Sulla
figura di Marx
(1818-1883)
sono stati scritti innumerevoli saggi che tentano di interpretare la
sua filosofia e la sua attività politica. Sarebbe impossibile
riassumerli in una breve scheda come questa, ma ci sforzeremo di
tratteggiare alcune linee di interpretazione essenziali, mettendo in
luce i caratteri “scientifici” del suo pensiero più maturo.
E’
noto che il giovane Marx fu profondamente influenzato dalla filosofia
hegeliana. Fece parte del gruppo di filosofi che costituirono la
cosiddetta “sinistra
hegeliana”
che rileggevano in modo critico l’opera del maestro, fino a
distaccarsene profondamente. Tra questi: l’ateo e rivoluzionario
filocomunista Heinrich
Heine
(1797-1856); Friederich
Strauss
(1808-1874), che nell’opera “La
vita di Gesù”
interpretò in modo illuminista i Vangeli sottolineandone il
carattere mitico; il liberale Arnold
Ruge
(1802-1880), animatore della rivista “Annali
Tedeschi”,
poi chiusa d’autorità; e soprattutto Ludwig
Feuerbach
(1809-1872) che pose al centro del suo pensiero nella nota opera
“L’essenza
del Cristianesimo”
(1841) l’uomo concreto, con i suoi bisogni materiali, che “si
aliena” nella figura di un Dio creatore (nel senso che è l’uomo
che crea Dio). Il pensiero materialista di Feuerbach influenzò
profondamente Marx e l’amico Engels, che però lo criticarono anche
per l’assenza di dimensione “storica” nell’analizzare la
figura dell’Uomo.
Dopo
essersi laureato in filosofia nel 1841 con una tesi sulle differenze
tra Democrito ed Epicuro (vedi N. 15), Marx collaborò con la
“Gazzetta Renana”, giornale progressista poi chiuso d’autorità,
e quindi fu esule a Parigi, dove collaborò con Ruge, Heine, l’amico
Friedrich
Engels
e l’anarchico russo Bakunin alla rivista “Annali
Franco-Tedeschi”,
di cui potè uscire un solo un numero doppio prima dell’inevitabile
chiusura (1843). In questi anni, dopo aver steso i “Manoscritti
economico-filosofici”
(del 1844, ma pubblicati solo nel 1932) in cui sottolinea
l’alienazione del lavoro umano nel prodotto che non appartiene più
al lavoratore, e dopo aver collaborato con Engels alla stesura de “La
Sacra
Famiglia”
(1845) durante un ulteriore periodo di esilio a Bruxelles, Marx si
convinse che il problema era costituito dai rapporti di produzione
tra lavoratore e capitalista e che la dialettica andava intesa in
senso materiale e non idealistico come in Hegel. Questo cosiddetto
“rovesciamento” della dialettica è segnato soprattutto
nell’opera considerata una rottura rispetto all’hegelismo,
“L’Ideologia
Tedesca”
del 1846 (anch’essa pubblicata solo nel 1932), in cui si criticano
le varie forme storiche di proprietà privata, si parla di “lotta
di classe” tra contadino e feudatario e tra operaio e capitalista,
ed in cui è contenuta la celebre affermazione che i filosofi hanno
finora interpretato il mondo, mentre invece si tratta di cambiarlo
attraverso la prassi rivoluzionaria.
In
questo periodo poté usufruire dell’esperienza acquisita dall’amico
Engels nel suo periodo di lavoro in Inghilterra come amministratore
di una fabbrica del padre industriale. Engels, molto critico verso il
modo troppo empirico di procedere del movimento operaio inglese,
tradusse le sue esperienze nelle opere:”La
Situazione in Inghilterra”
e soprattutto “La
Condizione della Classe
Operaia
in Inghilterra”,
capolavoro sorretto da un’inchiesta sperimentale precisa. Inoltre,
dopo aver studiato accuratamente l’opera degli economisti classici
(soprattutto Ricardo) scrisse uno “Schizzo
per una critica dell’Economia Politica”,
in cui critica l’incapacità degli economisti di affrontare il tabù
della proprietà privata e dell’inconciliabilità degli interessi
delle varie classi. Da parte sua Marx scrisse nel periodo successivo
trascorso a Bruxelles “Lavoro
Salariato e Capitale”
e “Miseria
della Filosofia”
(1847) che contiene un duro attacco alle concezioni confuse di
Proudhon
sulla
proprietà. Dopo essere entrati in contatto con la Lega
dei Giusti
guidata da Weitling,
poi divenuta Lega
dei Comunisti,
Marx ed Engels pubblicarono il celebre Manifesto
del Partito Comunista
del 1848. Vi si afferma che le leggi dialettiche della società
capitalista porteranno necessariamente al suo affossamento da parte
del proletariato.
