Il
simbolo nascosto (ma non troppo)
Abbiamo
tutti presente questa veduta. E’ il grande fondale muto, lo
spazio architettonico della presa per il culo,
che ogni santo giorno le telecamere dei tg inquadrano per noi e che
le redazioni dei giornali continuano a fotografare. Lungo questi
muri, sopra il selciato di questa piazza le marionette
in nero denominate “iene” hanno rincorso per anni i nostri
parlamentari, veloci come l’aria a uscire dall’aula, quando non
attesi; e velocissimi a entrarci, quando presi di agguato, per un
qualunque motivo… Un soggetto, dunque, riconoscibile, piazza
Montecitorio. Un luogo degli italiani
(attraverso la Tv) e dei romani
(di là dai cordoni invisibili dei controlli anti-terrorismo). Uno
spazio che deve essere “fruibile” e bello.
Qualche
anno fa in effetti la piazza era un po’ indecente e trascurata,
perciò fu deciso di darle un “new
look” (quello attuale). Fu deciso
che, per il cinquantenario della
Repubblica, e quindi per la festa del 2
giugno 1998, si sarebbe riportata la
piazza alla giusta dignità visiva e televisiva. A quel tempo, si
diede un certo risalto alla cosa. La Camera
decise di sostenere le spese (insieme al Comune),
come “gesto di amicizia”
nei confronti della cittadinanza. Il duo formidabile, composto dal
sindaco Ciccio Rutelli
e dal presidente della Camera Luciano
Violante, annunciarono orgogliosi, e
per tempo, che avrebbero restituito a Roma
il suo “salotto”.
Grazie.
Vediamolo meglio, allora. Anzitutto non è frequentissimo che foto- e
telecamere inquadrino il fulcro vero della piazza, anzi del salotto,
cioè il grande e bell’obelisco che ne delimita il fronte
meridionale. Vediamone uno scorcio, insieme al palazzo che ospita i
nostri deputati.
Si
tratta dell’obelisco cosiddetto
Campense (da Campo Marzio, dove stava
in precedenza). Questo grande blocco di granito rosso, ricoperto di
geroglifici su tutti e quattro i lati, giunse
a Roma ben duemila anni fa, nel 9 d.C.,
direttamente dall’Egitto.
Ma è ancora più vecchio: l’obelisco fu fatto erigere infatti dal
faraone Psametek II (Neferibra),
regnante dal 594 al 589 a.C., e destinato – insieme ad un obelisco
“gemello” – al tempio di Heliopolis,
l’antico centro del culto del Sole nelle fattispecie e persone
divine di
Atum e Ra. L’obelisco di piazza
Montecitorio dunque, è conosciuto come
“obelisco solare”
a causa della sua remota funzione religiosa, ma anche per un altro
motivo. A portarlo a Roma,
insieme ad altri obelischi, fu infatti l’Imperatore
Ottaviano Augusto, che lo impiegò nel
contesto che segue.
Augusto
volle creare un centro visivo e
simbolico nella vasta area destinata alla celebrazione della propria
potenza, al Campo Marzio.
Sullo sfondo dell’Ara Pacis,
monumento alle vittorie dell’Imperatore e alla prosperità
dell’Impero, nonchè sullo sfondo del Mausoleo della sua famiglia,
decise di utilizzare il primo degli obelischi trasportato da
Heliopolis dedicandogli la funzione di “gnomone”
o “meridiana”
del grandioso orologio solare che ideò e fece progettare dal
matematico Facondo Novio all’interno del Campo.
Grazie a questa grandiosa e scenografica collocazione, l’obelisco
di Psametek II
divenne la più famosa delle meridiane solari della storia antica.
L’Horologium Augusti,
cioè il piazzale astronomico vero e proprio, è una delle meraviglie
di Roma
nascoste sotto la sua superficie (ormai completamente edificata da
secoli). Esso era composto da un grande quadrante lastricato, sul
quale correva da nord a sud la linea meridiana, graduata in modo da
misurare il mezzogiorno solare, ed intersecata poi da linee
trasversali rettilineo-curve, e da altre linee, parallele alla
meridiana, che nel complesso dovevano indicare con esattezza il
calendario, l’ora il giorno e il mese; scritte in bronzo, al suolo,
corredavano le informazioni date dall’ombra proiettata dalla grande
meridiana. Guardando l’immagine seguente si può avere un’idea
dell’aracne o reticolato – al suolo – che costituiva nel
complesso l’orologio solare. Il gnomone,
cioè l’obelisco, era orientato – poi – in modo tale che al
tramonto del 23 settembre,
data di nascita dell’Imperatore,
nonchè Equinozio di Autunno,
l’ombra proiettata dalla sua cuspide raggiungesse il
centro dell’Ara Pacis. “Braccio
indicatore” della propria gloria, e della fortuna concessa dallo
zodiaco, Augusto
volle perciò che l’iscrizione alla base dell’obelisco recitasse:
“soli donum dedit”
([Augusto] diede in dono al sole).
