mercoledì 20 aprile 2016

L'altra voce sulle "indulgenze" - De Missa pro Defunctis... a peso d'oro



Per quanto riguarda la questione delle cosiddette ‘indulgenze’ occorre fare delle dovute precisazioni con lo scopo di dissipare le troppe definizioni scorrette che ormai si sono stratificate nell’immaginario collettivo sia di coloro i quali si ritengono all’interno del CONTESTO DI FEDE CATTOLICO, sia di quanti, su basi razionaldeterminaliste sempre ne hanno fatto un pretesto a giustificazione della propria altrettanto fideistica ideologia, di stampo marxista o liberalista che fosse. Occorre riaffermare con chiara determinazione che, nel diritto canonico, non esiste nessuna prescrizione che preveda l’efficacia dal punto di vista spirituale di QUALUNQUE DAZIONE DI DENARO. 

L’infamante invenzione delle ‘indulgenze’ immesse sul mercato come TITOLI MONETIZZABILI operata da Leone X di comune accordo con i banchieri Fugger, a finanziamento della costruzione della Basilica di S. Pietro è pertanto da ritenersi OGGETTIVAMENTE come una ABERRAZIONE NELLA PRASSI A TUTTI GLI EFFETTI. Inutile ricordare che ciò costituì il pretesto per lo scatenarsi virulento della Riforma protestante, come conseguenza inevitabile dell’evoluzione-rivoluzione storica in atto già da tempo, sulla quale al momento è inutile soffermarsi. 

Occorre precisare che il diritto canonico, come qualunque altro codice di diritto ha una sua fonte del diritto precisa e determinata, ovvero LE SACRE SCRITTURE, ed in nessun caso può entrare in contrasto con queste come storicamente risultanti per l’evidente motivo che un codice non può né essere in contraddizione con se stesso né prescindere dalle sue proprie fonti. Ne consegue che qualsiasi fattispecie di contesto si pretenda giustificare al di fuori di tale logica, non abbia di fatto alcuna validità sostanziale, per quanto moralisticamente ed autoreferenzialmente tendano a giustificare la propria condotta coloro i quali tali contesti hanno tutto l’interesse di porre in atto. Il potere di remissione delle colpe, da non confondersi con quello della remissione delle relative pene, ha la sua legittimazione che deriva dal passo evangelico di Gv. 20, 23 «Quorum remiseritis peccata, remittuntur eis; et quorum retinueritis, retenta sunt» (a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi); potere conferito agli Apostoli e di conseguenza a tutti i vescovi e sacerdoti come successori di questi. Facoltà da non confondersi con quella attribuita direttamente al primo Pontefice S. Pietro e quindi ai suoi successori nel passo di Mt. l6, l9 «Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quidcumque ligaveris super terram, erit ligatum et in coelis: et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis» (A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli), riguardante il potere di legittimare e delegittimare i vincoli di natura spirituale, la cui lista di pontefici (o presunti tali) che nella storia ne hanno fatto uso a fini politico-economici è notoriamente ben nota e documentata. Fatte queste doverose precisazioni, andiamo ora ad esporre chiaramente quale sia la applicazione concreta delle prescrizioni di carattere PURAMENTE SPIRITUALE, per coloro i quali, all’interno del CONTESTO DELLA FEDE CATTOLICA, vogliano fare realmente opera di pietà verso le anime dei loro cari defunti che (presumibilmente) si trovano in attesa di espiare le proprie colpe terrene sulla montagna sacra del Purgatorio. 

Per una più facile contestualizzazione visiva dell’argomento, ci rifaremo alle immagini descritte dal DIVINO POETA nella seconda cantica della sua opera con la quale “ha posto mano a cielo e terra”, citando alcuni versi quanto mai esplicativi di quanto descritto in precedenza). «… Vedi oggi mai se tu mi puoi far lieto, revelando a la mia buona Costanza come m'hai visto, e anco esto divieto; ché qui per quei di là molto s'avanza». [Pg. III, l42-145] Nella chiusa finale del canto, il personaggio di Manfredi prega il poeta di sollecitare i suoi parenti in vita a pregare in suffragio della sua anima in modo di abbreviare la sua permanenza in Purgatorio e la durezza della sua pena; non chiede quindi di effettuare NESSUN VERSAMENTO DI DENARO. « ché qui per quei di là molto s'avanza»: il verso riassume in maniera esaustiva la maniera corretta con cui il credente cattolico può usufruire della misericordia divina (quella concettualmente intesa come tale e non quella pretestuosamente sbandierata in funzione di pretesto giustificatorio dei propri scopi politico-economici) al fine di alleviare la sofferenza che i propri cari defunti patiscono nel Purgatorio, la quale, occorre ribadirlo, è di natura totalmente spirituale, ovvero il dolore tutto spirituale per la lontananza da Dio di cui solamente ora dopo la morte la loro anima non più gravata dell’ostacolo materiale delle passioni del corpo è in grado di avere coscienza. 

Per abbreviare ciò, la persona che voglia ottenere il suffragio per un defunto, può tramite la preghiera individuale, ottenerlo per questi e acquisire nel medesimo tempo meriti personali per mezzo di questa buona opera. Può inoltre ottenere suffragio tramite pratiche quali il digiuno (fisico e spirituale), la rinuncia a determinati piaceri e la pratica di tutte le virtù in generale. Può infine avvalersi, e questo è il tema principale a cui si riferisce tutto quanto premesso in precedenza, della celebrazione della S. Messa dedicata specificamente al defunto. 

QUESTA CELEBRAZIONE NON DEVE COMPORTARE ASSOLUTAMENTE DAZIONE DI DENARO ALCUNA. Assistendo alla celebrazione del rituale eucaristico con la dovuta devozione e con il sincero intendimento di dedicarlo alla salute dell’anima del defunto, si otterrà l’effetto che allo stesso tempo anche l’anima stessa sarà partecipe della celebrazione eucaristica traendone così tutti i benefici spirituali ad essa correlati. Per un ulteriore effetto liberatorio dalla pena, il fedele, ricevendo egli stesso, sempre con il medesimo intento e la dovuta devozione, il sacramento dell’Eucaristia, previa precedente ricezione del sacramento della Penitenza (in conformità al passo paolino “chi riceve il corpo del Signore in stato di peccato mangia e beve la propria condanna”); può ottenere il risultato che anche il defunto riceva i benefici privilegi spirituali del sacramento come se partecipasse al rito eucaristico egli stesso. Con quanto descritto si è inteso fare una doverosa chiarezza a scanso di tutti quegli equivoci che si sono venuti a sedimentare più o meno consapevolmente nell’immaginario collettivo (a cui molti sono razional-politicamente attaccati in maniera feroce per motivi ideologico-affettivi) in merito a quale sia realmente la corretta procedura prevista dalla Chiesa stessa in materia di suffragio ai defunti. Naturalmente con ciò non si ha la pretesa di erigersi su nessuna cattedra di teologia dogmatica e/o morale; materie difficili a gestirsi e la cui manipolazione prima e la volgarizzazione poi hanno portato inevitabilmente a tutte le mistificazioni, le strumentalizzazioni e le distorsioni operate lungo la storia fino a quelle tristemente attuali.

G. Bonconte Montefeltro - montefeltro@hotmail.it


Video musicale di accompagnamento alla lettura dell'articolo: https://www.youtube.com/watch?v=zRgt2SFrxD4

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