In
questi ultimi giorni sono stato quotidianamente in contatto con
i nostri referenti sul posto e con gli esponenti politici, sociali,
militari, sindacali, religiosi e i rappresentanti delle enclavi, con
cui sono in relazione da sempre. Premetto questo per spiegare che
questo articolo non è frutto di mie personali convinzioni, ma è una
sintesi, sicuramente carente e limitata, di telefonate, scambi di
mail, domande, analisi tratteggiate, supposizioni, ma che sono le
valutazioni dalla parte dirigente della società serba, anche con
differenze politiche tra loro, che ho cercato di riportare, ma che
hanno un valore indubbiamente profondo e concreto, perché arrivano
“dal
campo”.
La
situazione è sotto gli occhi di tutti, quindi è inutile sprecare
righe, anche perché nelle piazze è in continua evoluzione, ritengo
e mi
chiedono di sottolineare
e far circolare ovunque possibile, la concezione che un concreto
impegno di PACE
deve fondarsi su alcuni semplici ma fondamentali punti per un
negoziato reale e paritario, soprattutto non contestabile da alcuna
persona onesta intellettualmente ed eticamente. Con i ferventi
fondamentalisti dell’atlantismo e del mondo unipolare egemonizzato
dall’occidente, ritengo sia inutile discutere. Questi semplicemente
difendono i privilegi occidentali e le ingiustizie perpetrate dai
tempi del colonialismo ad oggi.
Per
fermare scenari di guerra, come sempre i passaggi sarebbero
semplici,…se si cercano soluzioni di pace, ma il mondo unipolare
dominato dalla potenza USA ha bisogno di guerre, e anche in Kosovo
questo emerge chiaramente, se si vuole vedere o lo si cerca di
comprendere.
Questa
situazione è il FRUTTO,
da un lato del fallimento completo di 24
anni di
gestione NATO
e USA,
della situazione da loro creata e gestita, a partire dalla
distruzione pianificata della Jugoslavia,
poi dell’aggressione alla Repubblica
Federale Jugoslava e
poi della gestazione di questa creatura statuale illegittima, qual è
“Kosova
stato”,
riconosciuta solo dai paesi succubi o complici di USA
e NATO
( neanche tutti,
come
Spagna,
Romania, Slovacchia, Grecia e Cipro).
La
CAUSA
della situazione attuale parte dalla criminale e arrogante
aggressione del 1999 (per non dire del 1991) della RFJ,
che
troppi “casualmente”
non ricordano o non menzionano.
E’
stato frantumato un paese, che pur tra mille contraddizioni, limiti,
errori rappresentava comunque una esperienza di convivenza politica,
culturale e storica tra le più avanzate del mondo.
La
provincia autonoma del Kosovo
Metohija,
era abitata da 14
minoranze
con pari diritti, con decine di giornali e riviste nelle lingue
nazionali, programmi televisivi specifici, giurisprudenza adattata
alle minoranze, decine di partiti politici, tutte le fedi religiose
rispettate e agevolate, centri culturali e associazioni etniche
finanziate dallo stato, diritti sindacali e repressione di qualsiasi
manifestazione di razzismo, odio etnico o religioso, ecc. ecc.
Proprio in questi giorni è uscito un mio libro (“Kosovo
1999. Albanesi e milizie kosovare albanesi di autodifesa” – Ed.
La Città del sole)
con la documentazione mediante atti ufficiali e inoppugnabili, di
cosa era il Kosovo fino al ’99 e come lo hanno distrutto e reso
quello che è oggi.
La
SITUAZIONE
sul campo secondo i nostri referenti lì, è di altissima tensione,
non solo per gli scontri, i feriti e gli arresti, ma per un contesto
generale in cui sanno di essere parte, che può evolvere in diversi
scenari, ma dove i prezzi da pagare saranno sicuramente alti e
feriranno comunque la loro identità serba, comunque vada. E proprio
in questi giorni il reggente della NATO a Pristina A.
Kurti, ha
dichiarato di avere una lista di almeno mille
serbi che devono essere arrestati.
