venerdì 22 settembre 2017

Laicità e spiritualità aldilà di ogni credo e di ogni etichetta



Il significato stesso di "laicità" impedisce l'assunzione di un modello, di un pensiero  definito e specifico.  Ciò vale anche per la cosiddetta Spiritualità Naturale o Laica, che  è sincretica nell'accettazione delle varie forme di pensiero ma non riveste i panni di alcune d'esse, si tiene in sospensione, in uno condizione di trascendenza. 

Ovviamente la laicità per essere genuina deve essere distaccata persino dal concetto stesso di "laicità" ovvero non deve considerare questo atteggiamento di distacco come un prerequisito di verità. 

Ciò è comprensibile se osserviamo i vari aspetti della spiritualità nel dominio dell'esperienza diretta e quindi dell'indescrivibilità del suo processo conoscitivo. In un certo senso la "laicità"  è una forma di osservazione  che  denota assoluta libertà, una libertà che non può essere mai racchiusa in una descrizione. E d'altronde  come potremmo mai descrivere il  significato di "consapevolezza di Sé"? 

Ma dal punto di vista dell'intelletto una certa "immagine" è possibile evocarla, in quanto  il termine  "Spiritualità Laica" rappresenta di per se stesso un concetto, un contenitore, in cui inserire tutte quelle forme "libere" di spiritualità sperimentate dall’uomo: taoismo, zen, non-dualismo... 

Siamo coscienti di muoverci nell'ambito della concettualizzazione dobbiamo perciò far riferimento all’agente primo indicato con l’idea di spiritualità: l'Io.  

Se partiamo dalla comprensione di ciò che viene osservato -esterno od interno- non possiamo far a meno di riscontrare che ogni “percezione” avviene per tramite della mente. La mente non può esser definita fisica, anche se utilizza la struttura psicosomatica come base esperenziale, la natura della mente è sottile, è lo stesso pensiero, ed ogni pensiero ha la sua radice nell’io. Quindi l’unica realtà soggettiva ed oggettiva attraverso la quale possiamo dire di essere presenti è questo io. 

Chiamarlo “spirito” è un modo per distinguerlo dalla tendenza  identificativa con il corpo, ed è un modo per ricordarci che la “coscienza” è la nostra vera natura. Quell’io – o spirito- che è la sola certezza che abbiamo, è l’unica cosa che vale la pena di conoscere e realizzare. Malgrado la capacità proiettiva della mente, capace di dividersi in varie forme, mai può scindersi quell’io radice da noi stessi. L’io è assoluto in ognuno. 

Allora la spiritualità è il perseguire coscientemente la propria natura, il proprio io. Spiritualità laica è il riconoscere questo processo in qualsiasi forma si manifesti. 

C’è equanimità e distacco, non proselitismo sul metodo praticato  (appendice marginale della ricerca). Questa visione laica ha in sé una capacità sincretica ma anche la consapevolezza dell’insignificanza della specificità della forma in cui l’indagine si manifesta. Si comprende che ogni “modo” è solo un’espressione dello stesso processo in fasi diverse. Il percorso cambia con le necessità del momento e con le pulsioni individuali. 

E’ la sincerità, onestà, perseveranza, che importano. Non ci sono pensieri, gesti, riti, dottrine da privilegiare. I flussi passano la sorgente è perenne. Sii ciò che sei, diceva un saggio dell’India, ed uno dell’occidente rispose: Conosci te stesso.  In questo girotondo intorno al sé ogni strada è buona per stare in cerchio. Ma per andare al Centro..? 

Occorre una conferma al nostro esistere? No di certo, perché lo sappiamo senza ombra di dubbio. Perciò questa coscienza-esistenza non può appartenere ad alcun credo, non è massonica, ebrea, cristiana, musulmana, è la vera ed unica “realtà” condivisa da ognuno. A che pro quindi cercare un riscontro - in forma di riflesso- se ci separa nello spirito? Le etichette sono inutili.  E forse lo è anche questa della Spiritualità Laica, se non sottintendesse la futilità di ogni etichetta. 

Paolo D'Arpini

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