venerdì 31 gennaio 2025

"La Russia sta combattendo per la propria sicurezza, la propria sovranità e il proprio futuro"...



"La Russia sta combattendo per la propria sicurezza, la propria sovranità e il proprio futuro".  Lo ha dichiarato Serghey Lavrov.

Allo stesso tempo, la pressione dell’“Occidente collettivo” sulla Russia sotto la nuova amministrazione statunitense potrebbe diventare “ancora più ostile”.

"Sperimentiamo aggressioni a tutti i livelli: militare, politico, finanziario ed economico, informativo e psicologico.
L'equilibrio di potere sulla scena internazionale sta cambiando radicalmente. In generale la situazione è già cambiata. Le aspirazioni egemoniche dell’“Occidente collettivo”, “costruito” (per dirla in parole povere) da Washington sotto la precedente amministrazione, sono evidenti a tutti. 
Con questa amministrazione USA , penso che la “formazione” sarà ancora più unita. È rivolta non solo controla Russia ma anche contro la Cina, l'Iran, la RPDC e praticamente qualsiasi altro Paese che desideri e persegua una politica indipendente e sovrana basata sulla comprensione dei suoi legittimi interessi fondamentali", ha affermato il ministro, parlando  Consiglio per gli Affari Internazionali della Russia.

 


giovedì 30 gennaio 2025

Quanta energia e minerali ci vogliono per un'auto elettrica?

 


Le batterie non creano elettricità, ma immagazzinano elettricità prodotta altrove, specialmente attraverso carbone, uranio, centrali elettriche naturali o generatori a diesel. Quindi l'affermazione che un'auto elettrica è un veicolo a zero emissioni non è affatto vera, perché l'elettricità prodotta proviene da centrali elettriche e molte di esse bruciano carbone o gas. Quindi oggi il 40%? delle auto elettriche sulla strada sono basate sul carbonio. Ma non è tutto. 

Chi è entusiasta delle auto elettriche e di una rivoluzione verde dovrebbe dare un'occhiata più da vicino alle batterie, ma anche alle turbine eoliche e ai pannelli solari.

Una tipica batteria di auto elettrica pesa 450 kg, grande circa quanto una valigia. Contiene 11 kg di litio, 27 kg di nichel, 20 kg di manganese, 14 kg di cobalto, 90 kg di rame e 180 kg di alluminio, acciaio e plastica. Ci sono più di 6.000 cellule individuali agli ioni di litio all'interno.

Per fare ogni batteria BEV, dovrai trattare 11.000 kg di sale per litio, 15.000 kg di minerale per cobalto, 2.270 kg di resina per nichel e 11.000 kg di minerale di rame. In totale, devi estrarre 225.000 kg di terra per una batteria. Il problema più grande con i sistemi solari sono i prodotti chimici usati per convertire il silicato nella ghiaia usata per i pannelli.

Per produrre abbastanza silicio pulito, deve essere trattato con acido cloridrico, acido solforico, fluoruro, tricloroetano e acetone. Inoltre, sono necessari gallio, arseniuro, diselenuro di rame-indiano-galio e tellururo di cadmio, che sono anch'essi altamente tossici. La polvere di silicone rappresenta un pericolo per i lavoratori e le piastrelle non possono essere riciclate.

Le turbine eoliche non sono plus-ultra in termini di costi e distruzione ambientale. Ogni mulino a vento pesa 1.688 tonnellate (equivalente al peso di 23 case) e contiene 1300 tonnellate di cemento, 295 tonnellate di acciaio, 48 tonnellate di ferro, 24 tonnellate di fibra di vetro e terre rare difficili da ottenere Neodimio, Praseodimio e Disprosio.

Ognuna delle tre pale pesa 40.000 kg e ha una vita di vita compresa tra 15 e 20 anni, dopo i quali devono essere sostituite. Non possiamo riciclare pale rotori usate.

Certamente queste tecnologie possono avere il loro posto, ma bisogna guardare oltre il mito della libertà di emissione. Going Green può sembrare un ideale utopistico, ma se guardi i costi nascosti e incorporati in modo realistico e imparziale, scoprirai che "Going Green" oggi fa più danni all'ambiente terrestre di quanto sembri.
La realtà non è così idilliaca.

Le batterie non creano elettricità, ma immagazzinano elettricità prodotta altrove, specialmente attraverso carbone, uranio, centrali elettriche naturali o generatori a diesel. Quindi l'affermazione che un'auto elettrica è un veicolo a zero emissioni non è affatto vera, perché l'elettricità prodotta proviene da centrali elettriche e molte di esse bruciano carbone o gas. Quindi oggi il 40%? delle auto elettriche sulla strada sono basate sul carbonio.