E intanto nelle enclavi del Metohija, sono ricomparse le scritte UCK
sui muri e sulle case dei serbi, vengono bruciate macchine, distrutti
i murales serbi, strappati gli ultimi simboli serbi rimasti.
Il 29 maggio, il
ministro della Difesa serbo M. Vucevic ha dichiarato che
l'esercito del paese ha completato la predisposizione al
combattimento ed è pronto a svolgere qualsiasi compito assegnato dal
presidente, aggiungendo che
la situazione ha raggiunto il culmine della tensione e
che potrebbe trasformarsi in un conflitto armato.
Secondo il presidente serbo Vucic “…Albin
Kurti, sta cercando di diventare il "Vladimir
Zelensky” locale, ostentando un comportamento
irresponsabile, non evitando dichiarazioni provocatorie. Cosa che i
serbi sicuramente non tollereranno e che può sicuramente provocare
scontri di massa…”.
Tutti
collegano questa impennata provocatoria e violenta delle autorità di
Pristina, alla situazione ucraina, all’obbiettivo di piegare il
governo serbo all’adesione alle sanzioni e quindi al distacco dalla
storicamente e spiritualmente fraterna Russia.
Che, va ricordato è ferma sull’impedire il riconoscimento del
Kosovo e la sua indipendenza negli ambiti internazionali, quindi un
ostacolo imprescindibile all’amputazione e sconfitta totale della
Serbia, indicando nella Russia il mandante e beneficiario delle
tensioni. Ma nei
fatti
è proprio così?
POSSIBILI
SCENARI:
comunque
la si pensi o
si
anelerebbe, al di là che il popolo serbo sta vivendo da 24 anni una
efferata ingiustizia e ha subito una montagna di falsità e menzogne,
se si vuole affrontare realisticamente e fattualmente questa
conflittualità irrisolta e pianificata dall’egemonismo occidentale
targato USA/NATO,
PER ORA, in questa fase, l’unica via per la Serbia
è quella di mantenere aperto ed attivo il fronte
negoziale e diplomatico
con l’ONU
e la UE,
restando
ferma a livello internazionale sulla
Risoluzione 1244
dell’ONU,
pur
essendo ormai solo carta. Puntando sulle contraddizioni e frizioni
dentro essi, pur coscienti del ruolo di questi. In Serbia
la stragrande maggioranza della popolazione (i sondaggi dicono di un
75/80 %), sa che sarebbe giusto e legittimo riprendersi la provincia
con qualsiasi mezzo e ridargli uno status di legalità interni al
Diritto
internazionale
ed alla Costituzione
serba,
con il ripristino dei diritti civili, sociali, politici e religiosi,
ma la realtà sul campo e intorno al paese, ne indica
l’impossibilità.
Nell’ultimo
anno, la Serbia è sottoposta a pressioni e ricatti senza precedenti
da parte di USA/NATO/UE, Chiedendo di non opporsi all'adesione del
Kosovo alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite,
per stabilire relazioni di buon vicinato basate sull'uguaglianza, il
rispetto reciproco della sovranità e dell'integrità territoriale,
per il riconoscimento reciproco dello stato e simboli nazionali,
stabilendo relazioni quasi diplomatiche. Con il pretesto della
"normalizzazione delle relazioni" l'Occidente, guidato
dagli Usa, cerca infatti di obbligare la Serbia a riconoscere de
facto il nuovo stato del Kosova
prodotto dall'aggressione NATO del 1999. Promesse di adesione all'UE,
alla NATO,investimenti
e donazioni vengono sfruttati per indurre la Serbia
a riconoscere la secessione di una parte del proprio territorio
statale, rinunciando così a tutti i diritti basati sul Diritto
internazionale,
sulla Carta
delle Nazioni Unite,
sulle garanzie del Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite nonché
sulla propria Costituzione.
Tutte queste richieste sono contenute nel cosiddetto "Accordo
sulla via della normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia"
presentato alla Serbia il 27 febbraio 2023 e confermato il 18 marzo
2023 a Ohrid,
in Macedonia settentrionale, sotto forma di un ultimatum fluido. È
interessante notare che questo ultimatum, accompagnato dalle minacce
di misure e restrizioni economiche, finanziarie e di altro tipo in
caso di mancato rispetto, è stato poi confermato dal Consiglio
europeo
il 24 marzo 2023, data in cui esattamente 24 anni fa la NATO iniziò
a bombardare il paese balcanico.