La
storia successiva racconta la rovina dell’orologio solare a causa
degli esondamenti del Tevere;
il crollo del monolite durante il
cruento Sacco di Roma del 1084 (in
epoca assai prossima alle Crociate),
la rottura, il successivo interramento. Fino alla riscoperta, al
trasporto, le integrazioni di materiale e al finale innalzamento, ad
opera dei papi “urbanisti”,
a poche decine di metri dall’area dell’antico Campo
Marzio. Il tutto, senza riuscirci al
primo tentativo. Ma tra il 1789 e il 1792 (giusto per sottolineare,
anche qui, l’iportanza delle date) l’Obelisco
di Psemmatico tornò a svettare in
cielo, questa volta di fronte al palazzo berniniano che poi diventerà
sede della Camera dei (Nostri) Deputati.
E’ importante rilevare la circostanza che probabilmente ha dato il
nome a “Montecitorio“.
Deriverebbe infatti da “Mons
Acceptorius“, ossia da collinetta
deputata a riporto di terra e detriti, in funzione di bonifica e
innalzamento della linea delle acque. Una zona di intensi movimenti
di terra, dunque. Troviamo qui una prima analogia con un altro
“Monte”
(del quale parleremo tra poco), che in epoca antica come
contemporanea ha visto (e vede tuttora) opere intense di scavo e di
riporto…
Nel
1998 dunque la piazza Montecitorio,
già corredata del suo obelisco da un paio di secoli (alto circa 22
metri senza basamento, né sfera sommitale, e che con questi
raggiunge l’altezza di più di 33 metri), viene ripulita,
ri-pavimentata, sgombrata di ogni arredo urbano improprio, eccetera.
Ma l’intervento più importante riguarda lo spazio antistante i tre
portoni del Palazzo della Camera.
Qui si ripristina l’originaria rampa di accesso, in forma di tronco
di cono, come previsto dal Bernini. Inoltre, si decide di disegnare
al suolo la Linea Meridiana
che l’Obelisco
moltissimo tempo fa presiedeva in Campo
Marzio. In pratica (anzi, nel simbolo)
nel cinquantenario si intende rinnovare l’antica funzione gnomonica
dell’obelisco. Come si vede nella foto seguente, questa funzione di
misurazione solare sarebbe assicurata dal posizionamento di listelli
(o regoli) collocati sulla pavimentazione della piazza, lungo la
meridiana nord-sud. Qust’ultima, come si evince, “punta” verso
il portone d’ingresso della Camera, da dove passano ogni giorno le
centinaia di nostri solerti deputati.
Come
dicono le entusiaste fonti della Camera, dal giugno 1998 l’Obelisco
Campense (vecchio di quasi 2.600 anni),
“ha ripreso a segnalare l’ora, anche
se nessuno se ne accorge”. Il 1998
(febbraio) è tra l’altro l’anno della famosa “fatwa”
di Bin Laden all’Occidente (o meglio,
“agli ebrei e ai crociati”). Nella quale si invoca la guerra
santa globale per liberare il suolo della moschea di al-Aqsa, a
Gerusalemme
(oltre che il territorio di La Mecca), dalle armate degli infedeli.
Il sito della moschea di al-Aqsa, ricordiamo, non è altro che il
Monte del Tempio,
dove sorgeva il Tempio di Salomone.
L’anno 1998
è inoltre la terza ripetizione del
numero della bestia (666+666+666 =
1998). Dite: che cazzo c’entra ? Nulla, era così per dire.
