lunedì 30 ottobre 2017

Un momento di passaggio (traumatico) nel “prostitute mainstream media” (PMM) o “multinazionale delle false notizie” (MFN).


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C’è qualcosa di nuovo nell'informazione, anzi d’antico

Ci sono dei momenti in cui si sente nell’aria un punto di svolta, un cambiamento di rotta. E’ quanto succede a me adesso mentre cerco di unire i molti puntini fatti di notizie ignorate o minimizzate dal mainstream, che possiamo tranquillamente chiamare “prostitute mainstream media” (PMM) o “multinazionale delle fake news” (MFN).

Eccoli, i puntini:
I grandi supporter della cricca neo-liberal-cons, cioè CNN, New York Times, Washington Post, New Yorker, CNN e compagnia bella, sembra che stiano mollando la loro reginetta, cioè l’erinni sanguinaria Hillary Clinton.
Prendiamo il Washington Post. E’ di proprietà di Jeff Bezos, fondatore e AD di Amazon. Amazon ha in essere un contratto con la CIA di 600 milioni di dollari per mettere in piedi un cloud privato. Oltre che i dollari, la CIA gli fornisce costantemente le notizie per la sua forsennata campagna anti-Trump.

Recentemente però il “prestigioso” quotidiano ha spifferato che il famoso dossier della supposta collusione Trump-Russia è stato pagato sostanzialmente dalla Clinton (https://www.washingtonpost.com/world/national-security/clinton-campaign-dnc-paid-for-research-that-led-to-russia-dossier/2017/10/24/226fabf0-b8e4-11e7-a908-a3470754bbb9_story.html).

Una bella sberla. Una seconda sberla.

Infatti questa notizia segue quella dello scandalo Uranium One, cioè la corruzione da parte russa della Clinton Foundation per potersi impossessare del 20% delle riserve di uranio statunitensi. Questa notizia l’aveva data due anni fa il New York Times (https://www.nytimes.com/2015/04/24/us/cash-flowed-to-clinton-foundation-as-russians-pressed-for-control-of-uranium-company.html). Ma ora è diventata scottante perché sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta ufficiale. E c’è qualche attento analista che prevede che l’erinni suddetta finirà in cella.

Infine abbiamo lo scandalo Weinstein, su cui ha battuto molto il New Yorker e che, come ho già detto in un altro post, tocca molto da vicino quello che ormai negli States chiamano il “vecchio establishment democratico” e in particolare la Clinton.

Una delle interpretazioni più convincenti, come ho già riferito, è che dietro a questa controffensiva di Trump ci sia il suo (ex?) braccio destro Steve Bannon.

La difesa dei clintonoidi consiste nel premere ancora di più l’acceleratore sul Russiagate, la cui credibilità è però stata minata dalla rivelazione del Washington Post. Unasurvey dell’Harvard-Harris Poll ha infatti scoperto che la grande maggioranza degli Americani non ne può più di questa storia (http://harvardharrispoll.com/wp-content/uploads/2017/10/HCAPS-October_Topline-Memo_with-banners_Registered-Voters_Current-Events.pdf).

Uno dei tentativi più patetici, da parte del New York Times, è stato così quello di “accusare” Trump di avere sollecitato che venissero alla luce notizie sullo scandalo Uranium One (https://www.nytimes.com/2017/10/27/us/politics/trump-gag-order-justice-department.html). Come se qualcuno avesse dei dubbi che questa è una guerra per bande. E adesso, per aggiungere casino al casino,  nel Russiagate è stato anche coinvolto il Podesta Group, cioè la società di lobbying e di affari pubblici fondata da John e Tony Podesta e ora in mano a Tony. Mica male, dato che John Podesta è stato il presidente della campagna presidenziale della Clinton.

Anche la credibilità dei clintonoidi rispetto alla difesa del (dei) “gender” ha subito un crollo verticale. In rete iniziano a girare foto molto poco edificanti. Una delle più impressionanti è quella che vede attorno ad un tavolo Hillary Clinton, Harvey Weinstein e Huma Abedin ad una cena per la Planned Parenthood nel maggio di quest’anno. Sappiamo che Weinstein è un predatore sessuale e sappiamo che ha donato dai 100.000 ai 250.000 dollari alla Clinton Foundation e 35.400 dollari direttamente per la campagna presidenziale di Hillary. Della Abedin si sa che è intimamente intrecciata alla Clinton la quale la definisce “la mia seconda figlia”. Su di lei ricadono sospetti seri che vanno dall’essere la punta di diamante della lobby del Golfo a Washington, di essere stata il tramite degli ingenti finanziamenti dell’Arabia Saudita per la campagna presidenziale della Clinton e infine persino di essere un’agente dei Fratelli Musulmani (http://www.corriere.it/extra-per-voi/2016/09/01/con-hillary-segreti-scandali-mistero-huma-abedin-d6e4544c-701e-11e6-acff-0ba0a2f56bad.shtml?refresh_ce-cp e http://thehill.com/blogs/pundits-blog/presidential-campaign/292310-huma-abedins-ties-to-the-muslim-brotherhood). 