Per
cosa?
Per esempio, in questo modo il Kosovo potrà entrare nella NATO
e persino unirsi alla formazione della Grande
Albania;
decretare la completa occupazione NATO dei Balcani, inglobando Serbia
e Bosnia-Erzegovina,
depotenziando la Repubblica
Serba di BH.
Ecco che così sarebbe allontanata e spazzata via la presenza e
l’influenza russa e cinese nei Balcani; in questo modo sarebbe
anche aggirata la riserva dei cinque Stati membri dell'UE (quattro
della NATO) che finora non hanno riconosciuto la secessione
unilaterale del Kosovo, ristabilendo così anche l'unità all'interno
dell’alleanza.
Il
disegno di USA
e NATO, comprende una rivoluzione
colorata
in Serbia con l'aiuto degli albanesi del Kosovo. In questi anni la
NATO ha addestrato gli ex combattenti terroristi dell’UCK,
trasformandoli
in polizia, corpi speciali e di fatto in forze armate. Stanno
perseguendo una politica volta a preparare gli albanesi del Kosovo
per una guerra per procura contro la Serbia. Come in Ucraina i
neonazisti ucraini hanno la funzione di “carne da cannone” per i
loro obiettivi e interessi geopolitici, qui stanno perseguendo una
politica volta a preparare gli albanesi del Kosovo a una guerra e a
organizzare una rivoluzione colorata in Serbia. Se ciò avvenisse i
Balcani si trasformerebbero
in un piazzaforte per lo scontro finale contro la Russia.
Ma
una opzione
di guerra
e scontro frontale, pur possibile come opzione ultima se imposta
militarmente dalla controparte USA,
sarebbe per il paese balcanico, stremato e immiserito da oltre
vent’anni di sanzioni ed embarghi, una prospettiva disastrosa e
distruttiva. Potrebbe contare su un sostegno concreto e materiale
solo dalla Russia,
come già stato dichiarato e scontato, ma la
Serbia
sarebbe isolata e sola materialmente, in uno scontro con le forze
NATO e i terroristi dell’UCK,
ormai un buon esercito addestrato e formato in questi anni sotto
mentite spoglie o sofismi, circondata completamente da paesi con
governi ostili e già parte della NATO, non potrebbe ricevere nemmeno
un aereo o un solo contingente di aiuto militare. Il Kosovo
non è il Donbass,
che
ha un confine alle spalle amico e militarmente determinante.
Il
Ministro degli Esteri russo Lavrov,
parlando in una conferenza stampa a Nairobi, ha definito il nuovo
aggravamento del conflitto tra Serbia e Kosovo, come una situazione
allarmante
Secondo Lavrov,
i paesi occidentali si stanno sforzando di
"soggiogare chiunque esprima in qualche modo la propria
opinione, è necessaria una soluzione geopolitica che assicuri che
nessun blocco, inclusa la NATO, abbia il diritto di rivendicare il
dominio in questa parte del globo. I serbi difendono i propri diritti
nel nord della provincia autonoma del Kosovo".
Un
altro particolare che non si trova mai nelle analisi di studiosi di
qui, è il dramma delle enclavi del Metohija
dove
vivono migliaia di serbi e rom,
come mi ha detto un ex ufficiale della polizia serba in Kosovo,
questi, in caso di guerra sarebbero come agnelli circondati da lupi,
senza protezione e senza possibilità di ricevere aiuto, come ha
detto anche in televisione sarebbero sgozzati. Questo non è un
pensiero astratto è un dato di fatto.
Tenendo
conto della situazione al momento, la strada più realistica per la
Serbia è riaffermare una politica estera indipendente, neutrale ed
equilibrata, preservando e rafforzando le relazioni con i
tradizionali amici e alleati, rimanendo aperta a relazioni paritarie
e alla cooperazione con tutti i paesi e gli organismi che sostengono
la Serbia come partner paritario.
Per
questo ritengo che decisivi e determinanti saranno il ruolo che
assumeranno la
Cina, la Turchia e
l’Ungheria.