Ma non è tutto.

Chi è entusiasta delle auto elettriche e di una rivoluzione verde dovrebbe dare un'occhiata più da vicino alle batterie, ma anche alle turbine eoliche e ai pannelli solari.

Una tipica batteria di auto elettrica pesa 450 kg, grande circa quanto una valigia. Contiene 11 kg di litio, 27 kg di nichel, 20 kg di manganese, 14 kg di cobalto, 90 kg di rame e 180 kg di alluminio, acciaio e plastica. Ci sono più di 6.000 cellule individuali agli ioni di litio all'interno. Per fare ogni batteria BEV, dovrai trattare 11.000 kg di sale per litio, 15.000 kg di minerale per cobalto, 2.270 kg di resina per nichel e 11.000 kg di minerale di rame. In totale, devi estrarre 225.000 kg di terra per una batteria.

Il problema più grande con i sistemi solari sono i prodotti chimici usati per convertire il silicato nella ghiaia usata per i pannelli.

Per produrre abbastanza silicio pulito, deve essere trattato con acido cloridrico, acido solforico, fluoruro, tricloroetano e acetone. Inoltre, sono necessari gallio, arseniuro, diselenuro di rame-indiano-galio e tellururo di cadmio, che sono anch'essi altamente tossici.

La polvere di silicone rappresenta un pericolo per i lavoratori e le piastrelle non possono essere riciclate.
Le turbine eoliche non sono plus-ultra in termini di costi e distruzione ambientale.

Ogni mulino a vento pesa 1.688 tonnellate (equivalente al peso di 23 case) e contiene 1300 tonnellate di cemento, 295 tonnellate di acciaio, 48 tonnellate di ferro, 24 tonnellate di fibra di vetro e terre rare difficili da ottenere Neodimio, Praseodimio e Disprosio.

Ognuna delle tre pale pesa 40.000 kg e ha una vita di vita compresa tra 15 e 20 anni, dopo i quali devono essere sostituite. Non possiamo riciclare pale rotori usate.
Certamente queste tecnologie possono avere il loro posto, ma bisogna guardare oltre il mito della libertà di emissione. Going Green può sembrare un ideale utopistico, ma se guardi i costi nascosti e incorporati in modo realistico e imparziale, scoprirai che "Going Green" oggi fa più danni all'ambiente terrestre di quanto sembri.

 La realtà non è così idilliaca.



(Notizie riprese in Rete)

mercoledì 29 gennaio 2025

Al via le votazioni per il Premio Attila 2024...

 


Nel 2005 “La Rete ambientalista, il coordinamento provinciale dei comitati e delle associazioni alessandrine”, istituì il “Premio Attila Alessandria 2004” da attribuirsi “alla personalità che a livello locale si è particolarmente distinta a danno dell’ambiente e della salute”. Le votazioni si celebrarono durante le ricorrenti assemblee popolari e tramite “gli oltre 500 indirizzi e-mail che compongono la nostra rete telematica” (scrivemmo orgogliosamente).
Oggi, a venti anni di distanza, ci rivolgiamo in Rete a oltre 42milapersone. Nel frattempo, il Premio ha assunto una dimensione nazionale, con (inopportuna) tendenza a passare i confini. Insomma, il Premio Attila è, nel suo genere, la più alta onorificenza italiana… dopo il Festival di Sanremo. Vincitori i nostri figli peggiori: industriali, politici, amministratori che nel corso dell’anno si sono particolarmente distinti a danno dell’ambiente, della salute e della pace (“pacce” come la pronuncia papa Francesco: l’unico che ha piena dignità sul tema). L’intera Rassegna dei Premi Attila (pagine 125) è disponibile a chi ne fa richiesta:
Avviamo dunque le votazioni per il PREMIO ATTILA 2024: che si concluderanno tradizionalmente il 28 febbraio 2025. Cominciate dunque a inviarci le candidature, possibilmente corredate dalla motivazioni (argute, probabilmente).

RETE Ambientalista - movimentodilottaperlasalute@reteambientalista.it

Movimenti di Lotta per la Salute, l"Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

martedì 28 gennaio 2025

Quel ponte che pende...