Adesso
torniamo un attimo agli obelischi di
Heliopolis. Ne giunsero tre
a Roma
(insieme a parecchie altre pietre egizie, di diversa provenienza). I
due portati da Augusto,
all’inizio dell’era Cristiana, sono oggi a
Montecitorio e in Piazza
del Popolo. Il terzo, giunto poco più
tardi, è nientemeno che il celebre
obelisco di Piazza San Pietro. E’
incredibile come quella mastodontica forma nello spazio (circondata
dall’opera del Bernini, come il Campense a Montecitorio), solo per
il fatto che non presenta geroglifici sulle sue facce, possa sembrare
un oggetto recente (tra virgolette). Invece è di un’antichità
scandalosa, e naturalmente era dedicato
al dio Ra. Il Sole.
Il
nome originale del luogo da cui provenivano queste pietre,
nell’antico Egitto, era “lunu“,
e significava “il luogo dei pilastri“.
Poi in greco diventa “la città del
sole” (Heliopolis), in rappresentanza
delle molte divinità del Sole che si sono ivi succedute. Roma
è la città col maggior numero di obelischi al mondo, quindi è il
Nuovo Luogo dei Pilastri,
perlomeno per quell’aspetto. Riguardo al Sole, non lo so, ma
intanto il grandioso orologio solare di Augusto rivive di fronte a
Montecitorio.
Torniamo
indietro anche a Ra
e al suo faraone, Psametek II.
Egli regnò per appena sei anni ma è ricordato, oltre che come
grande condottiero di guerra, anche come un grande “costruttore”.
Molte le opere, specie di carattere sacrale e religioso, che fece
erigere. Tra cui appunto l’obelisco che sorveglia l’accesso “del
popolo italiano” nell’aula dove esso “parlamenta”. Questo
faraone si recò in Palestina,
un giorno. Quella era un’area molto turbolenta, allora. Le tribù
israelitiche erano tributarie del re babilonese, il famoso
Nabuconodosor
(II). C’era un tira e molla
infinito tra le regioni israelitiche e il grande “guardiano”
babilonese. Il faraone egiziano, da parte sua, come suo padre prima
di lui, aveva intenzione di non perdere del tutto una certa influenza
economica su quell’area. Fu così che lanciò una spedizione in
Palestina, per recuperare delle posizioni commerciali. Ma in realtà
giunse come un fulmine a sobillare alcuni israeliti alla rivolta,
contro il dominatore babilonese. Ma ecco che Psametek
muore, e poco dopo gli attriti – così
generati – sui diversi fronti del Giordano, provocano l’evento
catastrofico. Nabuconodosor
scende su Gerusalemme,
la cinge d’assedio, la espugna e distrugge il Tempio.
Si tratta della Prima distruzione del
Tempio. Tutto è avvenuto assai
velocemente, dalla ingerenza del faraone al crollo finale. Molto
velocemente (nell’arco di tre-quattro anni), anche se era
nell’aria.
Facciamo
un notevole salto in avanti, a un epoca di poco posteriore
all’Ottaviano Augusto che abbiamo visto sopra. Adesso c’è
l’Imperatore Tito Flavio Vespasiano,
a Roma. In
Giudea c’è ancora turbolenza e Tito non riesce a riportare le
cose nell’alveo desiderato. Ci manda
suo figlio, un generale, di nome Tito
Flavio Vespasiano, anch’egli. Sì, lo
so, si fa confusione. E’ un po’ come la storia dei due George
Bush, anzi è una storia assai simile, e confusa allo stesso modo, se
uno la dovesse giudicare dopo quasi duemila anni. Il figlio va,
assedia Gerusalemme,
la espugna, distrugge il Tempio.
Quello era il Secondo Tempio.
Tito torna
a casa, nel 71 d.C. e succede al padre come Imperatore.
(L’Impero in quel periodo non era più di tipo dinastico e questa
deroga a Tito e al figlio di Tito ce li fa assomigliare davvero ai
Bush, torno a dire). Naturalmente Tito
Junior, lasciando Gerusalemme,
ha portato dei ricordini a Roma,
tra i quali la Menorah del Tempio.
Oggetto sacro dal valore inestimabile (anche dal punto di vista
materiale), era il candelabro
a sette braccia che veniva acceso
all’interno del Tempio di Gerusalemme.
Descritto in ogni dettaglio nella Torah,
è uno dei simboli più antichi della religione ebraica. Tra le altre
cose, simboleggia il “roveto ardente”
in cui Dio
si manifestò a Mosè
per la prima volta, mentre era a pascolare un gregge sul monte
Oreb.
Un
altro arbusto è legato alla storia della religione, nella stessa
fenomenologia del prodigio. Si tratta del cosiddetto “Albero
della Vergine Maria“, che offrì
rifugio e sollievo alla Sacra Famiglia
durante la Fuga in Egitto. Giuseppe,
Maria e il piccolo Gesù stavano scappando da Erode.