PERCHE’:
la
Cina
per tre motivi basilari, uno
è la progettualità strategica che ha messo in piedi nel mondo e su
cui punta, ed è quella relativa alla “Via
della Seta”.
Con la sua posizione geostrategica nei Balcani
la
Serbia è
interna a questo. Il secondo
motivo è la necessità della difesa dei sempre più rilevanti e
onerosi investimenti
economici fatti nel paese, con altri già in cantiere. Il terzo
motivo è la progettualità ormai dispiegata e in pieno sviluppo di
un blocco di paesi, pur differenti tra loro, interni a una strategia
di costruzione di un mondo
multipolare,
che si contrappone e contrapporrà sempre più frontalmente, ai
trenta paesi (più pochi altri sottomessi) del blocco occidentale ed
atlantista che cercano di difendere l’egemonismo, ormai in crisi
evidente, degli USA.
L'ambasciatore
cinese Chen
ha affermato che la situazione in Kosovo è molto preoccupante: "
La Cina sostiene e sosterrà gli sforzi della Serbia per preservare
l'integrità territoriale e la sovranità e si oppone alle azioni
unilaterali delle istituzioni temporanee a Pristina, alle quali
chiede di adempiere ai propri obblighi…”.
Dichiarazioni che indicano il sostegno aperto alla Serbia.
Poi
c’è la Turchia,
per il ruolo assunto da Erdogan
negli ultimi tempi, di mediatore
di conflitti a tutto campo, non certo per bontà o magnanimità
politica, ma semplicemente perché sa che di USA
e NATO
non si può fidare, e i motivi si sanno.
Proprio
in questi giorni è arrivata in Kosovo come contingente della
KFOR/NATO,
la 65°
Brigata di Fanteria meccanizzata formata
da militari turchi e, inaspettatamente la popolazione serba kosovara
e anche gli esponenti locali serbi, l’hanno accolta con favore,
denunciando che il comportamento finora dei militari polacchi,
statunitensi, inglesi, tedeschi e altri della KFOR, è sempre stato
di ostilità, disprezzo e forme di razzismo verso i serbi. E di
questo ne sono stato testimone oculare nei miei viaggi nelle enclavi.
Anche la presidenza serba di Belgrado
ha
sottolineato che la Turchia
è un partner estremamente importante per la Serbia, non solo a
livello bilaterale, ma anche sulla scena politica internazionale.
Per le sue mire da “sultano”
moderno e guida
delle comunità musulmane sunnite, quale vorrebbe essere, per la
Serbia,
come si porrà (finora lì ha avuto una politica costruttiva), ha una
enorme importanza, molti si dimenticano che la Serbia ha una bomba ad
orologeria interna al paese, si tratta del Sangiaccato
di Novi Pazar, una
provincia a sud del paese,
abitato
da una stragrande maggioranza di musulmani, essendo stato fino alla
fine dell’Impero
ottomano nel
1913 sotto la Turchia,
e dove la situazione è da decenni incandescente, con tensioni
latenti ma anche visibili, già sfociate nei primi anni del duemila
anche in azioni di terrorismo e richieste di indipendenza.
Qui,
per Belgrado,
come si porrà Erdogan
sarà un altro fattore di equilibrio o ulteriore squilibrio e
conflittualità.
Poi
lUngheria,
perché in questo ultimo anno Orban,
che resta quello che è sempre stato, ma è una contraddizione
interna costante per NATO,
UE e USA,
persegue un suo coeso percorso di difesa
dell’indipendenza, della sovranità e degli interessi nazionali
ungheresi in primis, e questo in un mondo unipolare non può andare
bene agli interessi egemonici statunitensi. E’ un problema. Per la
Serbia
potrebbe essere al contrario una risorsa a favore.
MA
C’E’ UN NODO/PROBLEMA TITANICO…
Come sottolineato
dall’ex Ministro esteri jugoslavo e diplomatico Z.
Jovanovic: “…La Serbia e il popolo serbo si trovano di
fronte al tentativo UE/USA di una bufala storica. La soluzione non
sta nell'accettare questa bufala adducendo come scusa il mantenimento
della pace e delle prospettive di progresso e di una vita migliore.
