martedì 4 aprile 2017

Da San Pietroburgo al Salento - La longa manu di chi sappiamo...


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Bomba nel metrò di S.Pietroburgo. Dopo il Tupolev abbattuto con il Coro dell’Armata Rossa, dopo il Sukhoi 35 sulla Siria, dopo l’aereo di linea da Sharm el Sheik, dopo l’assassinio dell’ambasciatore all’Ankara, mentre i mercenari Nato-Golfo attaccano l’ambasciata a Damasco e mentre il reprobo Putin si incontra con il reietto biuelorusso Lukashenko proprio a S. Pietroburgo. Escalation di avvertimenti a complemento dell’isteria russofobica. Dove non funzionano le quinte colonne in piazza, l’avvertimento si fa col botto. La firma è sempre quella, dalle Torri Gemelle al metrò di S. Pietroburgo. 

Cosa c’entra l’attentato in Russia con l’attentato contro il Salento? Lo dice la parola stessa. Intanto sono entrambi antirussi.

Armi di distrazione di massa
Coloro che, uditone il fischio, scattano e come un sol uomo a intrupparsi dietro al pifferaio hanno il loro da fare a seguirne la marcia per i più impervi e perlopiù grotteschi percorsi dialettici. E finiscono con l’imbrattarsi di ridicolo per i vertici di entusiasmo propagandistico su cui si arrampica il tasso di servilismo che segna il loro concetto di giornalismo. Un Trump, messo alle corde dal golpe strisciante della piovra i cui tentacoli mediatici, spionistici, militari e finanziari determinano la politica estera degli Usa da tempi immemorabili, manda i suoi cavalli di razza, Mattis (Difesa) e Tillerson (Esteri), a minacciare di obliterazione Nordcorea, Iran e Russia, in quanto pericoli mortali per la sopravvivenza dell’umanità. All’istante la stampa italiota, quella che denuncia l’ignominia delle “fake news” nei social media, tira fuori le sue forche-giocattolo e vi impicca quegli abominii dei dirigenti nordcoreani, russi, iraniani. Nequizie inesistenti, inventate, ma che, grazie alla compattezza e sintonia del coro, nella coscienza del volgo assurgono allo stato di “percepite”. Dunque funzionano, è la percezione che conta, non la realtà. E, soprattutto, distolgono la percezione dalle truppe corazzate e dalle batterie di missili con cui Usa e Nato ronzano attorno alle frontiere di questi paesi. Paesi che non si sognano di far male a una mosca, che non hanno mai pensato a piazzare una base o una brigata a 250 miglia da Washington. Per impedire che la loro innocenza mini alla base i profitti che al complesso militar-securitario assicura potere e futuro tocca creare il pericolo “percepito”.

Gli specialisti del “pericolo percepito”
A titolo esemplificativo godetevi i due paginoni di scempiaggini, oculatamente ammortizzate da mille “forse”, “si dice”, “parrebbe”, “molto probabilmente”, con cui una vessillifera del pifferaio, Roberta Zunini del “Fatto Quotidiano”, fa del “dittatore nordcoreano” un concentrato di Mr.Hyde, Barbablù, Rina Fort e la coppia satanica di Marcinelle. In ritardo sulle rettifiche con cui velinari sparaballe più avveduti hanno riconosciuto che lo zio di Kim Yong Un è vivo e vegeto e al suo posto, la Zunini torna a farlo sbranato dai cani del nipote. Il quotidiano di Travaglio, l’eccellenza che si manifesta come Catone il Censore del servile encomio e codardo oltraggio caratterizzante la categoria, nulla ha da dire nemmeno sul fanatismo sion-atlantista del suo Leonardo Coen che insiste a vedere nelle chiassate moscovite di quattro scolaretti di Soros l’innesco della grande rivoluzione contro il dittatore KGB che ammazza, incarcera e tortura i martiri dei valori occidentali. Nel frattempo, chi fa più caso ai bombardamenti genocidi degli Usa su Iraq e Siria, finalizzati a impedire che quei paesi tornino mai più sulla carta geografica?
E non scordiamoci mai del “manifesto”, serpentello a sonagli travestito da pettirosso, modesta ma volenterosa arma ad aria compressa di distrazione di massa. Come non apprezzare i suoi contorcimenti anti-Brexit, anti-razzisti, anti-populisti, pro-Hillary, pro universale accoglienza, per offuscare lo scandalo delle decine di Ong, dotate di poderose navi e di bandiera dei paradisi fiscali che ora si scoprono mandate dalla Open Society di Soros in acque libiche a raccattare profughi. Carne da pomodoro, CIE e spaccio commissionata agli scafisti e di cui inondare la già malferma Europa. Cervello italiano che va, servo della gleba nigeriano che viene. Di questo di più la prossima volta.

