sabato 5 dicembre 2015

Inquinamento del suono, ecologia del silenzio



Solitamente l’immagine che si ha del rumore è legata alle attività
lavorative, si pensa ad un martellar di lamiere, colpi d’ascia, motori
che sibilano, traffico, ululati di sirene…. Solo a pensarci ci si
sente infastiditi sia nell’olfatto che nell’udito! Ma è soprattutto il
“rumore da divertimento” che è irritante e dannoso anche se viene
considerato fonte di delizia e di esaltazione. Mi riferisco ovviamente
ai decibel delle tiritere strombazzate dalle auto in corsa,
fuoriuscenti dalle porte di localacci ambigui, dalle finestre delle
case con televisioni accesi giorno e notte, dagli stereo dei venditori
ambulanti, dalle cadenze hard rock di discoteche e club privati,
etc.etc.

Quali sono le conseguenze sulla mente e sul corpo umano di queste
cadenze emesse senza sosta? L’elettroencefalogramma evidenzia
rallentamento dei ritmi, alterazioni dell’attività elettrica delle
cellule nervose, riduzione dei riflessi e della memoria, eccitabilità
e mancanza di risposte adeguate alle situazioni contingenti, anche
alcune forme di cefalea possono essere collegate a traumi acustici. Il
sottoporsi a rumori eccessivi porta a disturbi urinari e mestruali,
fertilità e libido ne risentono anch’esse.

Le persone che vivono o lavorano in ambienti rumorosi sono le più
soggette a fenomeni quali l’ipertensione o l’improvvisa elevazione
della pressione sanguigna, a rischio sono soprattutto le persone
soggette a problemi cardiocircolatori. Alcuni test di laboratorio
hanno infatti dimostrato che se sottoposti ad un rumore di 90 decibel
per 10 minuti i malati presentano evidenti alterazioni
nell’elettrocardiogrammma.

Insomma il rumore in eccesso è puro veleno per l’uomo!

Il rumore di fondo al quale siamo esposti non dovrebbe superare i 60
decibel ma è un limiti ampiamente superato sia in Italia che
all’estero. Tutto questo baccano oltre che portare ai disturbi sopra
indicati ha anche altre disagevoli conseguenze: disabitua l’orecchio
all’ascolto. Infatti l’inquinamento acustico ci porta ad ignorare (nel
livello cosciente) quei suoni che il nostro udito non può sopportare,
che è una sorta di sordità o distrazione psicologica. Oggi per
combattere l’inferno del “baccano” si contrappone la semplice
diminuzione (insonorizzazione) delle emissioni ma questo è un
approccio meramente negativo.

Dobbiamo invece far sì che gli studi sull’acustica ambientale abbiano
un valore positivo. Quali sono i suoni che intendiamo privilegiare,
conservare, moltiplicare? Per capire questo discorso dobbiamo imparare
a scegliere il rumore al quale sottoporci. Possiamo cominciare
discriminando fra l’ascolto volontario della nostra melodia preferita
ed il martellamento della musica indiretta. Questa presa di coscienza
non ci potrà certo impedire l’ascolto della musica indiretta, spesso
ammannitaci nelle forme più subdole come quando si va al supermercato
o si ascoltano musiche strane su internet o televisioni (e dir si
voglia), ma ci consentirà comunque di abituarci al distacco ed al
discernimento in modo da non cadere vittime degli incantatori
pubblicitari.

Infatti la sottomissione passiva (ignorante) alla musica indiretta è
fonte di stravolgimento culturale e mutazione dei costumi (esattamente
ciò che vuole la pubblicità..). Se restiamo vittime di questo influsso
la musica, che è l’arte più vicina alla spirito (essendo nata proprio
in funzione del nutrimento spirituale) ed orgoglio della nostra
tradizione millenaria, smette di essere una cosa nata per “illuminare”
la mente umana, allietando il nostro vivere, ma diventa fonte di
confusione ed alienazione dalla vita (cosa tanto gradita a satana).

Oggi nella società in cui tutto è consumo ed appropriazione
materialistica anche la musica è una merce di cui “godere” senza
ritegno sino alla nausea ed alla negazione dell’armonia. “Gli uomini,
cosiddetti civilizzati, sono diventati feroci uditori ma in realtà non
sanno più ascoltare! Usano il suono come una droga stordente
dimenticando così di godere del significato e del valore di quanto
viene ascoltato” (Walter Maioli, etnomusicologo).

Anche le culture aborigene sono minacciate dalla
massificazione musicale in corso, la musica dolce e profonda
dell’oriente, delle Americhe o d’Australia rischia di restare
contaminata irrimediabilmente dall’ondata volgare di suoni elettronici
e decadenti della musicaccia occidentale di taglio consumista. “E’ pur
vero che le diverse civiltà possono crescere attraverso ibridazioni e
contatti, ciò è sempre avvenuto in passato, ma dovrebbero poter
continuare ad evolversi senza subire una colonizzazione assoluta e
perciò inaccettabile” (Roman A. Vlad, musicista). Nell’ascolto non si
tratta perciò di mettere in contrapposizione la musica elaborata,
ricca di significati simbolici, con quella popolare e primitiva…
piuttosto, ai vari livelli, di sottolineare la profonda e radicale
differenza delle finalità fra un prodotto di consumo ed opere in cui
la ricerca estetica continua ad essere portata avanti.

E qui torniamo al problema dell’inquinamento acustico… (e non solo
nelle città, poiché ormai esso impera ovunque) per scoprire che mentre
un pubblico sempre più vasto si sottopone, più o meno volontariamente,
ai prodotti musicali di consumo, s’impone per “l’ascoltatore” di
qualità un eccessivo sforzo discriminatorio e di pazienza per non
restare coinvolto e sconvolto dal rumore della diffusione di massa.

Occorre evitare che la capacità melodica, che fece sognare l’uomo per
millenni e che è ormai una componente emozionale della sua vita
spirituale, cada vittima dei “petrolieri” musicali. La melodia, che ha
il silenzio come base, non deve infatti soccombere ad un’era perversa
e sordida frastornata da ogni rumore. Il rischio inverso, dicevo
sopra, è l’assuefazione inconscia al frastuono e la perdita totale
della capacità di ascolto.

E vorrei ora ricordare ai convalescenti desiderosi di cure melodiose
un qualcosa che possiamo fare per recuperare l’amore per i suoni
naturali. Quando ci rechiamo in campagna, sulla riva di un fiume, in
qualsiasi ambito naturale, abituiamo l’orecchio al vuoto, spegniamo
ogni brusio tecnologico, non parliamo, lasciamo che la natura
trasmetta i suoi messaggi: il ronzio di un’ape sui fiori, il guizzo
d’ala di un passero, un refolo di vento tra le foglie, il fruscio dei
nostri passi sul sentiero… In tal modo sentiremo nascere dentro di noi
una nuova armonia, che parte dal cuore…

Paolo D’Arpini
Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana



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