Qualsiasi soluzione che sia intrinsecamente ingiusta e imposta sotto
minaccia e frode e che serva al confronto globale, può essere
tutt'altro che un fattore che contribuisce alla pace, allo sviluppo e
a una vita migliore...L'UE ha mostrato il suo vero volto già nel
2013, costringendo la Serbia a ritirare le istituzioni statali nel
nord della provincia, la polizia e magistratura comprese, con la
promessa di formare la Comunità dei comuni serbi
( ZSO). Sappiamo tutti cosa ne è seguito, e in
particolare l'esito della promessa non mantenuta della NATO di non
consentire il dispiegamento di armi a canna lunga da parte di nessuno
a nord: non solo abbiamo visto armi a canna lunga, ma abbiamo visto
anche campi militari, accaparramento di terra e militarizzazione nel
nord! Dieci anni dopo, UE/USA offrono di nuovo le promesse della CSM,
questa volta incluse dentro un pacchetto, cioè la 'Proposta-Accordo
UE' e che il CSM dovrebbe essere conforme alla Costituzione del
cosiddetto Kosovo”. Ma ci dicono per rassicuraci che ci saranno
garanzie! Di chi?! Di quegli stessi che prima li hanno sottoscritti
ma mai onorati?! Le
promesse di investimenti e donazioni se la Serbia dovesse rinunciare
ai suoi diritti statali su una parte del suo territorio statale, a
scapito della sua dignità e identità, è un esempio di aggressività
esercitata dalla rinnovata mentalità neocoloniale e neorazzista e
dalla totale ipocrisia, che abbiamo creduto erroneamente fosse da
tempo consegnata alla storia.
Il
tempo in cui viviamo ha un significato storico. Richiede che la
Serbia sia ispirata e rafforzata dalle sue più grandi imprese nelle
svolte storiche più estenuanti, per tornare al rispetto di sé e ai
principi generalmente approvati… E per non negoziare le questioni
che limitano la sua sovranità e integrità territoriale nello stesso
pacchetto con i benefici concessi all'estero, soprattutto non per
paura di perdere la misericordia di qualcuno. Qualunque sia il volume
di tali benefici….È
giunto il momento di tenere maggiormente conto e in modo più
responsabile, di tutto ciò che la Serbia e il popolo serbo ha
vissuto e scampato nel corso della storia, e da chi provengono le
promesse, tenendo presente che gli appetiti neocoloniali sono
insaziabili.
Nelle
nostre relazioni con l'UE e l'Occidente in generale dobbiamo
radicare, una volta per tutte, il sentimento di ciò che la Serbia ha
dato all'Europa sacrificando milioni di vite umane contro invasori e
contro il nazifascismo, che nessuno ha ancora riconosciuto e per le
quali nessuno ha ancora chiesto scusa…Non dobbiamo fare affidamento
su promesse e garanzie offerte da coloro che ci hanno sempre
tradito…”.
Il piano degli USA
è rendere i Balcani una piattaforma strategica sicura
nella guerra globale contro Russia e Cina.
Per fare questo occorre un dominio totale della NATO e
degli USA sul popolo serbo e sui Balcani. Questo
è il nodo che continua a comprimere la Serbia e il suo
popolo. Se i loro piani avessero avuto qualche buona intenzione,
si sarebbero sforzati di fare almeno riferimento alle garanzie del
Consiglio di Sicurezza dell'ONU verso la Serbia, date dai loro
predecessori il 10 giugno 1999. Se fossero stati corretti, se
davvero volevano rispettare principi e diritto internazionale, se
avessero perseguito una politica coerente come si aspettano
che facciano gli altri, perché si tengono lontani dall’ONU
e dalle decisioni prese dal Consiglio di Sicurezza? Dopo
vent’anni passati a ‘tendere la corda' fino a spezzarla, i paesi
occidentali hanno decretato che questo cappio è 'l'unica
alternativa' possibile, perché non si spezzi, si legga… non ci
sia un conflitto militare. Quindi, USA, UE, NATO e Pristina
proclamano una normalizzazione attraverso la resa della
Serbia. Voglio ricordare che coloro che hanno visioni del mondo
diverse e sostengono la sovranità e l' integrità territoriale della
Serbia e non vogliono riconoscere questo costrutto illegale come
stato, comprendono quasi i 2/3 del mondo, la cui rilevanza,
proprio in queste settimane, nelle relazioni globali sta aumentando,
anziché diminuire. Tra questi c'è un numero non piccolo di
paesi che, su richiesta della Serbia, hanno ritirato i loro
precedenti riconoscimenti, senza temere pressioni e ricatti, così
come minacce, da parte dell'Occidente, a non farlo.