 


"A parlare del ponte sullo Stretto argomenti se ne trovano, da una parte, dall’altra. Quanto legittimi gli uni, tanto gli altri, con taluni che paiono di buon senso ed altri che invece s’inabissano con la ragione nelle profondità del mare di Scilla e Cariddi. Ma a parlare degli uni per stoltezza manifesta, o degli altri come cosa di buon senso, senza dire quali siano e per quali propendo, francamente mi venne a noia. Che a me preme assai, invece, puntare indice d’attenzione su altro aspetto assai meno frequentato e che riguarda un dato preciso: se l’isola è attaccata con tale legaccio cementante al continente, essa non è più tale, al massimo si fece isola al guinzaglio, meglio, escrescenza ectoplasmica di continente, derubricata a promontorio, non ci si riconosce più in quella come fu da che l’uomo vi abitò. Certo, “là dove domina l’elemento insulare è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dell’isola è segnata da questa certezza. Un’isola può sempre sparire. Entità talattica, essa si sorregge sui flutti, sull’instabile. Per ogni isola vale la metafora della nave: vi incombe il naufragio”. (Manlio Sgalambro) 

E se questo è vero, quell’incombenza immanente del naufragio appartiene all’isola, pure a chi vi nacque. Ne rappresenta sempre l’archetipo illustrativo, incontrovertibile, esattamente come dato anagrafico con tanto di firma del sindaco. Negarsi detto dato, ancorché a tratti ed a taluno poco avvezzo ad i-solitudini possa apparire luttuoso, è come piombarsi in dimensione da smemorato, privarsi d’un io irripetibile, divenire altra cosa che pare piuttosto io indistinto. Questo mi dice l’argomentazione sghemba e desueta sul legaccio continentale. Me lo dice pure che quando vado via io stesso dall’isola, a valigie non ancora pronte, già mi struggo, prima ancora, anzi, a pensiero solo di farle.

      

Aveva voglia Nisticò di classificare i siciliani in siciliani di scoglio e di mare, gli uni abbarbicati al substrato come cozza, dattero, riccio spinoso, incuranti della natura claustrofobica dell’appartenenza. Gli altri, con la valigia in mano, fermi non ci stanno, e appena la prima brezza lo consente, prendono il largo a vele gonfie. Ma tutti si portano dentro la stessa insularità, che è condanna di viaggio e nostalgia struggente per il porto di partenza. Solo che ai primi arriva subito, ci soffrono di più, basta che si mettano poco fuori l’uscio di casa, si vadano a sbrigare un documento nel capoluogo. I secondi, al più, con la lacerazione del distacco si sono abituati a convivere. Ma tanto tornano, prima o poi vedi se tornano e non passa minuto che con la testa non si organizzano per farlo. Mi pare che questo desiderio di ritorno sia proprio il risultato della paura atavica che l’isola non la ritrovi più, che qualcuno, mentre ti allontani giusto un attimo, se la possa portare via. Forse lo tsunami o li turchi, anche se – ed è evento inconfutabile -, qualunque cosa arriva, dopo un primo attimo di sgomento, gli si apre la porta di casa e, passati al più cinque minuti, ti scordi che è arrivata allora allora, ti pare che sia lì da sempre, ci fai l’abitudine, la lasci accanto a te. 

Tuttavia, per consapevolezza di tale innata abiezione d’accoglienza, poiché non si sa mai ed a scanso di equivoci, metti in giro strane voci, che lì ci sono i Lestrigoni, i Lotofagi, forse Circe, che giù per lì Scilla e Cariddi hanno un brutto carattere, quei sassi, isole essi stessi, li lanciano Ciclopi a basso tasso di socievolezza, le figlie di Kokalos avvelenano gli ospiti. È come mentire a se stessi, innanzitutto, che si finisce per crederci più noi che gli altri. Gli altri se ne accorgono della natura mendace della difesa e, consapevoli e avversi alle i-solitudini con quel vezzo di farsi porto sicuro, ibride per oscure provenienze, preferiscono tendere guinzagli, meglio se a robusta campata. L’isolano, invece, se per ragioni di modernità se ne deve andare solo per qualche giorno, che ne so, a Poggibonsi, San Giovanni in Persiceto o a Cormano, saluta parenti e amici, fazzoletto in mano, si sente mancare il terreno sotto i piedi, s’avvede d’allontanamento da porto sicuro come stesse andando a sfidare cannibali nel Borneo. Posto che nel Borneo di cannibali ce ne siano, che quella pure è isola con tanto di isolani che potrebbero averlo fatto credere, sempre a scanso d’equivoco, per timore di visita di continentale.

