Il
MES, ovvero Meccanismo Europeo di Stabilitá, non é l’ultima
trovata degli strateghi del Quarto Reich per distruggere l’economia
italiana. E per Quarto Reich – ripeto quello che ho detto in
precedenti occasioni – intendo l’Unione Europea.
Non
si tratta di una invenzione recente, dicevo. É un marchingegno che,
allo stato embrionale, é stato dapprima sperimentato in Grecia. Poi
gli é stata data una veste giuridica compiuta, con la costituzione
di una “organizzazione internazionale” (non di un semplice “fondo
finanziario”) che agisse come una autoritá
politico-economico-finaziaria dotata – cito da una fonte neutra
come Wikipedia – «del
potere di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti
al fondo-organizzazione».
In
altre parole, gli Stati che vi aderiscono accettano di obbedire alle
direttive economiche di quell’organismo in termini assoluti, quindi
– come insegnano le prove generali in Grecia – anche quando tali
direttive siano in contrasto con gli interessi dei propri cittadini.
Il
travestimento del MES é quello di una organizzazione quasi benefica,
tanto da venire affettuosamente chiamato “fondo salva Stati”. In
realtá sarebbe piú esatto definirlo “intrappola Stati”. Puó
infatti distribuire generosi prestiti agli Stati-membri che si
trovassero in difficoltá. Ma – é questo il meccanismo della
trappola – solo a condizione che i richiedenti si impegnino a
rispettare condizioni durissime di asuteritá, tali da ridurre
drasticamente il proprio debito pubblico: é quello che si suole
chiamare il massacro sociale.
Ma
questo é solamente un traguardo intermedio. L’obiettivo finale é
quello “greco”: qualora lo Stato-debitore non sia stato
abbastanza carogna e non sia pertanto in grado di restituire nei
tempi previsti anche soltanto una parte delle somme ricevute in
prestito, la direzione della sua politica economica sará di fatto
trasferita al Consiglio d’amministrazione del MES. Il paese
debitore sará cosí commissariato, sará costretto a spremere
all’inverosimile i suoi cittadini, e coi proventi della rapina
fiscale sará obbligato a dare precedenza ai pagamenti verso i
creditori (e in primis verso le banche tedesche) ed a mettere in
secondo piano i suoi cómpiti istituzionali (sicurezza, sanitá,
infrastrutture, eccetera).
É
quello che é giá successo in Grecia. E non soltanto in epoca
recente, con Tsipras. Giá nell’Ottocento, ai tempi del
“riformatore illuminato” Karílaos Trikúpis. L’illuminato si
ridusse a spendere soltanto una piccola parte del bilancio (qualcuno
dice addirittura solo il 6%) per far funzionare lo Stato ellenico,
utilizzando tutto il resto per pagare sorte capitale ed interessi
alle banche inglesi che avevano finanziato il debito pubblico greco.
Alla fine degli “anni di Trikúpis”, per la cronaca, la Grecia fu
costretta a dichiarare ufficialmente fallimento, come una qualunque
ditta individuale.
Ma
torniamo ad oggi. O, meglio, a qualche anno fa, al 2012, quando il
governo dell’eccellentissimo e chiarissimo professore (nonché
senatore a vita) Mario Monti si prese la storica responsabilitá di
far aderire l’Italia al nascente Meccanismo Europeo di Stabilitá.
La qualcosa – sia detto per inciso – ci obbligó
«irrevocabilmente e
incondizionatamente»
a sottoscrivere una quota di 125 miliardi di euro. Una cifra enorme,
piú o meno 5 o 6 manovre finanziarie. Per nostra fortuna, i prestiti
erogati dal MES sono stati fin’ora poca cosa, e quindi ci é stato
chiesto di versare materialmente solo una modesta percentuale di
quanto ci siamo obbligati a tenere a disposizione del fondo
salva-Stati: 14 miliardi di euro. Ma si tratta di una buona notizia
solo fino a un certo punto; perché, a semplice ed insindacabile
richiesta del Consiglio d’amministrazione del MES, siamo obbligati
– sempre «irrevocabilmente
e incondizionatamente»
– a versare la rimanenza (111 miliardi di euro, centesimo piú,
centesimo meno) nel giro di una settimana. Piccolo particolare: i 111
miliardi non li abbiamo.