Questa visione storico-dialettica, basata su fatti
reali, ha preso il nome di “Materialismo
Storico”.
Nel
1867 fu pubblicata la prima parte dell’opera più importante,
benchè incompiuta, di Marx, ritiratosi definitivamente in
Inghilterra dopo il fallimento della rivoluzione del 1848 e
dedicatosi ad un intenso lavoro teorico: “Il
Capitale”
(altre due parti furono pubblicate nel 1885 e 1894 con il contributo
decisivo di Engels). I’opera era stata preceduta da altre due
importanti opere della maturità: i “Grundrisse”,
ovvero i “Lineamenti
fondamentali per una Critica dell’Economia Politica”,
opera ricchissima di spunti interessanti del 1858-59, ma pubblicata
solo in 1939-41, e “Per
una Critica
dell’Economia
Politica”
del 1859. In queste opere il pensiero di Marx assume un carattere
sempre più “scientifico” ponendolo sulla scia dei grandi
economisti classici. Marx infatti spiega lo sfruttamento ed il
conflitto di classe introducendo il concetto di “plusvalore”,
cioè la parte del valore del lavoro di cui il capitalista si
appropria (concetto comunque già presente in Ricardo e negli scritti
dell’economista filo-socialista Thomas
Hodgskin).
Egli introduce anche il concetto di
forza-lavoro
che viene messa a disposizione dal lavoratore in cambio del salario.
Ritiene che il profitto
e l’accumulazione e l’espansione del capitale dipendano
esclusivamente dal capitale
variabile
(che comprende i salari) e non dal capitale
fisso
(le macchine) e da quello circolante (che comprende anche il costi
di gestione, delle materie prime, ecc.). Di conseguenza il progresso
tecnico e l’uso generalizzato di macchine, che fa aumentare il peso
del capitale fisso e circolante, se da una lato aumentano la
produttività, dall’altro causano una caduta
tendenziale del saggio di profitto ed
un aumento della disoccupazione (con la formazione di un “esercito
industriale di
riserva”)
che rende difficile il problema della valorizzazione
del
capitale,
cioè del problema del ritorno in danaro del capitale investito, con
possibilità di crisi (problemi con cui il capitalismo dei nostri
giorni effettivamente si confronta, trovando uno sbocco in una
gigantesca finanziarizzazione
con la produzione di un’impressionante mole di titoli-spazzatura ed
ad alto rischio). Bisogna anche sottolineare che il modello
capitalistico di Marx è sempre di tipo concorrenziale, tipico del
Regno Unito a metà dell’800. Non si esaminano il problema dello
strapotere del capitale finanziario e dell’imperialismo (poi
esaminato brillantemente da Lenin), né il problema del capitale in
regime di monopolio (poi esaminato dallo stesso Lenin e dagli
economisti marxisti statunitensi Paul
Sweezy
e Paul
Baran).
Passando
alle interpretazioni del pensiero marxiano, Bertrand
Russell
ha recisamente affermato che l’opera di Marx manterrebbe intatta
tutta la sua validità di analisi economica e invito alla prassi
rivoluzionaria anche se si liberasse di tutte le “inutili”
residue “bardature hegeliane”. Un giudizio sotto vari aspetti
analogo è quello del filosofo francese “strutturalista” Louis
Althusser
(di cui scriveremo in un prossimo numero) secondo cui Marx studia le
“strutture” economico-sociali per poi poterle superare. Tra i
marxisti italiani, anche Galvano
della Volpe
predilige il Marx “scientifico” raccomandando di interpretarlo
alla luce di una prassi sperimentale di tipo galileiano. Al
contrario, il compianto filosofo Domenico
Losurdo
(purtroppo scomparso da poco) sottolinea l’importanza dell’eredità
hegeliana in Marx e parla di un Marx “umanista”. Anche il noto
filosofo marxista ungherese Gyorgy
Lukacs (1885-1971)
nell’opera “Storia
e Coscienza di Classe”(1923),
e altri scritti, ed il tedesco Karl
Korsh,
negli scritti “Marxismo
e Filosofia”
(sempre del 1923) e “Karl
Marx”
(1938) sottolineano l’importanza della dialettica hegeliana e
dell’autocoscienza del proletariato (attirandosi accuse di
idealismo). Dopo la seconda guerra mondiale il grande dirigente
comunista Kim
Il Sung,
fondatore della Corea Popolare Democratica, ed i suoi eredi politici,
hanno inserito un importante punto nella teoria marxista ufficiale di
quella nazione, il Juche;
secondo cui “l’uomo può tutto”, che deve essere interpretato
come valorizzazione della volontà cosciente collettiva dell’uomo
nella costruzione di una nuova società più giusta.