In una delle tante soste, trovarono conforto presso questo albero,
che poi, cominciò a crescere in bellezza. Si dice che questo albero
viva tuttora, in una località nei pressi di Cairo, che si chiama
Al-Matariya.
Si porta addirittura a fondamento di ciò il fatto che il nome
“Al-Matariya”
derivi dal latino “Mater“.
Ma la realtà di questa leggenda è che -proprio- in questo posto,
oggi devastato dai vicini impianti della
Shell, sorgeva molto tempo fa il nucleo
della Città sacra di Heliopolis…
Siamo
rimasti al sacro candelabro della religione ebraica. Con la seconda
distruzione del Tempio, l’oggetto che
aveva una funzione simbolica preminente, e che fu letteralmente
depredato, perse una collocazione liturgica precisa. Nei secoli
successivi, la Menorah
è rimasta un simbolo religioso centrale per l’ebraismo, ma ha
assunto più esattamente una funzione rappresentativa, piuttosto che
liturgica. Come si vede nell’immagine qua sotto, il vero oggetto,
unico e irripetibile, che avrebbe dovuto assolvere a una funzione
propriamente religiosa, fu rubato e portato via (e poi, smarrito,
come sempre capita). Si tratta della “processione”
raffigurata in rilievo sull’Arco di
Tito, a Roma.
Essa
è talmente preziosa, per documentare la realtà della Menorah,
che questo rilievo si è rivelato utile per disegnare lo stemma
stesso dello Stato di Israele, che
possiamo ora vedere:
Vogliamo
fare altri due excursus, prima della conclusione. La prima sul 7
giugno. La piazza
Montecitorio, con la sua nuova Linea
Meridiana, fu difatti inaugurata
soltanto il 7 giugno 1998,
cinque giorni dopo la ricorrenza ufficiale (festa nazionale, nonchè
cinquantenario) in occasione della quale si erano promossi i lavori.
Strano, perchè da noi i lavori, se devono finire tardi, finiscono
cinque anni dopo, non cinque giorni o cinque ore. Ma forse una
ragione c’è.
Come
abbiamo detto, un altro imponente reperto di Heliopolis,
anch’esso portato nella Città Eterna
da Augusto, è il famoso obelisco
di Piazza San Pietro. E’ alla base di
questo obelisco, di solito, che viene composto il Presepe
Vaticano, con la Sacra
Famiglia che si va formando…
Curiosamente è proprio il 7 giugno 1929
che la Città
del Vaticano diventa uno Stato
Sovrano.
E
poi. Se abbiamo parlato più sopra di Palestina
e di Gerusalemme, un motivo c’è…
La Prima Crociata: il 7 giugno del 1099
comincia l’Assedio di Gerusalemme.
Anno 1967, Guerra dei Sei Giorni: il 7
giugno l’esercito israeliano entra a
Gerusalemme.
Ma te pensa. Deve essere una giornata particolare, perchè tra
l’altro è il 7 giugno 1981
che l’Aviazione israeliana bombarda e distrugge il famoso reattore
nucleare di Osiraq, in Iraq. Sapete che
quel reattore prendeva il suo nome ufficiale dall’unione di
“Osiris” (il dio egizio della morte) e “Iraq” ? Glielo
diedero i francesi, quel nome (la tecnologia era francese). Mentre
gli iracheni, tanto per cambiare, lo chiamarono invece “Tammuz“,
nome di una delle principali divinità Babilonesi. Sembra un delirio,
comunque sì, il 7 giugno
forse è un giorno particolare. Nella storia del popolo ebraico il 7
giugno (che
nel loro calendario corrisponde al quindicesimo giorno del mese di
Sivan) è ricordato per essere stato
sia il giorno di nascita, sia il giorno
di morte (alla distanza di 119 anni,
non uno di più non uno di meno…) di Judah,
quarto figlio di Jacob,
dal quale discende la Casa di David,
attraverso la più popolosa e importante delle tribù israelitiche,
quella di Judah per l’appunto. Il 7
giugno è anche la data di nascita di
una persona le cui origini biologiche sono avvolte
in una foschia di tipo austriaco-bavarese: Aloys
Schicklgruber, il padre di Adolf
Hitler.
