La globalizzazione, che è prima di tutto globalizzazione degli stili di vita, del pensiero e della cultura (si fa per dire in entrambi i casi, perché quello contemporaneo è tutto fuorché un pensiero e quella nella quale siamo immersi è una subcultura), è arrivata dappertutto e le conseguenze sono nefaste, molto più di quanto in prima battuta si potrebbe pensare.
Quando in una piccola cittadina costaricense di pochissime migliaia di abitanti della provincia del Guanacaste in Costa Rica, una regione con una forte tradizione di allevamenti, culla dei cowboys del paese, una regione in cui le tradizioni sono ancora sentitissime e, nel bene e ovviamente anche nel male, orientano in buona parte la vita…, quando, dicevo, in questa cittadina, la domenica pomeriggio si tiene una mostra canina in cui ci sono quadrupedi di ogni tipo con nastrini colorati, vestitini, gonne, pantaloncini, cinture, mutande, code a pon pon e verniciate, fiocchetti, orecchini, collane, occhiali da sole, quando si acconcia il pelo dei poveri animali con trecce e perline e gli si pitturano le unghia...
Quando i padroni gli fanno leccare il gelato dal proprio cono, bere acqua dalla propria bottiglietta, quando tutti tra il pubblico scattano foto di continuo e le postano in tempo reale (ma non sono reali le vite che conduciamo, anche se questo è un altro discorso) su facebook, quando tutti applaudono a comando (siamo come le rane. Le tocchi sulla schiena e quelle saltano), quando i padroni tengono in braccio o nella borsetta i propri animali anziché farli camminare…
Quando i poveri cani, dato quanto sopra, non hanno più le espressioni canine che gli appartengono per natura, bensì espressioni terribilmente stupide, uguali a quelle dei loro padroni (ed è una grande perdita perché i cani sono animali, oltreché nobili, straordinariamente intelligenti)…
Tutto questo, e altro ancora, significa una cosa ben precisa… e cioè che siamo una società che vive senza un senso e lontana anni luce dalla realtà.
Significa anche che come società non abbiamo più speranze di alcunché, che siamo alla frutta. La domanda è dunque la seguente: i tentativi di salvare questa civiltà hanno un senso o sarebbe meglio arrivasse una catastrofe interplanetaria e intergalattica che la faccia fuori una volta per tutte e faccia ripartire sul pianeta Terra una Vita che invece un senso ce l’abbia?
A seguire un passaggio tratto da "Liberi dalla civilta' " (p.182 Mimesis Edizioni) di Enrico Manicardi
Scrive Colin Turnbull nella sua piu' famosa opera "I Pigmei, il popolo della foresta":
"Una sera, nella piccola radura illuminata da una luce argentata, c'era il raffinato Kenge, con il vestito di corteccia ornato di foglie e con un fiore tra i capelli. Era solo e danzava e cantava sottovoce tra se'... gli chiesi, in tono scherzoso, come mai stesse ballando da solo. Si fermo', si volto' lentamente e mi guardo' come se fossi il piu' grande imbecille che avesse mai visto... "Ma non sto ballando da solo" disse. "Sto danzando con la foresta, sto danzando con la luna". Poi, con la massima indifferenza, mi ignoro' e riprese la sua danza d'amore e di vita". Ricordo molto bene quell'episodio (scrive Turnbull) "perche' fu quella sera che mi resi pienamente conto di quanto noi uomini civilizzati ci siamo allontanati dalla realta' ".
Cosi' scriveva il famoso antropologo inglese nel lontano 1961. E ancora non eravamo dietro ai concorsi per cani ...
Andrea Bizzocchi
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