mercoledì 9 ottobre 2013

Cortina d'Ampezzo e la vicenda di Andrea Franceschi, sindaco fuori dal sistema, esiliato dal proprio paese

Qui sotto  potete leggere l'incredibile storia del Sindaco di Cortina, un civico inviso al potere esiliato senza ancora aver subito un processo. Lista Civica Italiana



Quando Andrea Franceschi, nel 2007, venne eletto sindaco di Cortina, la notizia fece subito il giro d’Italia, non solo per la noto­rietà del luogo, ma perché il can­didato non apparteneva a nessun partito, non proveniva da nessuna esperienza politica precedente, non era radicato in quell’ambien­te, aveva solo 28 anni e aveva fatto tutto da solo, parlando sem­plicemente con i suoi concittadini. Passati i clamori mediatici del­la prima ora, la sua lista civica “Progetto per Cortina” è comun­que rimasta un esempio virtuoso e di riferimento per il movimento civico italiano e probabilmente anche per gli abitanti di Cortina, se cinque anni dopo Franceschi è stato rieletto con il 54% dei voti al primo turno. E nonostante fosse già stato coinvolto in una vicenda grottesca.

Andrea Franceschi, vuole raccontarci sinteticamente cosa è successo?
Appena insediato, mi sono do­vuto confrontare con una si­tuazione abbastanza frequente negli Enti pubblici: chi coman­dava non erano i rappresentan­ti degli elettori, ma i burocra­ti. Da lì ho iniziato una vera e propria lotta che ha portato ad eliminare le figure dirigenziali e risparmiare 600mila euro di super-stipendi in cinque anni. Ovviamente, questo ha anche creato una certa fronda con­tro questa amministrazione di giovani che voleva cambiare le cose. Sono fioccate animosità e denunce. L’ultima, nata da una ex responsabile di servizio non riconfermata, ha portato all’en­nesima indagine e a tre capi d’accusa: turbativa d’asta, vio­lenza privata, abuso d’ufficio. Nel merito, si tratta di un ban­do di gara per il monitoraggio della raccolta dei rifiuti. Io ho chiesto, via mail, alla funzio­naria di ridurre le spese per il comunee, successivamente, di cambiare un parametro per per­mettere anche ad altri soggetti, fuori Cortina, di partecipare. La funzionaria ha fatto di testa sua, riducendo solo parzialmente la cifra del bando e non modifi­cando i requisiti di partecipa­zione, ma la Procura ha inter­pretato il mio intervento come illegittimo. Stesso discorso per un sms mandato al comandate dei vigili, dove chiedevo di la­sciare in magazzino l’autovelox e concentrarsi sulla caccia agli abusi edilizi. Due interventi che rivendico: ho agito senza inte­resse personale facendo il mio lavoro di Sindaco. Per questo il processo che - mi auguro presto - verrà celebrato è importante: alla fine si stabilirà se i Sindaci possono davvero amministrare o sono lì solo a scaldare la pol­trona.

Successivamente si è arriva­ti ad un provvedimento giu­diziario senza precedenti, l’ “esilio forzato” del primo cittadino dalla propria città. Come è stato possibile?
Quello che sta succedendo a Cortina è gravissimo, oltre che molto strano. Di fatto, dopo aver chiuso le indagini e prima ancora che il Giudice per l’u­dienza preliminare abbia deciso se rinviarmi a giudizio o meno, è successo che mi hanno mes­so agli arresti domiciliari per 21 giorni e, successivamente, mandato in esilio da Cortina per quasi quattro mesi. E que­sto senza che ci fosse un proces­so e con la stessa Procura che ammette che non ho agito per tornaconto personale o per ave­re vantaggi diretti o indiretti di nessun tipo. Da quando poi il Comune di Cortina ha deciso di affidare alla Provincia la stesura di tutti i bandi, è venuta anche a cadere l’unica giustificazione dell’esilio: la possibilità di reite­rare il presunto reato. Eppure, ciononostante, un sindaco elet­to e incensurato, senza neppure aver iniziato il dibattimento, è stato strappato dal suo paese e dalla carica alla quale i suoi cit­tadini lo avevano indicato. Per­ché? È quello che ho chiesto al Presidente Giorgio Napolitano: di guardare verso Cortina, per­ché qui sta succedendo qualco­sa senza precedenti.