Il ministro e chi gli arreda l’ufficio
Fin qui il prologo. Madamina, il catalogo è questo: San Foca, Melendugno, Tap. E Minniti. caporale di giornata dell’intelligence Nato, la stessa di Gladio, dai tempi di D’Alema bombarolo di Belgrado, non poteva non assurgere, in tempi di distrazione/distruzione sociale, a ministro di polizia. Il parlamento gli lastrica la strada allestendo provvedimenti legislativi sulla “legittima difesa” che faranno di ogni cittadino l’auto-poliziotto, l’auto-giudice e l’auto-boia. I soliti media, indiscutibilmente indipendenti, pompano la cronaca nera in modo da fare di un palloncino uno zeppelin (SKY NEWS 24, ore 13, i primi 25 minuti su giovani che si picchiano a morte, negozianti sparati o sparatori, donne affettate e vetriolate). Risultato: panico totale, ogni altra preoccupazione accantonata, cultura del sospetto, disgregazione sociale e di classe, insicurezza “percepita”. Che è del tutto fittizia, ma è quella che serve a Minniti e Co.

I dati reali dicono che, dagli anni ’50 (omicidi annuali 1.400) al 2015 (omicidi 470), tutti i reati che minano la sicurezza sociale sono calati. 7,3% di furti in meno, quelli in abitazione meno 8,3%. Nella classifica per tasso omicidario, che inizia con i paesi a tasso più elevato, siamo al 157° posto. In compenso primeggiamo nella criminalità economica, tributaria e ambientale che, però, è quella meno presente tra i detenuti nelle nostre prigioni. Logica ferrea.

Cronaca nera: più vediamo delinquenti, più chiediamo gendarmi
La presa per il culo a fini di Stato di polizia è colossale. L’insicurezza “percepita”, che è quella su cui si costruisce la società che conviene, è la negazione e il seppellimento dell’insicurezza reale. Che è in calo costante e drastico e che, se la conoscessimo, vivremmo tutti felici e sereni e senza la minaccia del contagio e dell’emulazione. Contagio ed emulazione che i Grand Guignol da cui veniamo circonfusi (dalle serie criminogene come “Gomorra” o House of Cards”, ai videogiochi pedagogici con cui si educa il pupo a bagni di sangue e sfracelli, sistematicamente esaltati dal quintocolonnaro Ercole del “manifesto”), puntano a diffondere. Servono ad allevare generazioni che diano sostanza all’insicurezza percepita. Vengono pensieri preoccupanti: d’accordo che il Minculpolp ci rincoglioniva di bufale e stronzate, ma, vedendo come e perché i media ci sguazzano per diffondere insieme mali esempi, emulazione e paura, che Mussolini abbia avuto ragione a ingabbiare la cronaca nera in trafiletti di ultima pagina?

Insicurezza percepita e criminalità economico-ambientale
L’insicurezza percepita è quella con quale la lucida testa del ministro di polizia, caro al giustiziere della Jugoslavia (e poi dicono che l’UE ha garantito 60 anni di pace all’Euopa. E lo dicono nella ricorrenza dell’euro- squartamento della Serbia-Jugoslavia), ha esordito in Salento. Contro tutto e contro tutti, ma rispettoso sia dell’insicurezza percepita (circolava aria di Black Bloc, esplodevano bombe-carta), sia della sopra citata criminalità economica e ambientale.
Quel gasdotto di 4000 km dovrebbe fottere i russi, sostituendo al loro il gas dell’amico dittatore azero, sconvolgere la più bella costa e il più bel mare del Salento per poi sfregiare la penisola da un capo all’altro pur di portare gas, che a noi non serve, ai clienti delle multinazionali europee. Fa compagnia ad altre proterve e devastanti violazioni della sovranità popolare e dell’integrità di territorio e salute di cui mi sono occupato nei due recenti cortometraggi “Fronte Italia-Partigiani del 2000” e “L’Italia al tempo della peste – Grandi Opere, Grandi Basi, Grandi crimini”: TAP, TAV, MUOS, trivelle, rifiuti, basi ed esercitazioni militari. Quei docufilm illustrano una vera e propria guerra che la criminalità economica e ambientale conduce contro il paese e la sua popolazione.
In Sardegna abbiamo raccontato dell’80% dei pastori uccisi dalla ricadute tossiche delle milionate di esplosioni nei poligoni. In Basilicata l’impennata di cancro per gli sversamenti e le reiniezioni di petrolio e relativi scarti nelle falde e negli invasi e la distruzione di una delle più pregiate agricolture d’Italia (mentre “il manifesto” glorificava a scolari in visita la bellezza dello sviluppo firmato dal suo assiduo inserzionista ENI). A Lampedusa scoprivamo che la retorica dell’accoglienza mascherava la militarizzazione dell’isola. A Niscemi siamo sotto indagine per aver accompagnato manifestanti a combattere il sistema di comunicazioni militari planetarie Usa, MUOS, che favorisce morte in casa da elettromagnetismo e morte in giro per il mondo da bombardamenti. Ad Aviano, Pisa (Camp Derby) abbiamo testimoniato le popolazioni convivere con le bombe atomiche bandite dal nostro referendum e con le operazioni di guerra proibite dalla nostra Costituzione. A Spezia ci siamo ritrovati nel pozzo nero degli impuniti traffici di rifiuti che hanno deturpato il “Golfo dei poeti” e avvelenato i mari e le terre fino alla Somalia. Eccetera, eccetera.