Naturalmente,
le cose fin qui dette si riferiscono al “primo” MES, quello del
2012. Sono considerazioni che a suo tempo ho giá fatto su queste
stesse pagine («Italia a sovranitá limitata grazie al Meccanismo
Europeo di Stabilitá» su “Social” dell’8 febbraio 2013) e che
mantengono la loro validitá pure oggi, quando si vorrebbe che
l’Italia accettasse anche la nuova versione del “meccanismo”,
nettamente peggiorativa rispetto a quella – giá disastrosa – di
sette anni fa.
Quali
le novitá che il fronte degli eurobbedienti italiani vorrebbero
accettare col sorriso sulle labbra? Fra le molte, vorrei citarne due:
una che interessa la Germania, ed una che minaccia l’Italia. La
prima riguarda la possibilitá che il MES presti soldi ad un fondo
che dovrebbe ammortizzare le crisi bancarie; la qualcosa
comporterebbe anche per noi l’esborso di cifre maggiori. Questa
misura interessa la Germania, perché la Deutsche
Bank (grande banca
d’affari, da non confondere con la “centrale” Bundesbank)
é in seri guai, e se la sua crisi dovesse esplodere potrebbe avere
effetti catastrofici sull’intera economia tedesca.
Quanto
al secondo fattore – e chiedo scusa per un approccio inadeguato
alla complessitá degli argomenti – il suo aspetto centrale é la
suddivisione degli Stati-membri del MES in due sottogruppi: uno,
diciamo cosí di serie A, che comprende gli Stati economicamente
stabili, con un debito pubblico sotto controllo e con tutti gli altri
parametri finanziari in regola; ed uno di serie B, cui appartengono
l’Italia e gli altri Stati con un debito pubblico superiore al 60%
del PIL, oltre che con vari problemi di natura economico-finanziaria
ma anche politico-sociale (le riforme-capestro «che
l’Europa ci chiede»).
Ora,
semplificando al massimo, gli Stati economicamente floridi, che non
avrebbero bisogno di prestiti, potranno riceverli. A meno che uno
Stato ricco e potente come la Germania... E non vado oltre.
Viceversa,
gli Stati che ne avrebbero bisogno non si trovano nelle condizioni di
ottenerli. Molto meglio cosí – secondo la mia modesta opinione –
perché accettare un prestito del salva-Stati potrebbe portarci
dritto alla tomba. Ció nonostante, é inammissibile che un paese in
difficoltá come il nostro venga obbligato a sborsare un mare di
soldi per finanziare i paesi che stanno meglio di noi; e che noi, al
contempo, abbiamo preclusa ogni strada per accedere alle medesime
forme di finanziamento.
Qui,
per il momento, mi fermerei. Naturalmente, le mie non sono
considerazioni di ordine tecnico (non avrei la preparazione
necessaria), ma semplicemente delle valutazioni di carattere
politico. Ancora una volta l’Italia é sotto attacco da parte della
Germania. La cancelliera Merkel lo ha fatto capire chiaramente: non
considera giusto che, a fronte di uno Stato con un debito pubblico
elevatissimo, gli italiani siano nel complesso piú ricchi dei
tedeschi. Vorrei sbagliarmi, ma la Kanzlerin
guarda con cupidigia ai risparmi e alla proprietá immobiliare dei
cittadini italiani. Nella sua mente, i garanti dei 125 miliardi di
euro per cui a suo tempo si impegnó Mario Monti, non sono Giuseppi e
il suo incredibile esecutivo giallo-rosso, ma i cittadini italiani
con le loro case, con i loro conti correnti, con quel poco di
ricchezza reale che sono riusciti a salvare da un fisco famelico e
privo di scrupoli. Potrei sbagliarmi, ma credo che la partita del MES
si giochi proprio sulla loro pelle.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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