Anche
se la Serbia si arrendesse all'ultimatum,
i serbi in
Kosovo e Metohija
rimarrebbero schiacciati, emarginati, le loro proprietà occupate
illegalmente e non verrebbero mai più recuperate e i 250.000 serbi
espulsi e gli altri non albanesi, rimarrebbero nell'impossibilità di
tornare alle loro case, le proprietà sociali e statali rimarrebbero
sottratte.
Non c’è un cittadino in Serbia, tranne chi ha il
miraggio dell’occidente come soluzione a tutti i problemi, magari
anche ben retribuito… che può credere in garanzie o promesse
dell'Occidente
Non
è stata Angela
Merkel
che nei mesi scorsi, parlando della crisi ucraina, ha
indicato di non
fidarci delle loro rassicurazioni? Solo se una creduloneria senza
limiti avesse invaso anche la società serba, si potrebbe illudersi
di questo.
Al di
là di giochi di parole, formalismi, presunti impegni, la sostanza è
un evidente ultimatum, perché la sua essenza sta nella richiesta che
la Serbia prima tacitamente, poi formalmente e legalmente, riconosca
l'indipendenza
del cosiddetto Kosovo e accetti la sua adesione
alle Nazioni Unite
e ad altre
organizzazioni internazionali.
Il resto è solo una parte di una cosmetica diplomatica più o meno
convincente e di tattiche formali per "salvare la faccia"
della vittima.
Come
ha detto Z.
Jovanovic:
“…La
storia ci indica che la pace, la stabilità e una vita migliore, non
possono essere preservate cedendo a ultimatum a scapito della
sovranità e dell'integrità territoriale. Ricordiamo che l'accordo
di Monaco del 1938 sulla separazione dei Sudeti dalla Cecoslovacchia,
un ultimatum formulato alle spalle dell’URSS, fu anche
pubblicizzato contemporaneamente dagli allora leader di Germania,
Francia, Italia e Regno Unito come l'unica salvezza per la pace in
Europa . È molto pericoloso e curioso, che i leader odierni di
quegli stessi paesi, non siano consapevoli delle lezioni del
passato…”.
Questo
è il problema/nodo
titanico che sta davanti alla dirigenza politica serba. Tutt’altro
che semplice da sciogliere, per questo ritengo la ricerca di strade
diplomatiche, sia PER ORA, l’unica via praticabile. A meno che
l’intera società serba decida altro, ma dovrà esserci una
coesione quasi granitica. Un enorme e drammatico CHE
FARE
per la Serbia e il suo popolo.
Le
RICHIESTE
dei serbi
A
partire dal
Rispetto coerente
della
Risoluzione
1244
del Consiglio
di sicurezza ONU:
Ritiro
delle forze speciali kosovare dai comuni serbi del nord Kosovo
Annullamento
delle elezioni fasulle e dei sindaci eletti da nessuno
Sicurezza
per i serbi in Kosovo e Metohija e Ricollocazione
di polizia
serba
nelle aree serbe
Creazione
della Comunità
dei Comuni serbi (ZSO),
sotto la Costituzione
della Serbia
Liberazione
di tutti gli arrestati nelle manifestazioni di protesta
Questa
è l'unica prospettiva
in grado di
determinare processi di
pace, sicurezza e cooperazione costruttiva durevoli. Qualsiasi altro
status imposto con la forza, minaccia e/o estorsione, qualunque sia
la forma che assumerà, non potrà essere accettata, né favorire la
distensione, al
contrario porterà a conflitti devastanti anche per l’Europa.
Enrico Vigna