Fossili contro vivi
Perché non ci si illuda che con “Testa lucida dell’intelligence atlantica” ci si sbagli, vista anche la copertura ecologica che gli dà il nuovo presidente Usa, Minniti ha subito impostato l’intervento a Melendugno sull’”insicurezza percepita”. Percepita non dalle migliaia di salentini e soccorritori, perfino dalla Valsusa, esperti di militarizzazione del territorio, non dalle decine di bravissimi sindaci schieratisi contro le ruspe e l’esercito minnitiano schierato in ghingheri anti-sommossa (quello di Melendugno, Potì, l’ho intervistato in “L’Italia al tempo della peste”) e, tanto meno, dagli ulivi secolari (anche millenari, ho conosciuto quello sotto cui avrebbe sostato Augusto di ritorno dalla Grecia), le cui radici sono le radici dei pugliesi, di noi tutti. 

Qui si tratta dell’insicurezza percepita da BP, Snam, Fluxys, Enagas, dal satrapo dell’Azerbaijan e da TAP AG, il consorzio incaricato di realizzare il mostro, davanti alle mani armate di collera di tutto un popolo. Consorzio è parola bruttissima. Fa pensare subito a quelli che, o per mafia, o per tangenti, o per altre malefatte, finiscono sotto processo. Vedi quello del TAV Terzo Valico. Anche qui già si sente un cattivo odore. Odore di riciclaggio e narcotraffico, secondo l’Espresso, che emanerebbe da una ditta che con il TAP ha avuto le mani in pasta.
Mettere a rischio il fondale dell’Adriatico, sconvolgere con tunnel e tubi spiagge immacolate, depredare il territorio sradicandone i figli, sfigurare un mondo, una cultura, una civiltà, incistando nelle sue riserve naturali enormi falansteri per la decompressione e ricompressione, tutto questo per tenere sotto tiro Putin, al pari di quanto fanno i missili ai suoi confini, e vendere energia fossile all’estero. Nel nome della solita insicurezza falsa, quella “percepita”, quella energetica, che ci dovrebbe convincere ad allagarci di idrocarburi, ecco un modo per assicurare insicurezza reale a noi e sicurezza reale ai profittatori.

Mai come prima uniti nella lotta
La lotta dei salentini è la nostra lotta. Quelli che ordinano di sradicare alberi e di bastonare chi vi si oppone, di perseguire un ecocidio che, giorno dopo giorno, diventa sociocidio, poi genocidio, infine planeticidio, vanno fermati. Costi quel che costi. In qualunque modo. Hanno lo stesso tasso di criminalità di chi rade al suolo paesi e stermina popoli bombardandoli, scatenandogli contro mercenari subumani, spopolandoli e deportandoli, di chi semina terrorismo per garantire scudi ai propri crimini. TAP AG è un altro nome per NATO. Sempre di veleni fossili si tratta. Morte fossile contro ulivi vivi.


Bravi i Cinque Stelle, alla faccia di chi gli rode, per essere stati con i No Tap dal primo giorno e bravi anche i nuovi arrivati di Sinistra Italiana. Patetico il cerchiobottista Emiliano, governatore e candidato alla guida del branco di sciacalli, che si limita a chiedere lo spostamento dello squarcio un po’ più in là, magari dalle parti di Brindisi, città vittima, come Taranto, dell’industrializzazione forsennata ed ecocida. Qui non si tratta di aggiungere carcinoma a carcinoma. Qui si tratta di estirpare le cellule cancerogene, tutte con la stessa eziologia: il capitalismo.

Fulvio Grimaldi 

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