Ad ogni buon conto, uno che nasce su un’isola sta già viaggiando. Perché il mare, tutto intorno, fermo non ci sta, e si muove di correnti e flutti, in definitiva viaggia conto terzi. Non merita citare chissà chi per comprendere che il viaggio è una precisa connotazione antropologica, e pure se ha talune accezioni di ingegneria nautica, non è solo uno spostamento da e per. Alla fine “basta aprire la finestra e si ha tutto il mare per sé. Gratis. Quando non si ha niente, avere il mare – il mediterraneo – è molto. Come un tozzo di pane per chi ha fame”. (Jean Claude Izzo)

Pure per questo nell’insularità è connaturata la pigrizia più atavica, quella persino trascendente che si fa connotazione definitiva ed archetipo illustrativo di genti. E del resto che ti agiti a fare se sei proprio dentro il gorgo più gorgo, il tutto che si muove permanentemente? Fatica sprecata. Per altri quella è ignavia, pigrizia, in realtà è saggia contemplazione del mondo che non sta fermo, dunque perché inseguirlo nell’apoteosi dell’operatività? Il mare vortica così tanto che ti fa dono ora del primato di paradiso terrestre, ora d’inferno in terra, né fu creato per compiacere chi vi si trova in mezzo, circondato senza scampo; inutile cercare di opporvisi. Se serve qualcosa, servissero tre secoli e più, prima o poi un’onda bislacca te la schiaffa davanti, spiaggiata a pancia rivolta al sole. Né si tratta d’un fiume che scorre in quell’unico verso, cosicché sai già cosa t’arriva a valle se conosci il monte. Il turbinio è pluridirezionale, dipende dalle stagioni, talora dall’umore nero della burrasca e talaltra dall’accondiscendenza d’un venticello virato a bonaccia. Sfidare quel tutto che si muove per provare a spostarsi in altra direzione è atto temerario. In tutto quel bailamme agitato meglio star fermi giacché, prima o poi, da qualche parte arrivi, e se non arrivi – quella data parte, intendo – presto o tardi, t’arriva lei. Ma l’isola, quella, da dentro non te la togli nemmeno se ti metti a pizzo di montagna. Non c’è niente da fare, t’entra in valigia, col sale e tutto il resto. Salvo che qualcuno, da qualche altra parte, non voglia mettergli il guinzaglio, per guidarla come gli pare, a dispetto del mare. Se non bastasse c’è all’orizzonte progetto di museruola.

Giovanni Carbone



Fonte: https://www.labottegadelbarbieri.org/sul-ponte-si-e-detto-ma-qualcosa-no/

lunedì 27 gennaio 2025

Colombia VS USA. Cocaina a rischio?...


Il 26 gennaio 2025, la Colombia ha  fermato due aerei militari statunitensi che trasportavano migranti abusivi  deportati. Gli aerei hanno lasciato la California con circa 80 migranti ciascuno a bordo quando la Colombia ha revocato loro i permessi di sbarco.

Il presidente colombiano Gustavo Petro ha creduto in se stesso e ha scritto sul social network X: “Gli Stati Uniti non possono trattare i migranti colombiani come criminali, non permetto agli aerei americani che trasportano migranti colombiani di accedere al nostro territorio”.

Quasi immediatamente, gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 25% su tutte le merci provenienti dalla Colombia, come scrive Donald Trump sul social network Truth Social. Si precisa che tra una settimana sarebbero aumentati al 50%. Ha inoltre imposto il divieto ai funzionari colombiani di entrare negli Stati Uniti e restrizioni sui visti per i loro familiari, così come per tutti i membri del partito, i familiari e i sostenitori del governo colombiano.

Dopo 49 minuti, il presidente colombiano Gustavo Petro ci ha ripensato  e ha annullato la sua decisione di vietare il ritorno dei migranti e ha proposto di inviare il suo aereo presidenziale per rimpatriare i colombiani espulsi dagli USA.

Ma Trump non ha modificato l’abolizione dei dazi e le restrizioni sui visti per la Colombia. E poco dopo Gustavo Petro ha annunciato dazi di ritorsione nei confronti degli Stati Uniti. Ma finora non c’è neanche una risposta da parte di Trump.

Secondo i dati per il 2023, il 28% (14,1 miliardi di dollari) di tutte le esportazioni colombiane va negli Stati Uniti. Le prime cinque posizioni sono petrolio greggio (50%), carbone, oro, caffè, fiori.

Le importazioni americane rappresentano il 25% delle importazioni colombiane (16,1 miliardi di dollari). Macchinari e attrezzature, trasporti, prodotti farmaceutici, strumenti, ecc.

Non ha senso considerare la quota della Colombia delle importazioni americane in termini di prezzo/quota; lì è invisibile; Nel complesso, la Colombia è il quarto fornitore di petrolio degli Stati Uniti (209.000 barili al giorno), oltre a caffè e fiori.

Oggettivamente la "povera"  Colombia è un’appendice delle materie prime degli Stati Uniti. In questa lotta sui dazi e, soprattutto, sui visti contro le élite colombiane, semplicemente non può sopravvivere. A meno che non minaccino di limitare l’esportazione di cocaina...  
(S.K.)




domenica 26 gennaio 2025

La giustizia di "convenienza" dei governi italiani (destri o sinistri che siano)...

