Quando nel 2011 la NATO iniziava a bombardare la Libia e in Italia non c'era una opposizione alla guerra, Marinella Correggia scrisse una lettera al Manifesto sul "silenzio assordante" dei pacifisti sui bombardamenti Nato, che tra le altre cose partivano dall'Italia.
Oggi Haftar, secondo i media, sta per attaccare Tripoli,
nel paese c'è una guerra civile oggi dichiarata
e in Italia c'è un " silenzio assordante" sulla guerra civile libica.
Perché invece dovremmo occuparci in Italia del conflitto armato tra Haftar e Serraj?
1) Perché lo finanziamo DIRETTAMENTE , insieme ai paesi NATO e alla Russia, con le imprese petrolifere che continuano ad operare. Oggi la Libia produce 1,2 mb/g di greggio, prima della guerra produceva tra 1.5 mb/g, 1,8 mb/g. Oltre al petrolio, che fa più notizia, c'è anche la produzione di gas, e qui l' ENI ha un ruolo da protagonista assoluto.
I proventi vanno a Serraj, per le zone controllate dal suo governo, ed a Haftar per i giacimenti sotto il governo di Tobruk. Cioè vanno a finanziare entrambi gli eserciti in guerra, eserciti non regolari, ma considerati tali dai principali paesi.
2) Perché tutta la vicenda migranti, al centro del dibattito politico italiano, è basata sulla premessa, di Pd e Lega, della "Libia paese sicuro".
Inoltre tutto questo avviene oggi, 70 anniversario della nascita della NATO, l'alleanza militare che ha causato questo enorme problema, per i libici ma anche per l' Europa tutta.
In questi ultimi mesi i post su temi del genere passano completamente inosservati e senza reazioni. Marinella Correggia è Venezuela dove sta seguendo il golpe strisciante USA-UE e non posso sperare nemmeno in una sua nuova denuncia.
Ma invio di nuovo alcune righe sulla guerra civile libica, perché " il silenzio assordante" su questo conflitto, soprattutto da parte di chi segue abitualmente le vicende internazionali, è INSENSATO, anche se probabilmente, spero di essere smentito, proseguirà.
Ma basterebbe l'impegno di pochissime persone per riaccendere i riflettori sull'INSENSATA guerra NATO del 2011 e sul conflitto attuale.
Marco Palombo
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