domenica 20 maggio 2018

Siamo tutti “Assange”... alla mercè di multinazionali e basi imperiali

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Quando i media fanno i cani da guardia della menzogna 

Dal 2012, inseguito da una falsa imputazione di stupro mossagli in Svezia e mai fornita di prove o testimoni, ridicolizzata dal rifiuto dei magistrati svedesi di interrogarlo in tutti questi anni, fino alla totale caduta dell’accusa, Julian si è rifugiato nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, protetto dall’asilo politico assicuratogli da Rafael Correa. Da quasi tre mesi, con al potere a Quito il rinnegato fantoccio Usa, Moreno, gli è stata tagliata la connessione internet e all’edificio dell’ambasciata è stata tolta la protezione contro eventuali tentativi di incursione di Scotland Yard, che Correa aveva fatto allestire. Confinato in una stanza senza luce esterna, malato e sotto enorme pressione psicofisica, con la vista deteriorata, impedito da ogni contatto esterno, Assange rischia l’estradizione.

La stanno negoziando Moreno con Londra e Washington. Una volta estromesso dall’ambasciata, l’uomo che ha messo il più grosso bastione tra le ruote della mafia mediatica occidentale e della politica di morte da questa servita, verrà consegnato agli americani, andrà sotto processo, finirà in carcere e rischierà la pena di morte per “collaborazione con servizi di intelligence ostili” e “alto tradimento”. Glielo hanno assicurato ceffi come Mike Pompeo, Segretario di Stato, e Gina Haspel, la torturatrice vicecapo della Cia, ora nominata da Trump a direttore della stessa.

Tra gli organi di stampa che si fanno passare per “liberal”, di sinistra, il più stimato rimane inspiegabilmente il “Guardian”, da lungo tempo distante anni luce dalle sue origini progressiste. Nelle ultime settimane, contro Assange, il quotidiano londinese ha tirato ben tre cannonate. Tutte basate su logore e già smentite fandonie, come la violenza sessuale, i miliardi accumulati da spia con la sottrazione di documenti, l’indubbio lavoro al servizio di Putin, immancabile. Il “Guardian”, che si può definire fratello e corrispettivo inglese del “manifesto”, come l’ultrà sionista “Liberation” lo è in Francia, compone quel trio “di sinistra” della stampa europea che ai politici e agli organi dell’imperialismo fornisce i puntelli morali per le loro operazioni. Che siano la necessità di liberare i paesi dai dittatori, l’obbligo di accogliere milioni di emigranti costretti a lasciare i loro paesi alla mercè delle multinazionali e basi imperiali, o la criminalizzazione di Assange figlio di buona donna russa.

Il trattamento riservato ad Assange, uno dei sempre più rari eroi dell’informazione non coartata e manipolata, è un crimine contro quel diritto di tutti noi che viene dopo il diritto alla vita, il diritto alla verità. Senza quello noi “stiamo come d’autunno sugli alberi le foglie”. Morituri.

Fulvio Grimaldi

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