Mentre gli avvenimenti incalzano con la duplice guerra in Medio
Oriente (Iraq e Siria) a cui si potrebbe aggiungere lo stato di caos e
guerra civile in Libia ed il conflitto in Palestina (Gaza) che in
questo momento sembra oscurato dai media, l’opinione pubblica
occidentale chiede a gran voce un intervento contro le barbarie dei
tagliatori di teste del Califfato dello Stato Islamico (ISIS) ma pochi
hanno compreso che la guerra in Medio Oriente contro l’ISIS è solo una
parte di quello che appare come un conflitto ormai generalizzato che
sta investendo, con modalità nuove e non convenzionali, un’area che va
dal Medio Oriente all’Europa, all’Asia, al Sud America.
Molti analisti internazionali (da Paul C. Roberts, a Thierry Meyssan,
Alfredo Jalife, ed altri) definiscono ormai apertamente questo
conflitto come la “terza guerra mondiale” già iniziata.
Non hanno torto (a nostro modesto avviso) ma occorre specificare che
si tratta di una guerra globale che non sarà come le altre, non certo
come la prima che fu combattuta sulle trincee, neppure come la seconda
che vide i bombardamenti massicci sulle città (Dresda, Amburgo,
Berlino), scontri di carri armati (Stalingrado) e l’uso dell’arma
atomica su Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti.
Questa, che è appena iniziata, sarà una guerra multidimensionalecome
già stiamo vedendo, una guerra che parte dal Medio Oriente ,dove le
principali potenze Stati Uniti, Israele, Francia e GB, mediante lo
spauracchio dell’ISIS, stanno effettuando un massiccio intervento (per
il momento soltanto dall’aria) per riposizionarsi in Iraq, in Siria ed
inseguono il chiaro obiettivo della balcanizzazione della regione, con
la finalità di controllare le risorse di quell’area strategica e di
isolare e contenere l’Iran, potenza emergente della regione,
ostacolare la Russia privandola dei suoi alleati strategici (Iran,
Siria) e costringendo Mosca a ritirarsi dalla regione per trincerarsi
nel Caucaso a difesa della sua zona meridionale dove si sa che vengono
infiltrati i miliziani integralisti per suscitare una insurrezione
delle minoranze islamiche presenti in quell’area. Fondamentale in
questa strategia il ruolo dell’Arabia Saudita, alleata degli USA e
complice, finanziatrice ed ispiratrice dei gruppi terroristi sunniti.
Il protagonista principale di questa guerra è l’elite di potere di
stanza a Washington che sta cercando, in forma neppure tanto
mascherata, di imporre la propria egemonia unipolare, sia sul piano
militare che su quello economico e sbarrare il passo alle due potenze
principali che gli contendono questa egemonia: la Russia e la Cina.
Proviamo a riepilogare sinteticamente gli avvenimenti.
Sono di questi giorni gli episodi come l’insurrezione pacifica
avvenuta in Hong Kong, distretto della Cina, ove gli studenti sono in
rivolta per chiedere più democrazia e ci sono prove evidenti che, a
prescindere dalle istanze giustificabili degli studenti, alcune
organizzazioni studentesche sono state finanziate da un organismo made
in USA,la National Endowmenet of Democracy (NED), che appartiene al
partito democratico USA, di cui è presidente , Carl Gershman, con
mezzo milione di dollari.
Appare evidente l’interesse degli USA ad indebolire la Cina operando
perchè sorgano conflitti al suo interno, meglio se con una possibile
“rivoluzione arancione”, di quelle già sperimantate dalla CIA.
Per non parlare delle manovre fatte dal governo di Washington per
accerchiare militarmente la Cina con nuove basi militari aereonavali
USA nel Pacifico e con gli accordi, in funzione anti cinese, stipulati
ultimamente con Thailandia e Vietnam.
Tuttavia il conflitto asimmetrico e multidimensionale non è limitato
all’Eurasia e Medio Oriente ma sta investendo anche il Sud America e
lo si sta portando con modalità diverse su tre paesi importantissimi:
il Brasile, l’Argentina, il Venezuela. In Brasile dove si sta
svolgendo una contesa elettorale fittizia tra la candidata della elite
finanziaria anglosassone, Marina Silva la quale, con l’appoggio
finanziario delle entità bancarie sovranazionali, sta tentando di
rovesciare il governo della Wilma Roussef per dare un brusco cambio
alle politiche di autonomia applicate in quel paese.