E’
molto interessante poi scoprire che nella medesima data del 7
giugno gli antichi
romani (l’obelisco sta a Roma,
non dimentichiamolo) inauguravano la festività religiosa della
“Vestalia“.
Il 7 giugno
era il primo giorno (Vesta aperitur): si apriva il “penus“,
ossia la parte più interna e segreta del Tempio di Vesta. Il “penus
Vestae” era l’area più sacra del
Tempio, il “sancta sanctorum” dove si conservavano gli oggetti di
più alto valore simbolico e dove solo le Vestali
(non le Veline, che sono un’altra cosa), potevano entrare. Le
analogie sono parecchie, con il Tempio di Gerusalemme.
Un
ultimo excursus riguarda la figura di Mosè.
Essa sembra essere un po’ il collante tra l’Egitto del culto
solare, e la nuova voce di Dio, che riconduce il popolo alla sua
Terra. Non starò ora a esaminare tutta la letteratura, e le
mirabolanti ipotesi di ogni tipo, che sono state formulate sulla
figura di Mosè. Ma Sigmund Freud, per esempio, ha compiuto una
rilettura che ha fatto da apripista. Secondo lui, Mosè potrebbe
essere un vero e proprio anello di collegamento (e fattore causale),
del tutto inaspettato, tra la religione monoteistica di Aton, in
Egitto, e il monoteismo ebraico. Altri studiosi contestano
addirittura la sua reale esistenza, oppure, il significato della sua
figura: non un uomo, ma due, o nessuno. Per chi sostiene invece la
realtà storica del personaggio, c’è però chi lo ritiene un
egiziano, non un ebreo. E – per quanto mi riguarda – è
abbastanza forte quello che riporta lo storico (ebreo) Giuseppe
Flavio, riportandolo dal dotto egizio
di nome Manetone.
Cioè che Mosè
fosse la leggendaria figura di Osarseph,
primo profeta del clero di Osiride e
sacerdote di … Heliopolis.
Da
più parti poi si sostiene che lo stesso nome “Is-ra-el”
rappresenti la fusione di tre istanze divine,
succedutesi nel tempo, e cioè Isis
(Iside), la dea egizia della fertilità, madre di Horus; Ra,
il dio egizio del Sole, e infine El,
uno dei nomi coi quali viene chiamato il dio
biblico Yahweh. Tutto questo per dire
cosa ? Io non lo so come siano andate le cose, tra il Nilo, il
Giordano e l’Eufrate (e il Tevere, il Potomac e l’Hudson River…),
ma certamente ci sono dei canali diretti di trasmissione del simbolo,
dal repertorio egizio a quello ebraico. Per concludersi ai piedi dei
nostri parlamentari.
Osservate,
infatti. Questo è il centro politico di Roma:
Avvicinandoci
meglio… Là in alto c’è la Camera.
In basso la guglia dell’Obelisco
solare, da Heliopolis. La barra
bianca che corre verso il Palazzo, e
che non vedrete mai nelle inquadrature televisive, è la Linea
Meridiana. E quei bracci
curvilinei, che abbracciano la zona
del tri-portale della Camera ? Delineano quel “tronco
di cono previsto originariamente dal Bernini“.
Ok. A livello poi di funzione propria, dovrebbero, anzi certamente
devono riprodurre, in modo simbolico, il “reticolo”
dell’orologio astronomico di cui abbiamo parlato sopra. Se andate a
rivedere la ricostruzione di Campo
Marzio, vedrete che quelle sono le
linee che segnavano i giorni i mesi e le stagioni; linee qui
opportunamente stilizzate.
Ma
io vedo bene anche che sono sette braccia, in tutto, e che quella è
una Menorah.
Se non è voluta, è un caso eccezionale
di groviglio di coincidenze… Io vedo
appunto questo: che c’è l’obelisco
“donato al Sole”, simbolo di Heliopolis, il quale “emana”
come prolungamento l’Oggetto perduto (perduto a Roma, eh, non a San
Pietroburgo o a Mumbai), e la cosa strana è che i nostri deputati
entrano, probabilmente, nel simulacro del Tempio… o in qualcosa del
genere. Anche se il candelabro sembra restarne fuori. Sembra restare
fuori dal nostro Parlamento.
Fonte: calciinculo.splinder.com
Grazie. Da quanto detto ricavo la conferma che alla fine, dopo tutto il bailamme attuale, sarà Roma (quindi l'Italia) a prevalere sulle altre nazioni. Non certo per il bene dei popoli, purtroppo.
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