sono favorevole all’insegnamento del pensiero filosofico laico, collegato alla cosiddetta "Spiritualità laica" o Biospiritualità, basata sulla conoscenza di Sé e sulla propria natura, e non su testi e romanzi inventati, questa è la prima ed unica forma di religiosità che ha promosso lo sviluppo della società umana nel suo complesso. Vedi ad esempio la funzione evolutiva svolta da filosofie come quella Platonica e Socratica, lo Zen, il Taoismo e l'Advaita Vedanta (nondualismo) ma vorrei che quest’insegnamento fosse reale, non fittizio. Infatti troppo spesso l’insegnante religioso sviluppa il suo programma "teorico" magari impartendo "educazione sessuale" (in forma pseudo tantrica) o lezioncine a sfondo etico/moralistico (roba per "innocenti").
L'insegnante deve essere qualificato nell'esperienza del Sé e non dal sapere accumulato sui libri. Così avveniva infatti nelle scuole Zen, ad esempio, in cui non era possibile insegnare se non si era sperimentato il Satori.
Le religioni sono una zavorra inutile. Eppure talvolta occorre analizzarle per lo meno allo sopo di ridimensionarle a quel che realmente sono: favole necessarie all'infanzia!
Paolo D'Arpini
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