Alegher!

La liberazione del "ministro" libico (trafficante di migranti ndr),  Almasri, prima arrestato su mandato della Corte Penale Internazionale dell’ONU, e poi rinviato libero in Libia sulla base di un cavillo giuridico, ha creato scandalo in Italia con feroci e giustificate (ma forse un po’ ipocrite) accuse al governo da parte dell’opposizione parlamentare.

Infatti la vicenda si presta a più approfondite considerazioni su quale sia il reale scandalo, e quali siano le reali ragioni del rilascio, se solo si consideri che Almasri è uno dei ministri di un governo illegale e criminale installatosi a Tripoli dopo la caduta e l’assassinio di Gheddafi. Questo governo, sostenuto da bande armate criminali locali, è sostenuto a livello internazionale dai paesi occidentali (tra cui l’Italia), dalla NATO e dalla Turchia, che già avevano contribuito in modo decisivo alla caduta di Gheddafi e alla distruzione dello stato libico con la guerra del 2011. 

Da anni il governo minoritario di Tripoli, riconosciuto dalla cosiddetta “comunità internazionale”, cioè dall’Occidente collettivo (e dall’ONU sotto le pressioni occidentali), impedisce che in Libia avvengano regolari elezioni che sicuramente darebbero la vittoria ai sostenitori del Parlamento di Tobruk che controllano già militarmente la Cirenaica e i tre quarti del territorio libico. I sondaggi dicono che, se si presentasse come candidato presidenziale Seif Gheddafi, figlio dell’ex leader assassinato, otterrebbe una vittoria schiacciante. É chiaro quindi l’atteggiamento del governo italiano - ma anche dei precedenti governi che facevano capo all’attuale opposizione che ora protesta - di tenersi buoni i governanti di Tripoli, che oltre tutto ci forniscono parte del gas che deve sostituire quello che non ci arriva più dalla Russia.
 
Un’altra considerazione più generale va fatta sul ruolo dei tribunali internazionali, che in genere sono fatti funzionare a senso unico, cioè essenzialmente per colpire i nemici dell’Occidente. In caso contrario non possono più contare su un appoggio reale da parte dei governi occidentali. Il Procuratore Capo del Tribunale Penale Internazionale. il britannico (ma di origini pakistane) Karim Ahmed Kahn ha coraggiosamente messo sotto accusa il primo ministro di Israele Netanyahu e il capo dell’esercito israeliano Gallant per genocidio su denuncia del Sud-Africa. Il risultato è che a sua volta è stato messo sotto accusa, denigrato e persino accusato di crimini sessuali come arma di pressione nei suoi confronti. 

Gli USA hanno minacciato sanzioni personali contro i singoli giudici che dovessero riconoscere come valide le accuse contro Israele, ed è stata nominata come vicepresidente del collegio dei giudici una signora ugandese, certa Julia Sebutinde, notoriamente ammiratrice ed amica di Israele. Da parte sua il nostro Ministro degli Esteri italiano Tajani ha dichiarato che, se Netanyahu venisse in Italia, certamente non sarebbe arrestato. Atteggiamenti simili prevalgono in tutto l’Occidente sia da parte di governi di “destra” che di “sinistra”.
 
Un altro esempio è dato dal funzionamento di tribunali speciali dell’ONU creati ad hoc per situazioni particolari come quello per i crimini nella ex-Jugoslavia. Questo tribunale ha agito a senso unico contro i dirigenti serbi, spesso accusati con prove inconsistenti e condannati a pene pesantissime. Anche il Presidente jugoslavo Milosevic fu rapito a Belgrado e poi processato all’Aja. Il processo non si concluse per la morte in prigione in circostanze poco chiare di Milosevic. Anni dopo i giudici riconobbero, ma senza darne pubblicità, l’inconsistenza delle accuse nei suoi confronti. Al contrario, quando un gruppo di avvocati italiani denunciò la NATO per il bombardamento deliberato e criminale di una infrastruttura civile come la sede della TV jugoslava che costò 15 morti tra giornalisti e tecnici, il Tribunale dell’Aja si dichiarò “incompetente”.
 
Ripetiamo quindi la domanda iniziale: dove è il vero scandalo? Come giudicare il comportamento di governi italiani ed europei sia di “destra” che di “sinistra”?
 
Vincenzo Brandi

Opposizione di "convenienza"...


sabato 25 gennaio 2025

UNIFE: "Macachi liberi!"



