Qualche settimana prima di assumere la Presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump ha stupito il mondo annunciando l’intenzione di annettere la Groenlandia agli USA. Lì per lì l’idea è sembrata assurda, una classica ‘sparata’ trumpiana, specialmente quando—in conferenza stampa—ha precisato di non escludere l’eventuale ricorso alle armi se fosse necessario… Già che c’era, ha anche suggerito che non sarebbe stata una cattiva idea fare del Canada il 51° stato degli Usa, ma quella è sembrata un’ipotesi eventuale, da vedere poi.
La reazione danese—la Groenlandia è, nominalmente, un possedimento della Danimarca—non è stata particolarmente vigorosa. Il Re danese—Frederik X—si è limitato a far ridisegnare lo stemma reale per allargare la rappresentazione simbolica della Groenlandia—un orso polare—sottolineando così l’importanza del legame. Anche l’Ue ha espresso blando disappunto, ma la Groenlandia ha scelto in un referendum del 1982 di lasciare l’ Unione, e l’Europa c’entra poco o niente.
Poi è successo qualcosa di inatteso: l’opposizione interna americana al progetto groenlandese di Trump—inizialmente tanto stridula quanto prevedibile—ha cominciato a sciogliersi come neve al sole. L’idea infatti è iniziata a piacere anche alle altre parti politiche, perfino ai Dem. L’unico problema è che la proposta viene da Donald Trump. A dare un'idea della situazione ci ha pensato un recente fondo del Los Angeles Times, una testata dalle credenziali ‘progressiste’ impeccabili, che titola: “Gli Usa dovrebbero acquisire (pacificamente) la Groenlandia, ma l’intervento di Trump rende tutto più difficile”.
Il problema non è che Donald Trump sia il Presidente, ma piuttosto che ambisca a essere un presidente ‘storico’, un ‘padre fondatore’ che finisce sui libri di storia. Se va a finire così—ragionano gli strateghi Dem—non ci leveremo mai lui e i suoi dalle balle. Sarebbe una condanna a vita. Così, pensano gli oppositori, bisognerebbe dimenticare per ora la proposta, lasciare che si pensi ad altro, e poi cominciare a martellarlo intensamente sulla ‘promessa groenlandese non mantenuta’. Questo con una violenza tale da far capire che siamo noi a obbligare Trump a prendere quella landa deserta. Dobbiamo ‘avvelenare il pozzo’...
La difficoltà è che ‘il Donald' capisce perfettamente la situazione, e non deve né dichiarare guerra né spendere tanti dollari subito. Piuttosto che comprare la Groenlandia, potrebbe invece comprare i groenlandesi. Sono solo 57mila, meno della popolazione di Vigevano, e hanno il diritto specifico di chiudere unilateralmente il rapporto con la Danimarca, se vogliono. Non è che ci siano poi così affezionati. Poniamo, ad esempio, che Donald Trump offrisse un ‘premio’ di trecentomila dollari a ogni famiglia groenlandese nel caso il loro Paese scegliesse ‘liberamente’ di associarsi agli Usa entro i prossimi tre anni. Potrebbe farlo domani, ne sarebbe capace—e non costerebbe necessariamente più di un intervento armato...
James Hansen - Nota Diplomatica
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