Da più parti, come nelle sue stesse dichiarazioni, questo accanimento è stato messo in relazione al “blitz di Capo­danno”, ovvero l’operazione - più mediatica che sostanziale - scatenata dal governo Monti nel 2011 attraverso l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza. Pensa ancora che sia nato tutto da lì?
Io penso di essere un Sindaco giovane e, come tutti i giovani di questo Paese, non ne posso più di quella forma di ipocrisia istituzionale che serve solo a coprire le magagne dello Stato. Se c’è qualcosa che non va, lo dico e agisco. Quando è arriva­ta l’Agenzia delle Entrate a Cor­tina e ho visto che stavano di­pingendo un quadro fuorviante, ho chiesto una cosa semplicissi­ma: fornite l’esito dei controlli. Io sapevo, e lo sapevano anche Befera & company, che il Blitz era stato un fiasco, dal loro punto di vista. Avevano fatto un’operazione militare e terro­ristica – c’è gente che ancora si ricorda quando gli svuotavano i sacchetti della spesa in macchi­na – per trovare 35 casi sospetti e pochissimi dati anomali. Un risultato, ovvero, addirittura al di sotto della media nazionale. L’Agenzia si comportò malissi­mo, perché fornì l’unico caso che aveva scoperto e lo pre­sentò come la norma, dando di Cortina un’immagine falsa. La verità, però, è che a loro serviva un capro espiatorio, un agnello sacrificale che aiutasse gli ita­liani a farsi tartassare dal Go­verno Monti al grido di “anche i ricchi piangono”. Ma fu un ope­razione folle: dopo, molti clien­ti non tornarono più a Cortina, danneggiando tutti gli esercenti onesti e, con loro, l’erario che perse milioni di tasse sui guada­gni perduti.. Forse sto pagando anche la verità svelata, assieme alla lotta contro le speculazioni e al cemento, contro una mega centralina da oltre cento milio­ni di euro che minaccia di di­struggere il nostro fiume Boite e a tanti altri casi in cui ho segui­to la mia coscienza. In Italia chi dice la verità non gode di molte protezioni e relazioni “cuscinet­to”. Ma ha il sostegno delle per­sone per bene.

Quali sono oggi le sue pro­spettive politiche e i suoi obiettivi?
 La mia prospettiva politica è che siano le persone a scegliere da chi essere rappresentante, e non i poteri forti. Voglio difen­dere questo principio e il ruolo dei Sindaci: l’unico anello tra persone e politica che non si sia spezzato. Non so se chiedere di ridurre la cifra di un bando o chiedere al comandante dei vigili di non tartassare i citta­dini sia un reato penale, questo lo stabilirà il processo, ma di certo ho la coscienza a posto. Per questo sono deciso ad anda­re avanti fino in fondo. Se mi dimettessi tornerei subito libe­ro e – è chiaro – la mia situa­zione giuridica migliorerebbe in un istante, ma non mollerò solo perché mi hanno imposto questa prova. Ho preso un im­pegno con la gente di Cortina e voglio mantenerlo, tornando a fare il sindaco e portando a compimento il processo di rin­novamento in corso. Alla fine del processo scopriremo quale ruolo debbano avere i primi cittadini e sono certo che si di­mostrerà che ho agito per il me­glio. Il motto degli Ampezzani è “Mai Zede”. Vuol dire “mai cedere”. Così farò io.



L'intervista è tratta dall'ultimo numero della rivista BARRICATE:
Andrea Franceschi ha racconta­to nel dettaglio la sua storia nel libro “Un sindaco in esilio”, edito da Marsilio.
Il libro ha già venduto 4000 co­pie, si può ordinare in qualsiasi libreria o online (amazon, ecc.) e si trova anche in formato ebook (itunes store, kobo, ecc.).

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