La scoperta della soppressione del macaco Orazio ha sollevato forti preoccupazioni riguardo al trattamento degli altri macachi e alla gestione delle sperimentazioni presso l'Università di Ferrara e LEAL Lega Antivivisezionista ha formalmente richiesto il sequestro conservativo e preventivo degli altri cinque primati attualmente detenuti nei laboratori dell’università: Clarabella, Archimede, Eddy, Cleopatra e Cesare.

LEAL chiede il sequestro degli animali a seguito della consulenza d’ufficio condotta nel contesto del procedimento penale per maltrattamento di animali, ai sensi dell'articolo 544 ter del codice penale, e per l'ipotesi di uccisione di animali per crudeltà, ai sensi dell'articolo 544 bis del codice penale.

LEAL sottolinea che i cinque macachi non sono stati coinvolti in sperimentazioni per oltre dieci anni e che la loro condizione di detenzione è oggetto di un'inchiesta per verificare la compatibilità con le esigenze etologiche della specie. Gli animali sono attualmente rinchiusi in gabbie singole in un ambiente privo di luce naturale, privati della possibilità di socializzare e di svolgere attività fondamentali per il loro benessere, come il grooming, un rito sociale essenziale per i primati.

Il presidente di LEAL, Gian Marco Prampolini, dichiara: “Abbiamo chiesto che venga nominata una commissione medico veterinaria che possa vigilare sullo stato di benessere degli animali. LEAL si costituirà parte civile in caso di processo e attende una risposta dalla Procura riguardo alla richiesta di sequestro degli esemplari detenuti presso UNIFE”.

___________________________
Silvia Premoli - 
LEAL Lega Antivivisezionista



venerdì 24 gennaio 2025

Il cetriolo ucraino preoccupa l'ortolano UE...

 

Cetriolo ucraino spinoso

Anche se declinato in modi, forme e ragioni diverse, sia Trump che i vertici (non eletti) dell'Unione Europea hanno lo stesso problema: venir fuori dal conflitto senza fare la figura dei peracottari (abbastanza facile per Trump che questo conflitto non l'ha voluto né incoraggiato, molto meno per i vertici UE) e soprattutto da vincenti, o qualcosa che gli assomiglia. Certo, entrambi hanno a disposizione la variante "Putin voleva conquistare tutta l'Ucraina in tre giorni, non c'è riuscito, l'Ucraina indipendente esiste ancora anche se mutilata territorialmente, quindi hanno vinto loro o meglio abbiamo vinto noi", e in effetti lo stanno già facendo. Ma questa variante ha un problema: se tutto questo fosse vero la guerra potrebbe finire anche oggi. Kiev resta là, l'Ucraina pure eccetera, che bisogno c'è di continuare a far morire gente e spendere soldi? I tre giorni sono passati.

Ma il problema è che a giudicare da quanto dicono e scrivono, oltre a non avere un piano per farla finire, questa guerra (siamo di nuovo alle sanzioni che schianteranno la Russia, se ci avete fatto caso, che fa molto marzo 2022), pare che non ci sia nemmeno la volontà; e pare che tra i due (USA e UE) i più accaniti siano i nostri, che tra Davos e conferenza dell'EDA (Agenzia Europea per la Difesa) sono sempre più sul piede di guerra, a sentire quanto dicono Kallas, Rutte e Kubilius. Se leggiamo con attenzione, però, più che di guerra contro la Russia si parla di soldi da dare agli USA. Kallas, ad esempio (link 1 e link 2): un esercito europeo non serve, abbiamo già la NATO. "Bisogna investire, abbiamo bisogno di investimenti da parte degli stati membri e dal settore privato. Ma anche dal budget comune dell'UE", perché appunto dobbiamo prepararci alla guerra e Trump ha ragione a dire che spendiamo troppo poco, "spendiamo miliardi per le nostre scuole, l’assistenza sanitaria e il welfare. Ma se non investiamo di più nella difesa, saremo tutti a rischi". Kubilius rincara (sempre link 2): la Russia spende il 9% del PIL in armi, la media europea è solo dell'1,9%, "le carenze di materiale militare [europeo], se confrontate con l’economia bellica russa, sono colossali. Non possiamo più permetterci un approccio frammentato, un approccio incrementale. Abbiamo bisogno di ‘big bang’ per aumentare la produzione e l’acquisizione della difesa" (nota a margine: il bilancio della difesa russo per il 2025 è di 145 miliardi di $; l'UE spende già adesso 279 miliardi di $ per la difesa. Già così quindi, senza aumentare le spese, spendiamo 134 miliardi di $ in più ALL'ANNO, com'è che abbiamo "carenze di materiale militare" e loro invece sono pronti a marciare su Lisbona? Kubilius tace).
La ciliegina sulla torta, come sempre, ce la mette Rutte (link 3; ma che c'entra Rutte con l'Unione Europea, uno si dovrebbe chiedere): chiede a Trump di continuare a mandare armi all'Ucraina e lo rassicura che le spese le pagheremo noi europei, perché in fin dei conti l'Ucraina è più vicina all'Europa che agli USA. A domanda specifica su quanto dovrebbe pagare, questa Europa così vicina, si è mantenuto sul vago. Tanto, appunto, la base legale per usare i fondi europei ce la mette Kallas, la NATO si limiterà a presentare il conto.
Quindi, unendo i puntini: dobbiamo spendere un sacco di soldi prendendoli dal bilancio europeo, e tagliare scuola, sanità e welfare. Questi soldi serviranno a comprare armi statunitensi da mandare in Ucraina, oltre che da tenere per noi: ma nessun esercito europeo, che verrebbe diretto (Dio sa come, ma è un'altra storia) da Bruxelles, basta la NATO che viene invece diretta da Washington. In più, ma questo Kallas, Rutte e Kubilius non lo dicono, da Washington ci becchiamo pure dazi e sanzioni se non trasferiamo la nostra dipendenza energetica dalla Russia a loro; anzi ce le becchiamo comunque, perché abbiamo un surplus commerciale che bisogna riequilibrare, alla faccia del liberismo. Che fine che abbiamo fatto.