In sua difesa sono insorti gli organi della PMM, quella canaglia fascistoide, amicissimo dei nazisti ucraini e dei jihadisti tagliagole, che risponde al nome di John McCain e l’Anti-Defamation League. Come mai anche la League? Perché la signora Abedin all’epoca aveva avuto la sfortuna di essere moglie dell’ebreo liberal-progressista e membro della House of Representatives, Anthony Weiner. La mitizzata unione interconfessionale finì il medesimo giorno del 2017 in cui Anthony fu giudicato colpevole di reati di pedofilia e condannato a 21 mesi di carcere. 

Certo, non è colpa di Huma se il marito era un porco. Però i primi scandali sessuali erano iniziati nel 2011 e ogni anno ne saltavano fuori di nuovi. Tuttavia entrambi continuavano a lavorare assieme per la Clinton e solo alla fine Huma si è decisa a mollarlo. C’è da pensare che lo disprezzasse (io personalmente non ne dubito) ma le faceva politicamente troppo comodo. E quindi valeva la pena turarsi il naso.
Di fronte a queste cose il bunga-bunga di Berlusconi è una cosa da TV dei Ragazzi.

La contro-controffensiva di Trump prevede la minaccia di aprire due cold cases. Saranno cold ma sono molto scottanti. Uno è l’assassinio Kennedy e l’altro è l’assassinio di Seth Rich, cioè della persona che ha consegnato ad Assange le famose 19.252 email del National Democratic Committee.

Insomma, i vecchi padri/madri-padroni/e-padrini/e della cricca neo-liberal-cons incominciano ad accusare colpi pesanti. Gli stessi Democrats stanno prendendo distanze e misure così come lo fanno i Republicans. Sembrerebbe che i Democrats siano alla ricerca di una nuova leadership. Da chi sarà rappresentata? Da un redivivo Sanders? Da Michelle Obama? Io non lo so.

Tutto questo avviene – e secondo me è la ragione, quel tipo di ragione così profonda che mobilità tutti i piani e le ragioni più superficiali, da quelli personali a quelli di gruppo – tutto questo avviene mentre si fa sempre più urgente decidere tra la scelta strategica di iniziare una III Guerra Mondiale o puntare verso una differente strategia, tenuto conto che le armi delle “rivoluzioni colorate” e delle “primavere” sono ormai spuntate (perché ormai troppo sputtanate), che il Dollaro sta perdendo colpi, che i competitors Russia e Cina stanno diventando sempre più potenti. Rimane sempre il terrorismo ma anche quello, si è visto, serve a ricattare, a creare caos, a ritardare l’inevitabile, ma non risolve i problemi dell’Impero.

Ad ogni modo il complesso militare-industriale-securitario è ancora potente e quindi la battaglia è apertissima e gli esiti sono del tutto imprevedibili.

Anche in Oriente i ratti scappano dalla nave che affonda.
L’ex primo ministro del Qatar in un’intervista ha ammesso che i jihadisti in Siria erano coordinati, armati e finanziati da Turchia, Stati Uniti, Qatar e “dai nostri fratelli Sauditi”. Per un “errore” (sic!) questo stimabile gruppetto ha sostenuto anche al-Nusra (cioè al-Qaida in Siria). Ma non l’ISIS, dice lui, anche se ammette che tra al-Nusra e l’ISIS potevano esserci delle connessioni (ma dai?). Infine hanno capito che era brutta gente e hanno smesso (http://www.zerohedge.com/news/2017-10-28/shocking-viral-interview-qatar-confesses-secrets-behind-syrian-war).

Parole vergognose per dire una cosa che già sapevamo: i terroristi in Siria sono agli ordini diretti di potenze straniere.

