Ma se sono consapevole degli alberi e dei fiumi, vuol dire che anche essi si trovano nella coscienza, altrimenti non li potrei percepire.
Perciò, a ben vedere, tutti i confini tra le "cose" tracciati dalla mente attraverso i nomi si trovano all'interno della Presenza-consapevolezza, la quale di per sé, come lo spazio, non sembra avere un limite, un "bordo esterno", né un centro né una periferia.
Il senso di esserci è sconfinato e non può essere diviso in parti separate. Da questo punto di vista, potremmo dire con l'advaita vedanta che l'essere (sat) è onnipresente e la coscienza (cit) è onnisciente.
Come possono allora i pensieri limitati che appaiono dentro la Presenza- consapevolezza riuscire ad afferrarla, a "com-prenderla"?
Come può la mente "vedere" la consapevolezza, se è la consapevolezza che vede tutto, compresa la mente?
La mente è una specie di "filtro" o di "riduttore di pressione" che restringe apparentemente il campo della consapevolezza globale in un fascio di attenzione seriale focalizzato soltanto su circoscritte porzioni di realtà, le quali - limitate entro i confini di un nome - appaiono come oggetti "là fuori" separati dall'osservatore.
Mauro Bergonzi
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