Passando
ad alcuni critici di Marx, come l’economista britannica di area
keynesiana e social-democratica Joan
Robinson o
il giapponese Morishima,
essi, pur criticando Marx, lo fanno sul piano prettamente scientifico
(contestando, ad esempio, la teoria del valore-lavoro o la formazione
dei prezzi basati sul capitale investito e sul tasso di profitto,
come si trova in Marx). Anche il ricardiano Piero
Sraffa,
nell’opera “Produzione
di Macchine mediante Macchine”
ha criticato la teoria economica del valore-lavoro ripresa da Marx.
Invece Karl
Popper
– come vedremo in un prossimo numero - considera le teorie marxiane
come dogmatiche, ovvero non sottoponibili a critica, trascurandone
completamente gli aspetti scientifici.
Secondo
il parere di chi scrive nella dialettica marxiana, pur se
“rovesciata” rispetto a quella idealistica hegeliana, permangono
elementi interpretabili come idealisti e teleologici, come l’uso di
una dialettica storica che porterebbe
“ineluttabilmente”
alla società comunista. Andrebbero invece valorizzati tutti gli
elementi scientifici (che ci permettono di parlare di un socialismo
“scientifico”) e gli aspetti di prassi rivoluzionaria cosciente.
La questione è molto complessa ed il dibattito aperto.
Vincenzo Brandi
- Ludovico Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, op. citata in biblografia
- F. Adorno e altri, “storia della Fil.”, op. cit. in bibl.
- Domenico Losurdo, “Il Marxismo Occidentale, come nacque e come morì”, op. cit. in bibl.
- Baran Paul, “Il Surplus e la Teoria marxista dello Sviluppo”, op. cit. in bibl.
- Della Volpe Galvano, “Russeau e Marx”, op. cit. in bibl.
- Bortkiewicz L. , “La Teoria Economica di Marx”, op. cit. in bibl.
- Kim Djeung Il, “A partire dagli Ideali Juchè”, GAMADI, op. cit. in bibl.
- Korsch Karl, “Karl Marx”, op. cit. in bibl.
- La Grassa G. F. , “Fuori dalla Corrente – Decostruzione e Ricostruzione di una Teoria critica del Capitalismo” , op. cit. in bibl.
- Lenin, “Opere Scelte”, op. cit. in bibl.
- Mandel Ernest, “La Formazione del Pensiero Economico di K. Marx”, op. cit. in bibl.
- Marx K. , “Il Capitale”, op. cit. in bibl.
- Marx K. , “Per una Critica dell’Economia Politica”, op. cit. in bibl.
- Marx K. , “Lineamenti fondamentai per una Critica dell’Ec. Pol.” (Grundrisse), op. cit. in bibl.
- Marx K. , “Miseria della Filosofia”, op. cit. in bibl.
- Marx K. , “Lavoro salariato e Capitale”, op. cit. in bibl.
- Marx K. – F. Engels, “La Concezione materialista della Storia”, op. cit. in bibl.
- Marx K. – F. Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, op. cit. in bibl.
- Marx K – F. Engels, “Opere scelte”, op. cit. in bibl.
- Marx K. – Ruge A. , “Annali Franco-Tedeschi”, op. cit. in bibl.
- Morandi Bruno, “Introduzione a Marx”, op. cit. in bibl.
- Moro Domenico, “Nuovo Compendio del Capitale”, op. cit. in bibl.
- Morishima M. , “La Teoria Economica di Marx”, op. cit. in bibl.
- Robinson Joan, “Saggi su Marx e Marxisti”, op. cit. in bibl.
- Sweezy Paul e altri, “Teoria dello Sviluppo Capitalistico”, op. cit. in bibl.
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