L'impero artico di Donald Trump...



giovedì 23 gennaio 2025

Acque senza veleni: "Basta PFAS!"

 

Nei mesi di settembre e ottobre 2024 abbiamo condotto un’indagine indipendente per monitorare la presenza di PFAS – sostanze poli- e perfluoroalchiliche note come “inquinanti eterni” – nelle acque potabili italiane. Finalmente i risultati sono arrivati e purtroppo sono davvero allarmanti:

il 79% dei campioni analizzati è risultato contaminato da almeno uno di questi pericolosi inquinanti.
PFAS cancerogeni come il PFOA sono stati trovati nel 47% dei campioni, mentre il PFOS, possibile cancerogeno, è stato rilevato nel 22%.  In molti comuni sono stati superati i limiti di sicurezza adottati da altri Paesi come la Danimarca e gli Stati Uniti.

Nonostante le prove schiaccianti dei danni alla salute causati dai PFAS, il governo italiano non ha ancora adottato misure adeguate per vietarne l’uso e la produzione e quindi proteggere le nostre acque e la nostra salute. Tocca a noi fare pressione fino a che queste sostanze velenose vengano proibite!

Ma il lavoro è solo all’inizio. Abbiamo bisogno di ulteriori analisi, aumentare la pressione sulle istituzioni e denunciare chi mette a rischio la nostra salute.

Giuseppe Ungherese -  greenpeace.italia@act-it.greenpeace.org


mercoledì 22 gennaio 2025

Bielorussia. Sono iniziate le votazioni anticipate per le elezioni presidenziali...

 


“Ogni cittadino deve adempiere al proprio dovere pubblico e votare per il futuro del Paese”.

Il voto anticipato in Bielorussia è tradizionalmente organizzato come parte delle campagne elettorali. Ciò consente ai cittadini che non potranno presentarsi ai seggi elettorali il giorno principale delle votazioni, il 26 gennaio 2025, di fare la loro scelta in anticipo, nei giorni feriali o di sabato.

Ci sono cinque candidati in corsa per le elezioni presidenziali del 2025:

◽️ Alexander Lukashenko - l'attuale capo di Stato;

◽️ Oleg Gaidukevich - leader del Partito Liberal Democratico;

◽️ Anna Kanopatskaya - avvocato, ex membro del Partito Civile Unito;

◽️ Sergei Syrankov - rappresentante del Partito Comunista;

◽️ Alexander Khizhnyak - leader del Partito repubblicano del lavoro e della giustizia.





martedì 21 gennaio 2025

“Orsi e umani in Trentino. Una coesistenza (im)possibile?”

 


Conferenza nazionale in streaming 1 febbraio 2025 Trento
“Orsi e umani in Trentino. Una coesistenza (im)possibile?”

Sabato 1° febbraio a Trento una conferenza organizzata dalla campagna StopCasteller con esperti di ambito scientifico e umanistico provenienti da atenei italiani. 