In Argentina attraverso l’assedio finanziario che viene effettuato ai
danni del governo di quel paese con il palese tentativo, per mezzo dei
“fondi avvoltoio” , maneggiati dall’impresa israel statunitense,
Elliot Management Corp. ,di cui fanno parte l’ex candidato alla
presidenza repubblicano, Paul Singer, intimo di Netanyahu, fondi
manovrati da New York, e con l’intento di portare l’Argentina al
default , rovesciare il governo della Cristina Kirchner e rimettere
il paese sotto il controllo totale di Washington.
La stessa situazione anche più accanita si manifesta contro il
Venezuela, dove questo paese, capofila di un gruppo di nazioni latino
americane avverse all’impero USA (Bolivia, Nicaragua, Ecuador,
Uruguay) viene messo sotto assedio tra infiltrazione di mercenari e
provocatori dalla Colombia, stato satellite degli USA, e mediante
l’assedio finanziario e sabotaggio economico.
Stiamo vedendo una potenza come gli Stati Uniti totalmente esasperata
per le minacce alla propria supremazia e lo stesso Obama, che ha perso
molte battaglie, come accaduto l’anno passato in Siria, quando Putin,
in ultima istanza, grazie al suo ingegno creativo, ha risolto la
situazione determinata dalla minaccia di intervento USA, fermando i
bombardamenti con le consegna delle armi chimiche siriane.
Obama e gli strateghi di Washington hanno ripreso l’iniziativa creando
il fattore ISIS (ci sono una quantità di prove che l’ISIS è stato
creato dalla CIA e dal Mossad) nel Medio Oriente, utilizzando questo
pretesto vogliono prendere il controllo della Siria ed installarsi
nuovamente in Iraq, suddividendo il paese in tre stati (curdo, sunnita
e sciita) ed avendone il controllo delle risorse. Vedi: Dietro l’alibi
antiterrorismo la guerra del gas nel levante
Dalla crisi siriana si è arrivati poi all’esplosione della questione
ucraina, con il golpe pilotato dagli Stati Uniti a Kiev e la
conseguenza della guerra civile, la sucessiva contromossa di Putin
dell’annessione della Crimea alla Federazione russa. Una crisi che ha
visto ravvicinati i due principali apparati militari che si
fronteggiano in Europa: la NATO che ha attuato un processo di
accerchiamento strategico della Russia dal Baltico alla Georgia, e le
forze russe che si sono trincerate tra la Crimea, nel Baltico ed ai
confini meridionali del Caucaso per fronteggiare il sempre più
minaccioso schieramento della NATO.
Questo perchè bisogna avere presente la sequenza temporale degli
avvenimenti: la Russia si è opposta alla strategia americana che
voleva rovesciare il governo (alleato di Mosca) di al Assad a Damasco
e gli USA hanno attaccato gli interessi russi a nord, in Europa, dove
da tempo sobillavano per rovesciare il governo filo russo di Kiev.
I due conflitti, quello siriano e quello ucraino, sono collegati dallo
stesso fattore principale, la volontà statunitense di contrastare la
Russia e sottrarle le zone di influenza strategica.
La crisi siriana ed il fermo atteggiamento di Putin hanno portato alle
sanzioni contro Mosca e questa ha reagito stringendo maggiormante la
sua alleanza con i BRICS (Cina, India, Brasile e Sud Africa) di cui fa
parte e promuovendo un interscambio che esclude il dollaro e prevede
un organismo finanziario internazionale che si sostituisce al FMI.
Questo ha scatenato una guerra finanziaria e valutaria da parte del
governo USA e delle istituzioni anglosassoni che hanno cercato di
indebolire tutte le valute tranne il dollaro, affossare il valore
dell’oro, indebolire il rublo e cercare di isolare Mosca. Si tratta di
un’altra delle dimensioni di questo conflitto: quella economica e
finanziaria, tuttora in corso.
Tale situazione è stata sicuramente accelerata dall’ultimo vertice
tenutosi dei paesi aderenti al gruppo BRICS che ha di sicuro indotto
Washington a prendere contromisure sia finanziarie che militari, con
una corsa al riarmo missilistico e nucleare, in base alla nuova
dottrina dettata dagli strateghi neo cons della Casa Bianca, i quali
hano stabilito l’idea della inevitabilità di un conflitto degli USA
con Russia e Cina e della possibilità per gli USA di sferrare il
“primo colpo”.
” War is coming” ha scritto Paul Craig Roberts, un importante analista
americano, in un suo pezzo poco tempo fa, ma il mondo ancora non se ne
è accorto.
di Luciano Lago
Fonte: http://www.controinformazione.
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