E’ il motivo per cui le ha dette che è infatti la parte più interessante: per smarcarsi dal pantano, adesso che Damasco e la Russia stanno vincendo. Ha infatti finito dicendo che né il Qatar né l’Arabia Saudita hanno niente da ridire se rimane al potere, perché è un “vecchio amico”. Che ipocrita!

Dal canto suo la Turchia sta cercando anch’essa di smarcarsi. Ho riferito del possibile progetto congiunto di Siria e Turchia per riaprire la strada da Aleppo fino alla frontiera turco-siriana. Per far questo occorre però “mettere in sicurezza” la provincia di Idlib. Così, com’è come non è, nell’ultima settimana in quella provincia sono stati assassinati ben quattro comandanti di Hay’at Tahrir al-Sham (l’ultimo nome di al-Nusra, cioè a-Qaida) e in molti puntano il dito su Ankara. Gli ordini di servizio sono cambiati e chi non capisce i nuovi va eliminato. E’ ciò che succede anche a Deraa: in ottobre sono stati cinque i comandanti del Free Syrian Army (FSA) ad essere assassinati. C’è chi dice dall’Isis. C’è chi dice dall’intelligence di Damasco. C’è chi dice dagli USA per cercare di tenere il FSA sotto il suo controllo.

E’ il caos sistemico, bellezza!

Quelli che continuano imperterriti e coerentemente a essere facce di merda sono i nostri eroi democratici, anticapitalisti, femministi ed ecologisti dell’YPG/SDF (coi loro sotto-ascari sinistrati, anarcoidi e antifà). Adesso puntano sulla città di al-Bukamal (che non ha niente di curdo), in posizione strategica al confine tra Siria e Iraq. Sicuramente glielo devono ai loro sponsor israeliani e sauditi (notoriamente democratici, anticapitalisti, ecologisti e femministi), che vogliono a tutti i costi interrompere la continuità di passaggio Iran-Iraq-Siria. Prendere una lunga fetta di questo confine è anche il modo migliore per impedire la costruzione delle nuove vie della seta cinesi o mettersi in condizione di controllarle parzialmente. E questo fa comodo agli USA. Ad ogni modo, dato che gli ascari curdi degli Stati Uniti hanno paura che ci arrivi prima l’Esercito Arabo Siriano, che sta alla stessa distanza da al-Bukamal (40 km) ma a Sud, i fedifraghi curdi stanno stringendo accordi con l’ISIS per aver sgombro il campo e vincere la gara. La cosa è stata spifferata niente meno che dal famoso Osservatorio Siriano dei Diritti Umani, cioè quella one-man-agency con sede a Londra e connessioni con l’MI6 britannico.

Se, come è probabile, l’ISIS sgombrerà dal fronte con l’YPG/SDF, aumenterà la resistenza contro l’esercito di Damasco (che probabilmente chiederà all’Iraq di poter raggiungere la città dal suo territorio).

Poi, man mano che l’ISIS dovrà lasciare l’Iraq e la Siria, verrà rischierato in parte in Europa, per tenerla sotto scacco col terrorismo (necessità vitale per gli USA, in vista delle sempre più impellenti pulsioni europee verso la Russia e l’Eurasia), e in maggior parte in Asia, a partire dal Myanmar (cioè la Birmania), alla faccia della una volta tanto amata Aung San Suu Kyi , e in Africa.

Scommettiamo?  Piotr

George soros house pictures

1 commento:

  1. Catalogna, si sente puzza di Soros –

    Scrive F.G.: “La frammentazione di Stati unitari e sovrani viene praticato da Usa e UE, sotto guida della nota élite, per amalgamare in masse e strutture disidentizzate e inconsapevoli di se stesse, ogni possibile ostacolo davanti al Nuovo Ordine Mondiale. Le irrilevanti e lobotomizzate sinistre catalane, pari alle nostre, fanno da portatrici d’acqua ai padani di Barcellona, come ai curdi di Iraq e Siria al soldo di USraele. Molto poco democraticamente si ignora che per la separazione della Catalogna dei ricchi ha votato farsescamente e truffaldinamente una minoranza dei catalani. Del milione di nuovo in piazza pro Unione cosa vogliamo fare? Su tutto questo, come sui sostenitori dell’accoglienza senza se e senza ma, mirata a svuotare i paesi da depredare delle proprie generazioni e destabilizzare gli anelli deboli del mondialismo neoliberista in Europa, aleggia la fetida immagine del golpista e speculatore criminale George Soros. E si sa che cosa e chi questa chiavica rappresenti (basta la foto col bacio della Bonino).”

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