Tra i partecipanti l'etologo Roberto Marchesini, il veterinario forense Rosario Fico, l'antropologo e scrittore trentino Duccio Canestrini, l'avvocato Paolo Letrari.
Le attiviste e gli attivisti di StopCasteller: «Gli ultimi provvedimenti della Giunta Fugatti e una narrazione basata sulla paura hanno accresciuto la tensione sociale nei confronti dell'orso bruno in Trentino, spingendo la popolazione di orsi sempre più sul baratro dell'estinzione. Abbiamo organizzato questa conferenza per fare chiarezza e sfatare i luoghi comuni e le paure irrazionali che alimentano l'ostilità nei confronti di questo animale».
 
Si potrà seguire l'evento, dalle ore 9, anche in diretta streaming sul canale YouYube dei promotori e sul sito stopcasteller.it, dove è disponibile il programma completo e le biografie dei relatori.
 
Orsi e umani in Trentino. Una coesistenza (im)possibile?" è il titolo della conferenza, a ingresso libero, dedicata alla situazione degli orsi in Trentino, che si svolgerà sabato 1° febbraio, dalle ore 9, presso la sala conferenze Caritro di Trento, via Calepina 1. La giornata di divulgazione è organizzata dalle attiviste e dagli attivisti della campagna StopCasteller, che da anni si battono per una convivenza pacifica uomo-orso in Trentino, e prevede gli interventi di sedici specialisti, provenienti da diversi ambiti della conoscenza, che cercheranno di rispondere alla domanda esplicitata nel titolo, fornendo una panoramica completa della situazione, analizzando le cause alla base del conflitto uomo-orso, le possibili soluzioni e le best practice adottate in altri contesti. Si potrà seguire la conferenza anche in diretta streaming sul sito stopcasteller.it, dove è disponibile il programma completo e le biografie dei relatori.

Interverranno gli etologi Roberto Marchesini e Francesco de Giorgio, il veterinario forense Rosario Fico, l'avvocato  dell’associazione LNDC Animal Protection Paolo Letrari, lo zoologo Davide Rufino, il naturalista Gabriele Bertacchini, l'antropologo e scrittore Duccio Canestrini, Carlo Brentari e Andrea "Mubi" Brighenti, docenti di sociologia e filosofia all'Università di Trento, i sociologi Walter Baroni e Gabriella Petti, la scrittrice e insegnante nei licei trentini Claudia Boscolo, Roberto D'Alba, dottorando in studi Storici all'Università Ca Foscari di Venezia, Matilde Anderloni e Leda Maiello, laureande in Enviromental Humanities presso Università Ca' Foscari di Venezia e Chiara Stefanoni filosofa e ricercatrice presso Università di Luneburg.

«Gli ultimi provvedimenti della Giunta Fugatti e una narrazione basata sulla paura hanno accresciuto la tensione sociale nei confronti dell'orso bruno in Trentino, spingendo la popolazione di orsi sempre più sul baratro dell'estinzione. Per questo», dichiarano gli attivisti della campagna StopCasteller, «abbiamo organizzato una conferenza per fare chiarezza: in un contesto politico polarizzato e mediatico fortemente influenzato da narrazioni allarmistiche, spesso infondate, è fondamentale sfatare i luoghi comuni e le paure irrazionali che alimentano l'ostilità nei confronti di questo animale».

«Crediamo fermamente che la convivenza tra uomo e orso sia possibile e auspicabile, ma servirebbe un'inversione a U nelle politiche provinciali», continuano gli attivisti della campagna StopCasteller. «Tra abbattimenti agiti sul filo dell’illegalità, endorsement a gruppi che auspicano apertamente l'eradicazione di lupi e orsi, nessuna ferma condanna del bracconaggio e soprattutto nessuna prevenzione reale volta a evitare futuri incidenti, il Trentino agisce come fosse uno staterello indipendente con leggi proprie in grado di aggirare le norme comunitarie al punto che il “caso Trentino” è argomento di dibattito e ricerca in diversi atenei italiani. Chi tira i fili della paura incontrollabile che si è generata negli ultimi due anni e con quale scopo?  Siamo davvero di fronte a un fenomeno che si è avviato spontaneamente dal basso? Che ruolo esercita buona parte della stampa nell'amplificazione di queste reazioni? E ancora, in che modo la conoscenza e il rispetto delle altre specie potrebbe portare benefici all'intero territorio e ai suoi abitanti, umani e animali? Che relazione c'è fra la figura dell’animale "problematico" e la xenofobia esercitata anche nei confronti di gruppi umani sgraditei? A queste e altre domande risponderemo il 1° febbraio insieme a chi queste dinamiche le studia da tempo».

Per consentire anche a chi non è di Trento di partecipare, la diretta streaming sarà trasmessa sul sito stopcasteller.it e sulla pagina YouTube dei promotori, dove sarà possibile intervenire con domande e commenti.